29/12/2003

2

Nel Verbo – afferma il Vangelo di Giovanni – “era la vita, e la vita era la luce degli uomini. E la luce risplende fra le tenebre; ma le tenebre non l’hanno ricevuta”.
“La scienza – afferma dal canto suo Franco Battaglia (titolare della cattedra di Chimica-Fisica presso la facoltà di Fisica della terza Università di Roma) – non ci dà alcuna ragione per invocare poteri esterni alle leggi della chimica per spiegare l’origine della vita…” (il Giornale, 27 dicembre 2003).
Ma per quale ragione il “potere” del Verbo (di un Verbo che si è oltretutto fatto “carne”) dovrebbe essere “esterno” e non “interno” alle leggi della chimica?
Certo, si potrebbe sostenere (materialisticamente) che il Verbo non esiste e che il suo potere non è quindi né “immanente” né “trascendente”. Ma non sembra essere questa la posizione di Battaglia. Egli asserisce, infatti, che le scoperte scientifiche “facendo cadere, a volte esponendoli al ridicolo, alcuni miti, non hanno diminuito lo spirito dell’uomo, voluto a somiglianza di Dio, ma a Dio lo hanno avvicinato”.
Egli dunque, limitandosi ad appendere Dio all’albero della scienza così come si appendono gli ornamenti a quello di Natale, non considera che le scoperte scientifiche, per avvicinare davvero lo spirito dell’uomo a Dio, dovrebbero avvicinare lo spirito di Dio (o il potere del Verbo) all’uomo: ad esempio spiegando, tanto per rimanere nel campo della vita, quale rapporto ci sia tra il Verbo e gli elementi, le forze e le leggi della chimica.
Una cosa è infatti la realtà ponderale degli elementi (le “tenebre”), altra quella dinamica delle forze che questi veicolano (la “vita”), altra ancora quella qualitativa delle leggi cui tali forze si mostrano subordinate (la “luce”).
Ove si tenesse conto di ciò (e non ci si trattenesse quindi nelle “tenebre”), ci si potrebbe ad esempio domandare: c’è la vita perché c’è la cellula, o c’è la cellula perché c’è la vita? Cos’è in sé, una forza? E cos’è, in sé, una legge o una qualità?
Abbiamo tuttavia ragione di pensare che Battaglia non solo non si ponga interrogativi del genere, ma li trovi anzi bizzarri, assurdi o quantomeno inutili.
Orbene, dal momento che egli si avvede (a ragione) della “superficialità” di quanti si oppongono, in nome della religione (o dello spirito), al progresso della scienza, ma non si avvede (a torto) della “superficialità” di quanti si oppongono, in nome della scienza, al progresso della religione (o dello spirito), vorremmo rammentargli (col dovuto rispetto) il seguente e celebre passo del Vangelo: “Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?” (Mt 7,3).

Di Lucio Russo
Per qualsiasi informazione o commento, potete inviare una e-mail al seguente indirizzo: info@ospi.it



Nel campo sottostante è possibile inserire un nome o una parola. Cliccando sul pulsante cerca verranno visualizzati tutti gli articoli, noterelle o corrispondenze in cui quel nome o parola è presente