12/02/2003

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Si può essere “romanisti” senza dover credere nella Roma, o “laziali” senza dover credere nella Lazio? O, più seriamente, “materialisti” senza dover credere nella materia, o “spiritualisti” senza dover credere nello spirito? Eravamo convinti finora di no. Ma evidentemente ci sbagliavamo.
Scrive infatti Giuseppe Cantarano (il Giornale, 11 febbraio 2003): “Si può essere cristiani senza dovere credere in Dio? Può un “non credente” dirsi cristiano? Sembrano domande paradossali. Eppure, seguendo la riflessione del filosofo “neopagano” Salvatore Natoli (Il cristianesimo di un non credente, edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, pagg. 91, euro 6), il cristianesimo può senz’altro essere condiviso anche da chi non crede. Da chi non crede in nessuna Resurrezione. Può essere condiviso da chi non attende il ritorno di nessun Signore”.
L’unica consolazione che ci rimane è che evidentemente si sbagliava anche l’apostolo Paolo nel dire ai Corinti: “Or, se Cristo non è risorto, è vana dunque la nostra predicazione, e vana è pure la vostra fede” (15,14).

Di Lucio Russo
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