13/12/2003

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Alcuni anni fa, siamo stati testimoni del seguente fatto. Una cagnetta di circa dieci anni cominciò a patire un’ematuria. Fu portata dal veterinario che le prescrisse degli antibiotici. Dopo un paio di settimane di cura l’ematuria però continuava. Fu deciso allora di fare un’esame endoscopico e si scoprì un polipo che il veterinario propose di asportare chirurgicamente. Data l’età della cagnetta, e alcune precedenti esperienze negative, i proprietari, prima di decidersi a farla operare, vollero consultare un veterinario omeopatico. Questi visitò la cagnetta e le prescrisse una dose unica di Arnica 200CH e poi, per un mese, una dose giornaliera (tre globuli) di Thuya 5CH. Come detto, si trattava di un tentativo cui, in caso di fallimento, avrebbe fatto sicuramente seguito un intervento chirurgico. Ma non fallì. Dopo circa venticinque giorni dall’inizio della terapia, l’ematuria infatti cessò e la cagnetta, senza che il disturbo si ripresentasse, visse poi per altri tre o quattro anni.
Perché lo abbiamo voluto raccontare? Perché Franco Battaglia dichiara che le medicine cosiddette “alternative” o “non convenzionali” sono “quelle che non funzionano” (il Giornale, 12 dicembre 2003). Proprio l’omeopatia – dice inoltre – che “funzioni è impossibile”.
In realtà, come ci siamo sentiti ieri in dovere di ringraziare Luigi Garlaschelli per averci rivelato i veri motivi per i quali la cosiddetta “comunità scientifica” avversa l’omeopatia (vedi noterella del 19 ottobre 2003), così ci sentiamo oggi in dovere di ringraziare Franco Battaglia per averci ancora una volta dimostrato, non solo quanto dogmatico, e per ciò stesso non scientifico, sia lo spirito che anima gli avversari dell’omeopatia (è “impossibile” che funzioni!), ma anche quanto inconsistenti siano gli argomenti cui si aggrappano nel disperato tentativo di negare la realtà di un fatto.
“Com’è possibile – si chiede per esempio Battaglia – che molti rimedi alternativi abbiano così tanto seguito?”. E’ possibile – risponde – perché alle volte crediamo che sia stato il farmaco “alternativo” a guarirci, e siamo invece guariti da soli, grazie al nostro “complesso sistema di difese naturali”, mentre altre volte s’ingenera un effetto “placebo” (“La scienza – spiega – comincia a comprendere quella complessa interazione tra il cervello e il sistema endocrino che è stato chiamato effetto “placebo”. Il cui meccanismo consiste nell’ingannare il cervello facendogli credere che effettivamente ci si sta prendendo cura della malattia. Un inganno che, senza certamente far ridurre, che so, un asma, può però influenzare la “percezione” della pena”).
La cagnetta di cui dicevamo se non è dunque guarita da sola, grazie al suo “complesso sistema di difese naturali”, è allora guarita perché il sistema endocrino ha fatto credere al cervello che ci si stesse “prendendo cura della malattia” e ha così influenzato, “senza certamente far ridurre” il polipo, “la “percezione” della pena”.
E come dubitarne?

Di Lucio Russo
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