Pacifisti e guerrafondai

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L’attuale dibattito sulla guerra e la pace ci ha riportato alla memoria che, il 14 novembre dell’anno scorso, il TG1 delle ore 20 riportò la seguente affermazione di Bin Laden: “Io non temo la morte. Io la amo: così come voi amate la vita”, e che, un mese dopo, il Giornale (15 dicembre 2001) riportò invece la seguente affermazione di Gino Strada: “Noi crediamo nell’uomo, che ha valore finché è vivo”.
Come si vede, il primo ama dunque la morte, ma non la vita, mentre il secondo ama la vita, ma non la morte. Dire però – come fa Strada – che l’uomo “ha valore finché è vivo” significa amare solo la vita del corpo o nel corpo, e quindi quella materiale. Il contrario esatto, perciò, di quanto fa Bin Laden che, dicendo di amare la morte, dichiara di amare la vita spirituale, e non quindi quella materiale.
Come si vede, il primo non riesce, da spiritualista o idealista, ad amare la vita così come ama la morte, mentre il secondo non riesce, da materialista, ad amare la morte così come ama la vita. Il che è a dir poco strano perchè è come se, parlando della respirazione, l’uno si dichiarasse amante dell’esalazione, ma non dell’inalazione, e l’altro dell’inalazione, ma non dell’esalazione.
La cosa ci apparirà tuttavia meno strana se torneremo ancora una volta a ricordare le tre croci del Golgotha. Come tutti sanno, quella centrale è la croce di Gesù-Cristo, mentre quella di destra e quella di sinistra sono le croci dei due ladroni. Ma perché vengono detti “ladroni”? Perché rubano. Ma a chi e che cosa rubano? E’ presto detto: rubano entrambi all’uomo; ma mentre l’uno (Lucifero) si appropria della vita spirituale, infondendo la paura di quella materiale, l’altro (Arimane) si appropria della vita materiale, infondendo la paura di quella spirituale.
Sarà bene tuttavia ricordare, onde evitare i rischi di un’eccessiva schematizzazione, che in ogni essere umano sono presenti e operanti entrambi i “ladroni”, ma che, laddove l’uno è attivo nel conscio (nella sfera del pensiero), l’altro è attivo nell’inconscio (nella sfera della volontà), e viceversa. Il che significa, in altri termini, che in ogni spiritualista o idealista si nasconde un materialista, così come in ogni materialista si nasconde uno spiritualista o idealista. Infatti, lo spiritualista o idealista Bin Laden, optando “materialmente” per la guerra, si presenta come un “falco” o un guerrafondaio, mentre il materialista Strada, optando “idealmente” per la pace, si presenta come una “colomba” o un pacifista.
Quel che ci preme evidenziare, tuttavia, è che uno spirito libero non avrebbe alcun bisogno (più o meno inconscio) di dirsi, come fanno i guerrafondai: “Sono un falco, dunque sono”, né, come fanno i pacifisti: “Sono una colomba, dunque sono”, ma si limiterebbe a dire: “Io sono, sarò quindi falco quando sarà necessario essere falchi e sarò colomba quando sarà necessario essere colombe”; ovvero: “Quando il rivestire i panni dell’uno o dell’altra non servirà a me, ma al mondo”.
E’ significativo, del resto, che vengano appunto denominati “falchi” e “colombe”: che vengano assimilati, cioè, a delle specie animali. Quest’ultime sono infatti caratterizzate dalla “unilateralità” o dalla “specializzazione”. I ragni, ad esempio, sanno ordire delle mirabili tele, mentre i castori sanno costruire delle mirabili dighe: nessuno, però, riuscirà mai a far ordire delle tele ai castori o a far costruire delle dighe ai ragni. E ciò dipende dal fatto che l’”ingegno” umano – come dice il poeta – è “multiforme”, mentre quello animale è “uniforme”. In ogni anima umana si possono infatti ritrovare tutte quelle qualità e quelle forze che si presentano altrimenti suddivise tra le varie specie animali. Ed è così perché “ogni uomo – come dice Steiner – è una specie a sé” (1): ovvero, perché ogni uomo è un Io, e non soltanto – come ogni specie animale – un’idea.
A questo proposito, e a conclusione de La filosofia della libertà, Rudolf Steiner così scrive: “ Ogni scienza non sarebbe che soddisfazione di vana curiosità, se non mirasse ad innalzare il valore dell’esistenza della personalità umana. Le scienze acquistano vero valore solo dalla rappresentazione dell’importanza che i loro risultati hanno per l’uomo. Scopo finale dell’individuo non può essere la nobilitazione di una singola proprietà della sua anima, ma lo sviluppo di tutte le attitudini che dormono in lui. Il sapere ha valore soltanto perché fornisce un contributo allo sviluppo generale di tutta la natura umana. Questo libro non concepisce perciò il rapporto fra scienza e vita nel senso che l’uomo debba piegarsi all’idea e consacrare le proprie forze al suo servizio, ma nel senso che egli debba impadronirsi del mondo delle idee per adoperarlo per i propri fini umani, i quali vanno al di là di quelli puramente scientifici. Dobbiamo poterci mettere di fronte all’idea in modo vivente; altrimenti si diventa schiavi di essa” (2).
Ma qual è il soggetto in grado di mettersi “di fronte all’idea in modo vivente”? Non certo l’ego, vale a dire il soggetto “pensato” (rappresentato). Non va dimenticato – fa osservare infatti Steiner – “che soltanto con l’aiuto del pensare noi possiamo designarci come soggetto e contrapporci agli oggetti (…) Il pensare è al di là di soggetto e oggetto (…) Non è che il soggetto pensi per il fatto di essere soggetto; bensì esso appare a se stesso come soggetto perché ha la facoltà di pensare” (3).
Una cosa è dunque l’Io “pensante”, che è “al di là di soggetto e oggetto”, altra l’io “pensato” (rappresentato), che si pensa come un “soggetto” (un ego) solo perché si contrappone a un ”oggetto” (a un non-ego). E’ vero, infatti, che l’Io è uno (e uno soltanto), ma è anche vero che può avere, di sé, gradi di coscienza diversi. E l’Io ha coscienza di sé quale ego soltanto per il fatto che è divenuto autocosciente nel momento stesso in cui gli è stato dato di potersi (modernamente) rispecchiare o riflettere nel corpo fisico (nel cervello): ossia, nello spazio. Si immagini, ad esempio, che qualcuno voglia osservarsi, ma si trovi nella condizione di poter vedere unicamente i propri piedi. Ebbene, costui, pur possedendo anche una testa, un torace, due braccia e due gambe, ma non potendoli vedere, sarà convinto di avere soltanto dei piedi (e di “essere” perciò piedi). “Se io fosse re e non lo sapessi, – recita infatti l’adagio – sarebbe come se non lo fossi”. L’Io, in modo analogo, in tanto è convinto di essere un ego, in quanto, pur essendo uno spirito (un essere), che ha un’anima (una qualità), una vita (un tempo) e un corpo (uno spazio), si riconosce di norma solo in quest’ultimo (nella più bassa, cioè, delle sue modalità esistenziali).
Il soggetto “pensato” o rappresentato (l’ego) presuppone dunque il pensare. “Attraverso il pensare – aggiunge però Steiner – sorgono concetti e idee” (ibid., p.48). Il che vuol dire allora che, come il “pescato” presuppone il “pescare”, e il pescare presuppone il “pescabile”, così il “pensato “ (la rappresentazione) presuppone il “pensare”, e il pensare presuppone il “pensabile” (l’”intelligibile”): ossia, il concetto o l’idea. Un conto sono infatti i concetti o le idee (in sé), altro la coscienza rappresentativa che ordinariamente ne abbiamo. Ma non è tutto. In quanto “essenze” i concetti e le idee presuppongono, a loro volta, l’Io: ovvero – per dirla con Hegel – l’essere di tutte le essenze.
Schematizzando, abbiamo dunque (andando dall’alto in basso): l’Io (l’essere); i concetti o le idee (le essenze); il pensare (quale attività); i pensati (le rappresentazioni). Ebbene, di questa complessa e viva gerarchia la coscienza ordinaria (intellettuale) è in grado di cogliere – come ripetiamo – solo l’ultimo livello. E’ qui, infatti, che l’Io attinge (cartesianamente) sia la coscienza dell’oggetto che quella del soggetto (vale a dire, la coscienza rappresentativa o egoica di sé).
Abbiamo detto tutto questo, in quanto siamo convinti che soltanto in un contesto del genere (per quanto succinto e schematico) sia possibile capire il perché Steiner dica che occorre mettersi “di fronte all’idea in modo vivente; altrimenti si diventa schiavi di essa”.
L’Io può infatti impadronirsi del mondo delle idee (del “regno delle Madri” di Goethe), e adoperarlo – come dice Steiner – “per i propri fini umani”, in quanto è loro sovraordinato, mentre l’ego può diventarne “schiavo” o esserne posseduto, in quanto è loro subordinato. Meglio sarebbe dire, tuttavia, che le idee, non potendo imporsi da sé (in quanto deputate solo a mediare tra la realtà dell’essere e quella del pensare), ove non vengano governate dall’”alto” e consapevolmente dall’Io (dall’essere umano), vengono allora governate dal “basso” e inconsapevolmente da qualche altro essere (che usurpa in tal modo il ruolo dell’Io). “La realtà – ricorda appunto Steiner – consiste dappertutto in entità; e ciò che in essa non è entità, è attività che si esplica nella relazione fra un essere e un altro” (4).
Nella nota Pensare la triarticolazione (11 novembre 2002), abbiamo avuto modo di vedere, ad esempio, come l’idea della deperibilità del denaro possa essere messa al servizio tanto dello spirito di socialità o fraternità che anima la scienza dello spirito, quanto di quello, tutt’altro che sociale o fraterno, che alimenta la brama del consumo e del profitto. In questa sede, abbiamo voluto mettere in evidenza, invece, come l’odierno conflitto tra falchi e colombe scaturisca dal fatto che l’ego può perdersi, “dis-umanarsi” o “animalizzarsi”, tanto rendendosi schiavo dell’idea della pace quanto di quella della guerra.
Saremo degli inguaribili illusi, ma ci ostiniamo a sperare che, all’interno dei due opposti schieramenti, ci sia ancora qualcuno disposto a pensare sul serio, e quindi a riconoscere, superando il fanatismo (luciferico) e il tornaconto (arimanico), che ogni iniziativa che si presenti bella e santa, per rivelarsi poi “banalmente” (Hannah Arendt) velleitaria e narcisistica (se luciferica) o utilitaristica ed egoistica (se arimanica), non è sicuramente promossa dallo spirito umano (dall’Io).
Se l’Io è a fondamento, insomma, della vera pace e della vera guerra (dell’interiore e spirituale “guerra santa”, quale “lotta dell’uomo – come scrive Evola – contro i nemici che egli porta in sé” o contro “la sua natura inferiore”) (5), l’ordinaria psiche (fisiologicamente condizionata) è invece a fondamento di sempre nuovi infingimenti, inganni ed errori.

Note:

01) R.Steiner: Teosofia – Antroposofica, Milano 1957, p.50;
02) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, p.230;
03) ibid., pp.50-51;
04) R.Steiner: Massime antroposofiche – Antroposofica, Milano 1969, p.106;
05) J.Evola: Economicismo – Settimo Sigillo, Roma 2001, pp.65-66.

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Di Francesco Giorgi
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