Riporta la stampa che un deputato della Lega ha presentato una proposta di legge per rendere obbligatoria l’esposizione del Crocefisso in tutti gli uffici pubblici. Ciò accade nello stesso momento in cui si discute, a un più alto livello, dell’opportunità o meno di inserire nella carta costituzionale europea un esplicito riferimento al Cristianesimo
Ma quale necessità ci sarebbe d’imporre l’esposizione di tale simbolo o di formalizzare tale riferimento, riducendo così un valore spirituale a valore giuridico, se si fosse certi che lo spirito cristiano informa davvero l’anima degli italiani e degli europei? E non sarà allora che ci si appella all’elemento giuridico (esteriore) proprio perché si avverte, più o meno chiaramente, che la coscienza cristiana ha ormai smarrito ogni vigore (interiore)?
Si rifletta: il Dio-Uno dell’Islam (Allah) è un Dio-volontà; così come un Dio-volontà è il Dio-Uno degli Ebrei (Jhwh); con la differenza che la volontà di quest’ultimo, in virtù della mediazione formale di un intelletto maggiormente autonomo, presenta una più marcata connotazione normativa ed etica (“Il Dio dell’Islam – nota per l’appunto Baget-Bozzo – è diverso dal Dio dell’alleanza (…) E’ un Dio che è solo scrittura, solo comando” – Il Dio perduto – Mondadori, Milano 1999, p.9).
Orbene, il Dio dei cristiani non è “Uno”, ma “Uno e Trino”. Il che significa che è, a un tempo, un Dio-volontà (Padre), un Dio-sentimento (Figlio) e un Dio-pensiero (Spirito Santo).
Alla forza (trascendente) di un “Dio nell’inconscio” (nella volontà) di cui parla, ad esempio, Viktor Frankl (cfr. Dio nell’inconscio – Morcelliana, Brescia 1975), dovrebbe dunque corrispondere, nel Cristanesimo, la forza (immanente) di un “Dio nel conscio”: quella appunto dello Spirito Santo, la cui azione è resa possibile dall’incarnazione e dalla mediazione del Figlio (“Chi accoglie colui che io manderò, – dice infatti il Cristo – accoglie me, e chi accoglie me, riceve colui che mi ha mandato” – Gv 13,20 ).
Dal Vangelo, lo Spirito Santo è indicato infatti come lo Spirito che “insegnerà ogni cosa”, che “guiderà verso tutta la verità” e che “glorificherà” il Figlio.
Per quale ragione, dunque, il Dio dei cristiani non vive, nel conscio (o nel pensiero), con la stessa forza con la quale vivono, nell’inconscio (o nella volontà), il Dio degli ebrei e il Dio dei musulmani? Per la semplice ragione – non esitiamo a rispondere – che non è vivo il pensiero chiamato a pensarlo: che non è “Santo”, ossia, lo Spirito chiamato a rendergli testimonianza e a “glorificarlo”.
L’intelletto, in quanto vincolato all’apparato neuro-sensoriale, è infatti uno “spirito profano”: ovvero, uno spirito che può rendere testimonianza e “glorificare” la realtà sensibile, ma non quella spirituale.
“Ad un aumento della potenza della identità islamica – lamenta Baget Bozzo – corrisponde una perdita pressoché totale della identità cattolica e della identità cristiana innanzi all’Islam” (Di fronte all’Islam – Marietti, Genova 2001, p.110).
Ma come potrebbe essere altrimenti? Se essere “cristiani” significa avere coscienza della realtà spirituale (e cosmica) del Cristo, cosa ci si può aspettare da una coscienza che sa solo della realtà materiale o, tutt’al più, di quella soggettiva o relativa della psiche? Da una coscienza che, in quanto ancorata all’intelletto, altro non sa vedere nel Cristianesimo che una dottrina o una religione come tutte le altre?
Una cosa, infatti, è conquistarsi individualmente una viva, lucida e libera esperienza del divino nel “conscio” (o nel pensiero), altra l’accogliere fideisticamente nel sentimento un sapere o un insegnamento.
Baget Bozzo sostiene, ad esempio, che il Cristianesimo “è una ontologia mistica ed escatologica e non una religione” (Profezia – Mondadori, Milano 2002, p.9); ma si dice anche convinto che “l’essere non può essere definito” (p.24), poiché “l’essere non si pensa, lo si sperimenta come un mistero” (p.25).
Come si vede, non ci si rende ancora conto che l’essere, in tanto non può “essere definito”, in quanto è il definiente, e che il “mistero” di tale definiente è quindi il mistero, non del pensato (vale a dire, dell'”essere morto” o dello “stato”), ma del pensante (vale a dire, dell'”essere vivo”).
Se si persevera – come fa Baget Bozzo – nel lasciare l’essere “fuori” dal pensare e a trattarlo come un pensato (seppure “misterioso” e sperimentabile misticamente: cioè nel sentire), non si persevera dunque nel lasciare lo spirito “fuori” dal conscio e nello smarrire, per ciò stesso, il senso ultimo, non solo della Pentecoste, ma anche del Dio trinitario? Non dice forse il Cristo: “Voi adorate quello che non conoscete; noi adoriamo quello che conosciamo…” (Gv 4,22)?
“Il Dio dei cristiani – si chiede appunto Bruno Forte – è un Dio cristiano?”, e (citando K.Rahner) così prosegue: “E’ innegabile il fatto che molti cristiani, “nonostante la loro esatta professione della Trinità, siano quasi solo dei “monoteisti” nella pratica della loro vita religiosa. Si potrà rischiare l’affermazione che, se si dovesse sopprimere, come falsa, la dottrina della Trinità, pur dopo un tale intervento gran parte della letteratura religiosa potrebbe rimanere quasi inalterata…Si può avere il sospetto che, per il catechismo della mente e del cuore (a differenza del catechismo stampato) la rappresentazione dell’incarnazione da parte del cristiano non dovrebbe punto mutare, qualora non vi fosse la Trinità”” (Trinità come storia – Paoline, Milano 1985, p.13).
Si consideri, peraltro, che quanto detto può aiutare anche a capire il perché si affermi, nel Vangelo, che il peccato e la bestemmia contro lo Spirito non saranno perdonati “né in questo secolo, né in quello futuro” (Mt, 12,31).
Il cammino di Dio verso l’uomo va infatti dal Padre (nel volere), attraverso il Figlio (nel sentire), allo Spirito Santo (nel pensare), mentre quello cosciente dell’uomo verso Dio (in quanto cammino di redenzione) va, all’inverso, dallo Spirito Santo, attraverso il Figlio, al Padre. E’ quindi il peccato contro lo Spirito Santo (il peccato “agnostico” contro lo “Spirito di Verità”) a impedire all’uomo di “accogliere” il Figlio e di “ricevere”, per suo mezzo, il Padre. Se il peccato contro il Padre è rimesso dal Figlio, e quello contro il Figlio è rimesso dallo Spirito Santo, non c’è dunque nessun altro che possa rimettere il peccato contro quest’ultimo.
Sarebbe bene meditare oggi queste cose, poichè il tragico conflitto tra gli israeliani e i palestinesi ha reso quanto mai manifesta, agli occhi dei più, la debolezza europea. Pochi hanno rilevato, tuttavia, che questa, prima ancora che politica, è spirituale. Debolezza spirituale che è debolezza della coscienza cristiana, e debolezza della coscienza cristiana che è anzitutto debolezza della moderna coscienza intellettuale (appunto quella che, nella sua astrattezza o nel suo “non-essere”, sperimenta l’essere “fuori” di sé).
Non è difficile pertanto immaginare che se non si riusciranno a sviluppare altri e superiori livelli di coscienza, il Cristianesimo e l’Europa finiranno prima o poi con lo smarrire del tutto la loro identità.
Identità cristiana e identità europea
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