28/04/2003

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Afferma lo Zen: “La Luna riflessa nello stagno non è la Luna”.
Cosa pensare dunque di chi, per trovare la Luna reale, anziché sollevare lo sguardo e osservare il cielo, si immergesse nello stagno o si desse con metodo e zelo a dragarlo? O di chi, per trovare la causa dell’immagine apparsa nello specchio, si mettesse con non meno rigore ad analizzare quest’ultimo?
Ma proprio così si comportano i neuroscienziati allorquando, per scoprire l’origine della mente o del pensiero riflesso, osservano e studiano il cervello e non il pensiero reale.
Orlando Figes racconta, ad esempio, che subito dopo la morte di Lenin, avvenuta il 21 gennaio del 1924, dal suo cranio venne asportato il cervello e trasferito all’Istituto omonimo, dove “venne studiato da un’equipe di scienziati incaricata di scoprire l’”essenza del suo genio”. Gli scienziati avrebbero dovuto dimostrare che il cervello di Lenin rappresentava uno “stadio superiore dell’evoluzione umana”. Il cervello venne tagliato in 30.000 segmenti, conservato ciascuno tra due vetrini in condizioni controllate attentissimamente, in modo da consentire alle future generazioni di scienziati di studiarlo e di scoprirne i segreti essenziali. In seguito, alla collezione si aggiunsero i cervelli di altri “geni indiscussi”: Kirov, Kalinin, Gor’kij, Majakovskij, Ejzenštein e lo stesso Stalin. Queste menti speciali costituirono l’inizio dell’Istituto del cervello, tuttora esistente a Mosca. Nel 1994 l’Istituto ha reso pubblico il referto autoptico definitivo su Lenin: un cervello perfettamente nella media” (O.Figes: La tragedia di un popolo – Corbaccio, Milano 1997, p.966).

Di Lucio Russo
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