La logica hegeliana e le gerarchie spirituali

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“”Chi oggi fosse hegeliano e volesse portare il pensiero di Hegel nell’umanità in una forma o nell’altra, riuscirebbe ad inaridire il progresso della nostra civiltà. Chi invece, nell’intimo della sua anima, fa proprio il sottile modo di formare i pensieri di Hegel e su quella base compie il passo che Hegel non poté compiere, di penetrare cioè nello spirito, fa ciò che è giusto, fa quel che è nel senso del progresso dell’umanità””

(R.Steiner: Risposte della scienza dello spirito a problemi sociali e pedagogici – Antroposofica, Milano 1974, p.171)


 

La logica hegeliana e le gerarchie spirituali


Scrive Steiner: “”Il 18 agosto del 1787, Goethe scriveva dall’Italia a Knebel: “”Dopo quanto ho veduto di piante e di pesci, presso Napoli e in Sicilia, sarei molto tentato, se fossi più giovane di dieci anni, di fare un viaggio in India, non già per scoprire cose nuove, ma per contemplare a modo mio quelle già scoperte””. In queste parole è indicato il punto di vista dal quale dobbiamo considerare le opere scientifiche di Goethe. Nel caso suo non si tratta mai della scoperta di fatti nuovi, ma dell’adozione d’un nuovo punto di vista“” (1).
“”Nuovo””, ad esempio, rispetto a quello statico e analitico del naturalista svedese Carl von Linné (1707-1778).
Quest’ultimo – spiega infatti Steiner – “”aveva mirato a portare una chiarezza sistematica nella conoscenza delle piante (.) A tale scopo gli esseri viventi dovevano venire esaminati e raggruppati secondo i gradi della loro affinità. Trattandosi essenzialmente di riconoscere ogni singola pianta, per ritrovare facilmente il suo posto nel sistema, bisognava sopra tutto tener conto delle caratteristiche che distinguono le piante tra loro; quindi, per rendere impossibile la confusione tra una pianta e l’altra, si mettevano in evidenza sopra tutto i caratteri distintivi. Ora Linneo e i suoi discepoli consideravano come peculiari vari caratteri esteriori, come la grandezza, il numero e la posizione dei vari organi. Così le piante risultavano bensì disposte in un ordine, ma in un modo che si sarebbe potuto applicare anche a corpi inorganici: secondo caratteri ricavati dall’esperienza esteriore, non dalla natura intima della pianta. Tali caratteri si mostravano in una contiguità esteriore, senza un intimo nesso necessario”” (2).
Gli elementi con cui Linneo compone il suo sistema – precisa Giulio Barsanti – sono “”di cinque dimensioni diverse e individuano altrettante unità sistematiche (la classe, l’ordine, il genere, la specie, la varietà) che erano state definite da tempo (.) Nessun naturalista, tuttavia, aveva utilizzato congiuntamente le cinque unità sistematiche, ed è anche alla loro connessione e articolazione che il sistema linneano deve la sua fortuna. Ebbene, val la pena rilevare che tale fortunata articolazione era stata suggerita a Linneo da considerazioni di carattere tradizionale. L’utilizzazione congiunta di classi, ordini, generi, specie e varietà viene motivata dal naturalista svedese con la necessità – tra l’altro – di adeguare la storia naturale allo schema della logica aristotelica, che si compone appunto di cinque termini (cfr. qui Philosophia, af. 155)”” (3).
Perché, dunque, il punto di vista di Goethe è “”nuovo””? Perché, diversamente da quello di Linneo, è dinamico e sintetico. Appunto studiando Linneo, egli si rese sempre meglio conto, infatti, “”che è proprio un’unica forma fondamentale – come spiega ancora Steiner – quella che appare nell’infinita molteplicità dei singoli individui vegetali, e tale forma fondamentale stessa gli divenne sempre più perspicua; egli riconobbe inoltre che in tale forma fondamentale risiede la possibilità di infinite variazioni, per cui dall’unità deriva la molteplicità”” (4).
Orbene, come il “”punto di vista”” del naturalista Linneo è in relazione con quello del filosofo Aristotele, così il “”punto di vista”” del filosofo Hegel è in relazione con quello del naturalista Goethe; tanto che potremmo dire: Goethe sta a Linneo come Hegel sta ad Aristotele.
Lo stesso punto di vista che ha concesso a Goethe di riconoscere nella “”forma fondamentale”” (Urpflanze) il principio da cui derivano le varie e molteplici specie vegetali, e di dare così alla luce La metamorfosi delle piante (1790), ha concesso infatti a Hegel (quasi trent’anni dopo) di riconoscere nel “”puro Essere”” (das reine Sein) il principio da cui discendono le varie e molteplici categorie, e di dare così alla luce la Scienza della logica (1812-1816).
In questa, egli osserva il mondo del pensiero in una prospettiva che definisce dialettica o, per essere più esatti, speculativa, ma che potremmo anche denominare vivente o logodinamica, in quanto compenetrata di movimento.
“”Mentre la logica formale – osserva appunto Friedrich Adolf Trendelemburg – ricerca la sua validità nella netta separazione delle forme dal contenuto, il metodo dialettico afferma invece un automovimento del pensiero puro che sarebbe contemporaneamente l’autogenerazione dell’essere”” (5).
La logica speculativa (quale “”scienza del pensiero che pensa se stesso””) (6) è quindi “”nuova”” e ben diversa da quella statica, analitica e formale di Aristotele.
“”La logica attuale – osserva in proposito Kant – deriva dall’Analitica di Aristotele. Questo filosofo può venir considerato il padre della logica (.) Peraltro dai tempi di Aristotele, la logica non ha acquistato granché quanto al contenuto, il che d’altronde le è impedito dalla sua stessa natura. Ma essa può ben acquistare in precisione, determinatezza e distinzione (.) Aristotele non aveva trascurato alcun momento dell’intelletto; in questo noi siamo solo più precisi, più metodici e più ordinati”” (7).
Avendo fatto sua, in modo appunto più preciso, più metodico e più ordinato (ma soggettivistico), l’impostazione della logica aristotelica, Kant classifica infatti i concetti superiori (genere) e inferiori (specie) in funzione di un criterio che tiene conto del loro estrinseco e reciproco rapporto nella “”subordinazione logica””, e non della loro “”immanente natura”” e del loro “”intimo e necessario nesso”” (8).
Adottando il metodo dialettico o speculativo, Hegel fa invece sgorgare le categorie dalla sorgente del puro Essere, portandosi così al di là del punto di vista “”meccanicistico”” (riguardo a Linneo, ricorda infatti Barsanti: “”In luogo di evocare anime vegetali e animali o di ricorrere a principi vitali, il Systema naturae definisce il vivente come “”una macchina complessa”” formata da organi che sono altrettante “”macchine fisiche”” semplici””) (9).
Ma come sgorgano, dal puro Essere, le categorie?
Avendo già trattato di questo in altra sede (10), basterà qui ricordare che Hegel, sulla base dello spinoziano omnis determinatio est negatio (11), si mostra convinto che sia la negazione (il puro Nulla), in quanto si oppone dialetticamente all’affermazione (al puro Essere), a generare sinteticamente, quale “”resultato”” o “”terzo”” (12), il divenire: vale a dire, il movimento o il processo della cosiddetta “”deduzione”” delle categorie.
“”E’ importante sottolineare – osserva appunto Angelica Nuzzo – il carattere dinamico – la processualità – che emerge dalla posizione della differenza o negazione. L’immediato che facendosi differente, consegue la sua mediazione, viene messo in movimento”” (13).
L’immediato (il puro Essere) si metterebbe dunque “”in movimento”” per il fatto di essersi reso prima differente o negato (di essersi reso prima puro Nulla): ma come potrebbe l’immediato, prima ancora di muoversi, farsi differente o negarsi se, proprio per farsi differente o negarsi, dovrebbe già muoversi?
Tale difficoltà è estranea alla scienza dello spirito per la quale, essendo il divenire (l’essere in atto) nell’essere (il divenire in potenza), è appunto il divenire dell’essere (la sua libera volontà creatrice) a generare tanto l’oggettivo processo creativo della determinazione dell’essere quanto il soggettivo processo conoscitivo della coscienza dell’essere.
Scrive Steiner: “”Io ho preso come punto di partenza il pensare, e non i concetti e le idee, che soltanto mediante il pensare possono essere conquistati, e quindi presuppongono già il pensare. Perciò non si può applicare senz’altro ai concetti quello che ho detto riguardo alla natura del pensare, il quale non poggia che su se stesso, non è determinato da nulla (faccio espressamente questa osservazione perché in ciò consiste la mia differenza da Hegel: egli pone infatti il concetto come primo e originario)”” (14).
Perché il pensare? Perché il pensare (quale verbo) è un’attività: attività che, nel suo oggettivo movimento creativo (che va, per così dire, dall’alto verso il basso), permette al Soggetto cosmico (all’Entità divino-spirituale di Steiner) di porre le determinazioni (le categorie o gerarchie), mentre, nel suo soggettivo movimento conoscitivo (che va, per così dire, dal basso verso l’alto), consente al soggetto umano di risalire prima dal pensato (fisico) al pensare (eterico), poi dal pensare alla coscienza pensante (astrale), e infine dalla coscienza pensante all’Io spirituale (vale a dire, a se stesso), e di raggiungere in tal modo una piena autocoscienza (15).
Nella “”parte seconda”” dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche, dedicata alla “”Filosofia della natura””, Hegel sostiene che il movimento è “”il trapassare e riprodursi dello spazio nel tempo e del tempo nello spazio”” (16).
Tale movimento, tuttavia, non è che che la manifestazione inferiore (esistenziale o appunto spazio-temporale) di quel superiore divenire che consente al puro Essere di “”trapassare”” nell’essere determinato e nell’essenza, e alla sfera oggettiva (extraumana) di “”trapassare”” in quella soggettiva (umana) nella quale si dà come pensare.
Nella sfera dell’esistenza (cioè a dire, al di qua della soglia), lo spazio si rivela dunque una sorta di contro-immagine dell’essere (l’esser fuori di sé quale contro-immagine dell’essere in sé), mentre il tempo (il venir fuori di sé) si rivela una sorta di contro-immagine del divenire dell’essere.
L’iniziale e tanto discussa difficoltà della Scienza della logica deriva dunque dal fatto che Hegel non ha posto, alla sua origine, un Logos indipendente dalla logica stessa e per ciò stesso dalla dialettica degli opposti. Per poter sviluppare la sua “”logica dell’essere””, egli ha infatti inserito il puro Essere all’interno del circolo logico; il suo Essere “”puro”” si è venuto così di fatto a ridurre a essere “”logico””: ovvero, a un essere che, proprio perché “”logico””, ha bisogno, per mettersi in movimento, di uno stimolo o di un incentivo dialettico quale quello, appunto, del superamento del Nulla (quasi patisse, di fronte a quest’ultimo, una specie di horror vacui).
Fatto si è che, in Steiner, il puro Essere (quale soggettivo Io spirituale) è unità sintetica di pensare, sentire e volere, mentre, in Hegel, in quanto essere “”logico””, incapace di automovimento, e quindi privo di volontà, si mostra legato unilateralmente al pensare.
E’ significativo, da questo punto di vista, che il più accanito e polemico avversario di Hegel sia stato Schopenauer: proprio il più rappresentativo, cioè, dei filosofi della “”Volontà””.
Si potrebbe perfino dire, volendo, che è accaduto a Hegel, con l’idea del Nulla, quanto è capitato a Kant con l’idea del noumeno: come il secondo ha trasformato nella “”cosa in sé”” l’ignota realtà del concetto, così Hegel ha trasformato nel “”Nulla”” l’ignota realtà della volontà.
Il suo puro Essere in tanto è dunque prigioniero della sua logica in quanto non si pone quale Creatore (quale Logos) al di qua e al di sopra della propria creatura (della propria logica), bensì con essa s’identifica, venendone in tal guisa a patire l’intrinseca necessità. Quella che voleva presentarsi come una logica dell’Essere, e quindi della libertà, finisce così col presentarsi come un essere della logica, e quindi della necessità.
Creare il mondo – afferma in proposito Steiner – è “”un’azione spontanea e libera dell’Entità divina. Ne consegue che non la si può dimostrare per la necessità che risulta da una concatenazione di concetti; volendoci arrivare, occorre vederla”” (17).
Che il circolo logico hegeliano, in quanto privo di un soggetto che ne costituisca il centro, non possa che ruotare anonimamente su stesso, è stato rilevato anche da Giovanni Gentile, autore appunto di una “”riforma della dialettica hegeliana”” (18). Questi infatti lamenta – come scrive Ferruccio Pardo – che nella logica di Hegel “”non c’è più il pensiero che opera, non c’è più il soggetto pensante; c’è solo il “”pensato””, su cui, non si sa da chi, viene eseguita l’operazione mentale”” (19).
Al riguardo, Hegel sostiene però che l’Io puro è “”nella sua astratta essenzialità, un che d’ignoto alla coscienza ordinaria, qualcosa ch’essa non trova in sé. Da ciò nasce anzi l’inconveniente dell’illusione che si parli di qualcosa di noto, cioè dell’Io della coscienza di sé empirica, mentre nel fatto si parla di qualcosa che a questa coscienza è affatto estraneo”” (20).
E’ vero: alla coscienza ordinaria è noto l’io empirico (l’ego) e ignoto l’Io puro; dal momento, però, che l’Io che le è ignoto è immanente all’io che le è noto, e non lo trascende, perché non condurre allora la coscienza al di là del suo livello ordinario, portando così gradualmente l’io empirico incontro all’Io puro: ovvero, al suo stesso fondamento spirituale?
Hegel ha ragione nel paventare il rischio che, parlando dell’Io e non dell’Idea, si possa provocare un’involuzione di carattere psicologistico o naturalistico, ma ha al contempo torto nel non paventare l’opposto e non meno temibile rischio: quello di provocare, cioè, un’involuzione di carattere deterministico e trascendente. Appunto deterministica e trascendente sarebbe infatti una concezione cui fosse nota la libertà dell‘idea e della logica, ma non quella dall‘idea e dalla logica (ch’è la libertà del Logos).
Non a caso, Steiner conclude la Filosofia della libertà con queste parole: “”Il sapere ha valore soltanto perché fornisce un contributo allo sviluppo generale di tutta la natura umana. Questo libro non concepisce perciò il rapporto fra scienza e vita nel senso che l’uomo debba piegarsi all’idea e consacrare le proprie forze al suo servizio, ma nel senso che egli debba impadronirsi del mondo delle idee per adoperarlo per i propri fini umani, i quali vanno al di là di quelli puramente scientifici. Dobbiamo poterci mettere di fronte all’idea in modo vivente; altrimenti si diventa schiavi di essa”” (21).
Detto questo, proviamo dunque ad abbozzare, nonostante la modestia dei mezzi di cui disponiamo, un’ulteriore e ben più impegnativa riflessione. E’ nostra convinzione, infatti, che il meditare, alla luce delle conoscenze scientifico-spirituali, le prime categorie della logica hegeliana e i loro reciproci rapporti, costituisca uno dei migliori esercizi per preparare nel modo più sicuro e sano una lucida e viva esperienza della realtà dei mondi superiori o delle gerarchie spirituali.
Se l’idealismo filosofico vorrebbe indurci a cogliere lo spirito nel pensiero, la scienza dello spirito vorrebbe viceversa indurci a cogliere il pensiero nello spirito o, per meglio dire, a educare e sviluppare la capacità di sperimentare lo spirito attraverso il pensiero.
Com’è vero, d’altronde, che il Logos si è fatto carne perché la carne possa un giorno farsi Logos, così è vero che le entità divino-spirituali si sono fatte categorie perché le categorie possano un giorno farsi entità divino-spirituali (o che il pensiero cosmico si è fatto pensiero umano perché il pensiero umano possa un giorno farsi cosmico).
Cominciamo allora col ricordare il modo in cui Steiner caratterizza le gerarchie:
1) “”alla terza gerarchia (Principati, Arcangeli, Angeli) ci si può spiritualmente accostare se si imparano a conoscere pensare sentire e volere in modo da scorgere in essi lo spirituale attivo nell’anima”” (22); se agisse solo questa gerarchia “”non potrebbe verificarsi alcun processo né nell’eterico né nel fisico””; essa si manifesta infatti “”come puro animico-spirituale”” e opera “”in ciò che l’uomo sperimenta in modo animico del tutto intimamente”” (23); “”spirituale in raffigurazione di natura animica deve essere il contenuto dei pensieri sulla terza gerarchia”” (24);
2) “”alla seconda gerarchia (Dominazioni, Virtù, Potestà) ci si può spiritualmente accostare se si riguardano i fatti naturali come manifestazioni di uno spirituale vivente in essi. La seconda gerarchia ha allora la natura come sua sede, per agirvi sulle anime”” (25); non sussisterebbero perciò “”che animico ed eterico, se agissero soltanto la terza e la seconda gerarchia””; quest’ultima si manifesta infatti “”come un animico-spirituale che agisce nell’eterico”” e che “”non si manifesta immediatamente nel fisico”” (26); “”il contenuto dei pensieri sulla seconda gerarchia”” deve essere quindi: “”spirituale in raffigurazione non percettibile ai sensi, ma puramente spirituale”” (27);
3) “”alla prima gerarchia (Serafini, Cherubini, Troni) ci si può spiritualmente accostare se si riguardano i fatti esistenti nei regni della natura e dell’uomo come le azioni (creazioni) di uno spirituale attivo in esse”” (28); “”la prima gerarchia, la più forte, si manifesta come ciò che è spiritualmente operante nel fisico”” (29); “”spirituale in raffigurazione percettibile ai sensi deve essere il contenuto dei pensieri sulla prima gerarchia”” (30).
Ricordiamo inoltre – stando a quanto afferma Steiner – che l'””attività pensante cosmica”” della terza gerarchia “”si cela nell’attività pensante umana”” allo stato di veglia (che è ordinariamente cosciente, però, solo dello spento riflesso cerebrale del vivo pensiero di questa gerarchia); che l’azione della seconda gerarchia opera invece “”nello sfondo del sentire umano”” allo stato di sogno; che la “”creatività”” della prima gerarchia dimora infine “”nel volere umano come mondo cosmico-spirituale di entità”” allo stato di sonno (31).
Per aiutare la nostra riflessione, ci serviremo della celebre distinzione “”scolastica”” tra gli universali ante-rem, in-re e post-rem.
Il concetto ante-rem è il concetto creatore: ossia quel concetto che, in virtù della propria forza o volontà, ha il potere d’incarnarsi, generando o modificando così l’esistente.
Il concetto in-re è il concetto conoscibile (intelligibile): ossia quell’essenza dell’oggetto o del fenomeno che – per usare le parole con cui Steiner caratterizza la seconda gerarchia – “”ha la natura come sua sede, per agirvi sulle anime””: per agirvi, cioè, quale dato immediato della percezione (si rammenti, a questo proposito, che l’atto percettivo, anche se deve utilizzare, per realizzarsi, gli organi di senso fisici, resta sempre, in quanto atto, un movimento eterico dell’Io. “”L’impressione sensoria – spiega per l’appunto Steiner – può essere considerata come un sottile scambio tra l’etere esterno e l’etere interiore, come una rivivificazione da parte del corpo eterico interiore dell’etere esterno annientato negli organi di senso (.) Ciò è importantissimo poiché mostra che quando si è dediti alle impressioni sensorie non si vive solo nell’organismo fisico ma anche nella sfera eterico-sovrasensibile, che l’intera vita dei sensi sia un vivere e tessere nell’invisibile sfera eterica””) (32).
Il concetto post-rem è il concetto conosciuto: ossia quel concetto in cui si trasforma o risolve il dato immediato della percezione.
Come si vede, solo in quest’ultimo caso il concetto è presente nell’anima umana (nel soggetto) in forma appunto di “”concetto””.
Nella sua logica, Hegel distingue infatti la “”dottrina dell’essere”” dalla “”dottrina del concetto””, inserendo tra le due, quale “”sfera della mediazione””, la “”dottrina dell’essenza”” (33).
“”La logica – spiega appunto – dovrebbe anzitutto dividersi in logica del concetto come essere, e del concetto come concetto, ossia (.) in logica oggettiva e soggettiva“”. Quella della “”mediazione”” è invece la logica delle “”determinazioni della riflessione, delle determinazioni cioè dell’essere come trapassante nell’esser dentro di sé del concetto, mentre il concetto, in questa guisa, non è ancora posto per sé come tale, ma è insieme affetto dall’essere immediato come da qualcosa che gli è estrinseco. Questa è la scienza dell’essenza, che sta di mezzo fra la scienza dell’essere e la scienza del concetto. – Nella partizione generale di quest’opera logica cotesta scienza fu collocata ancora sotto la logica oggettiva, poiché, quantunque l’essenza sia già l’interno, pure il carattere di soggetto è espressamente da riserbare al concetto”” (34).
Tenendo presente quanto detto del concetto in-re, non dovrebbe essere difficile riconoscere nel “”qualcosa””, da cui il concetto (non ancora trapassato nell’essere “”dentro di sé””) è “”affetto”” come da una realtà “”immediata”” ed “”estrinseca””, il contenuto o il dato della percezione.
Quest’ultimo è dunque manifestazione di un’essenza (di un noumeno) che – come dice Steiner – “”ha la natura come sua sede, per agirvi sulle anime””, e che, col rivelarsi (col farsi fenomeno), si trasferisce dalla natura (dall’in-re) all’anima umana (al post-rem): cioè a dire, dalla sfera della seconda a quella della terza gerarchia.
Un siffatto passaggio, reso possibile da una “”metamorfosi”” del concetto (che da “”essenza”” del fenomeno si fa “”concetto”” dell’uomo), è un processo conoscitivo che impegna in primo luogo il volere e il sentire nel pensare. Il passaggio dall’ante-rem all’in-re è all’opposto un processo creativo che si dà, nella sfera del puro essere (del Logos), quale creazione dei creatori (gli “”esseri determinati”” di Hegel) e, nella sfera della prima gerarchia, quale creazione del creato: quale creazione, ossia, di quelle essenze (di quegli “”esseri per sé””) che, nella propria sfera (quella della seconda gerarchia), e in grazia di un’incessante “”autocreazione””, curano e custodiscono il creato.
Il regno della prima gerarchia è dunque quello degli universali ante-rem (dei creatori del creato), quello della seconda il regno degli universali in-re (dei custodi del creato), quello della terza il regno (animico e umano) degli universali post-rem (dei conoscitori del creato), mentre il regno del puro Essere (del Logos o dell’Io) è quello dell’Universale degli universali: ovvero, il regno di quell’Universale assoluto che essendo, quale Potenza, prima degli universali stessi, può, attuandosi, tutti porli o generarli (il puro Essere non è quindi un “”nulla”” o un “”vuoto””, bensì un tutto o un pieno: in una parola, un Pléroma).
La logica hegeliana si caratterizza altresì per il fatto che il suo movimento o svolgimento ha un andamento circolare ed è scandito da un ritmo ternario.
Il concetto, ad esempio, è in virtù appunto di una circumambulatio che muove dal suo “”essere in sé””, attraversa il suo “”essere per sé””, e torna infine a se stesso quale “”essere in sé e per sé”” (ciascuno di questi tre momenti si svolge per giunta, al proprio interno, con lo stesso ritmo: il primo come qualità, quantità e misura; il secondo come identità, differenza e ragion d’essere; il terzo come concetto, giudizio e sillogismo).
Tale circolo logico manca però di un centro, poiché non contempla – come si è visto – un Logos o un soggetto pensante. Al ternario hegeliano (tesi-antitesi-sintesi) andrebbe perciò aggiunto un quarto elemento, in qualità di centro del circolo logico, di fondamento dell’essere determinato, dell’essenza e del concetto o, in breve, di Logos delle logiche.
Per Hegel l’Idea assoluta è infatti unità “”dell’anima e del corpo”” (35), e quindi unità dei due quale terzo; per la scienza dello spirito, l’Io assoluto è invece unità dello spirito, dell’anima e del corpo, e quindi unità dei tre quale quarto (ovvero, un Essere uno e trino).
Per concludere, varrà dunque ricordare che Steiner parla del Logos (del Figlio) come di “”un germe nuovo posto entro ciò che si esprimeva nello spazio: il germe di qualcosa che si esprime solo nel tempo. E’ il divenire che si presenta dopo l’essere“” (36).

Note.

01) R.Steiner: Le opere scientifiche di Goethe – Melita, Genova 1988, p.1;
02) ibid., pp.11-12;
03) G.Barsanti: introduzione a C.Linneo: I fondamenti della botanica – Theoria, Roma-Napoli 1985, pp.10-11;
04) ibid., p.15;
05) F.A.Trendelemburg: Il metodo dialettico – Il Mulino, Napoli 1990, p.3;
06) A.Nuzzo: La logica in AA.VV.: Guide ai filosofi – Hegel – Laterza, Roma-Bari 1997, p.56;
07) I.Kant: Logica – Laterza, Roma-Bari 1984, p.14;
08) ibid., p.89;
09) G.Barsanti: op.cit., p.11;
10) vedi: L’essere, il mondo delle Madri e la soglia, 1dicembre 2003;
11) G.W.F.Hegel: Scienza della logica – Laterza, Roma-Bari 1974, vol.I, p.108;
12) ibid., pp.81, 82, 83;
13) A.Nuzzo: op.cit., p.67;
14) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, pp.48-49;
15) cfr. R.Steiner: Pensiero umano e pensiero cosmico – Laterza, Bari 1931;
16) G.W.F.Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche – Laterza, Roma-Bari 1997, p.238;
17) R.Steiner: Necessità e libertà nella storia e nell’attività umana – Antroposofica, Milano 1979, p.25;
18) cfr. G.Gentile: La riforma della dialettica hegeliana – Principato, Messina 1913;
19) F.Pardo: La filosofia di Giovanni Gentile – Sansoni, Firenze 1972, p.150;
20) G.W.F.Hegel: Scienza della logica, vol.I, p.63;
21) R.Steiner: La filosofia della libertà, p.230;
22) R.Steiner: Massime antroposofiche – Antroposofica, Milano 1969, p.58;
23) ibid., p.47;
24) ibid., p.52;
25) ibid., p.58;
26) ibid., p.47;
27) ibid., p.52;
28) ibid., pp.58-59;
29) ibid., p.48;
30) ibid., p.52;
31) ibid., p.43;
32) R.Steiner: Spirito e materia, vita e morte – Antroposofica, Milano 1992, p.126;
33) G.W.F.Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche, p.126;
34) G.W.F.Hegel: Scienza della logica, vol.I, pp.44-45;
35) G.W.F. Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche, p.199; il passo, nella sua interezza, è il seguente: “”L’idea può esser concepita come la ragione (questo è il proprio significato filosofico di ragione); inoltre, come il soggetto-oggetto, come l’unità dell’ideale e del reale, del finito e dell’infinito, dell’anima e del corpo; come la possibilità che ha in se stessa la sua realtà; come ciò la cui natura può esser concepita solo come esistente, ecc.; perché, in essa, tutte le relazioni dell’intelletto son contenute, ma nel loro infinito ritorno e identità in sé””;
36) R.Steiner: Come ritrovare il Cristo? – Antroposofica, Milano 1988, pp.28-29.

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Di Lucio Russo
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