C’è un solo male

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Circa un paio di anni fa (per l’esattezza, il 12 febbraio 1998), Cesare Salvi (allora presidente dei senatori del PDS) firmò, sul Corriere della sera, un articolo in cui citava Rudolf Steiner e, cosa ancor più singolare, faceva esplicito riferimento, in rapporto ai problemi del presente, alle attività “ostacolatrici” di Lucifero e Arimane. La cosa non ha avuto purtroppo alcun seguito e anche noi l’avremmo forse dimenticata se Norberto Bobbio, su La Repubblica (15 marzo 2001), non riferisse, recensendone L’utopia reazionaria (“lineamenti per una storia comparata della filosofia comunista e nazionalsocialista” – Name, Genova 2000), che Paolo Bellinazzi avrebbe inteso dimostrare, con tale lavoro, che il comunismo e il nazismo, avendo una “matrice” comune, sono due ideologie “omogenee” e non, come per lo più si crede, contrapposte. Ciò non è però esatto. Il comunismo e il nazismo hanno infatti un “obiettivo”, e non una “matrice”, comune: quello, ossia, di sconfiggere il mondo dell’individualismo borghese (il mondo dell’habeo, ergo sum) e di sostituirlo con uno nuovo e migliore. Osserva tuttavia Bobbio: “l’analisi del Bellinazzi reca argomenti che non si possono in alcun modo trascurare, e nell’analisi dei due mondi contrapposti va più a fondo di quello che si sia fatto sinora, ma resta la differenza tra un’ideologia perversa non solo nei mezzi ma anche nei fini e una perversa nei mezzi e salvifica nei fini”. Anche questo non è però esatto. Come abbiamo detto, infatti, obiettivo comune del comunismo e del nazismo è quello di superare la borghesia, ma con la differenza che il primo, per raggiungerlo, crede di dover eliminare i capitalisti (ma non solo i capitalisti), mentre il secondo crede di dover eliminare gli ebrei (ma non solo gli ebrei). Uno è dunque il fine “salvifico” e due sono invece i mezzi “perversi”. Ed è appunto questo a rendere interessante la questione. Infatti, mentre chi giudica il comunismo un “bene” e il nazismo un “male”, o il nazismo un “bene” e il comunismo un “male”, può credere che all’origine del “male” ci sia una sola entità, chi giudica – come fa Bellinazzi – il comunismo e il nazismo due “mali”, dovrebbe ipotizzare l’esistenza di due entità, e non di una soltanto. Cosa fa invece Bellinazzi? Non sapendo o non volendo far questo, si sforza di dimostrare che il comunismo e il nazismo sono una stessa cosa, e non due: ovvero, si sforza di unificare i fenomeni, anziché differenziarne le cause. Ma cos’ha a che fare l’intellettualismo scientistico dei comunisti con il naturalismo misticheggiante dei nazisti? E cos’hanno a che fare il materialismo e il burocratismo dei primi con il mitologismo e il vitalismo dei secondi? Dice al riguardo Mosse: “Si può osservare che il socialismo è di gran lunga troppo razionalistico e didascalico per essere suscettibile di simili fantasticazioni (di quelle del nazifascismo – nda) (…) C’è ad esempio un testo famoso, scritto da un discepolo di Lassalle, che, in forma dialogica, vuol dare il nocciolo della teoria del plusvalore. E non è che un caso tra tanti. Invece il fascismo e la destra non soffrivano di alcun handicap di questo genere (non erano cioè ostacolati da intenzioni didascaliche consimili). Potevano permettersi incoerenze, escursioni nella fantasia e nella poesia, purché rispettassero le compatibilità del movimento di massa” (George L.Mosse: Intervista sul nazismo – Mondadori, Milano 1998, pp.126-127).
Se l’entità che ispira il comunismo è dunque materialistica, scientistica e razionale, quella che ispira il nazismo (o il nazifascismo) è viceversa spiritualistica, estetica e irrazionale (scopo di Hitler – ricorda ancora Mosse – fu sempre una “rivoluzione dello spirito” – Ibid., p.139). “Tutti i fascismi – dice sempre Mosse – promettono la fine dell’alienazione” (Ibid., p.95): ovvero, la medesima cosa promessa dal comunismo. Per conseguire tale fine, il nazismo si consegna però, inconsciamente, nelle mani di Lucifero (ossia, di un’anima senza spirito), mentre il comunismo si consegna, non meno inconsciamente, in quelle di Arimane (ossia, di uno spirito senz’anima). Entrambi vorrebbero dunque superare l’alienazione, ma evitano di consegnarsi, coscientemente, nelle mani del Cristo: di quell’unico Essere, vale a dire, che potrebbe davvero, quale Rappresentante dell’umanità, restituire l’uomo a sé stesso.
E’ vano dunque sforzarsi – come fa Bellinazzi – di ricondurre tali fenomeni all’interno del consueto dualismo “bene-male”, poiché, per intenderli davvero, tale diade andrebbe sostituita da una triade. Da quella, ad esempio, che presenta, sul Golgotha, la croce del Cristo appunto in mezzo a quelle dei due ladroni. Si abbia dunque il coraggio di ammettere che due sono i possibili “mali” e che solo la scienza dello spirito può aiutarci a conoscerli, affrontarli e redimerli.

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Di Francesco Giorgi
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