22/03/2003

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Nella nota dedicata al libro del fisico inglese Paul Davies: La mente di Dio, abbiamo scritto: “Che l’autore sia tentato di adottare un concetto di “comprensione” quale quello proposto dalla “via mistica” non ci sorprende affatto. Siamo convinti, infatti, che in ogni “meccanicista” si cela un’ombra “mistica”, così come in ogni “mistico” si cela un’ombra “meccanicista”” (Essere e stato, 19 marzo 2003).
Dice al riguardo Goethe: “Se procedere vuoi nell’infinito, / Muoviti in tutti i sensi nel finito” (Avvertenza in Opere – Sansoni, Firenze 1961, vol.V, p.19).
I “mistici” vogliono però procedere nell’infinito senza muoversi in tutti i sensi nel finito, mentre i “meccanicisti” vogliono muoversi in tutti i sensi nel finito senza procedere nell’infinito. Il che vuol dire, in altri termini, che l’olismo spinge i primi verso l’Uno (la sintesi), impedendo loro di fare seriamente i conti con il molteplice (con l’analisi), mentre l’atomismo trattiene i secondi nel molteplice (nell’analisi), impedendo loro di fare seriamente i conti con l’Uno (con la sintesi). Gli uni – per dirla ancora con Goethe – sanno dunque unire, ma non dividere, mentre gli altri sanno dividere, ma non unire.
Ed ecco, a riprova di ciò, che all’interesse dell’uomo di scienza Paul Davies per una “via mistica”, quale quella proposta da Fritjof Capra nel suo celebre Il Tao della fisica (cfr.: La mente di Dio – Mondadori, Milano 1996, p.88), fa per l’appunto da pendant l’interesse dell’uomo di chiesa Gianni Baget-Bozzo per una “via meccanicistica”, quale quella proposta dalla fisica dei quanti.
Nella breve recensione di uno studio di Antonino Stagnitta, significativamente intitolata: Anche i quanti hanno l’anima, Baget-Bozzo sostiene infatti che l’autore avrebbe capito “la potenza antimaterialistica del principio di indeterminazione e della fisica dei quanti”, che “il principio di indeterminazione dovrebbe aver reso pensabile ai biologi il salto, cioè il principio di discontinuità che è il principio creatore”, e che la teologia dovrebbe pertanto “sottrarsi all’amplesso nichilista della filosofia europea” al fine di “ritrovare il contatto con la realtà quale le scienze fisiche e biologiche oggi le offrono” (Avvenire, 11 Aprile 2002).
C’è però un problema. Dal momento che la forza elettromagnetica – come abbiamo altrove ricordato (Il cervello, la mente e l’anima, 15 gennaio 2002) – “non sarebbe – a detta di Planck – una forza continua, ma discreta (composta cioè di parti separate e distinte: ovvero, di fotoni o “quanti” di forza elettromagnetica); così come “discrete” sarebbero anche quella gravitazionale (composta di gravitoni), quella nucleare debole (composta di bosoni) e quella nucleare forte (composta di pioni)”, se la sente allora Baget-Bozzo di affermare che anche la forza della “divina Provvidenza” non è continua, ma discreta, in quanto composta magari di provvidenzioni?

Di Lucio Russo
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