19/11/2004

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In un elzeviro pubblicato dal Corriere della Sera (14 novembre 2004), con il titolo: Ma il terrore non è nichilista, Mario Andrea Rigoni si dice convinto che non vi è “niente di più discutibile” della tesi sostenuta da Paul Berman nel suo Terrore e liberalismo, dal quale avevamo preso spunto per redigere la nota Il liberalismo e i suoi nemici (14 novembre 2004), citando, a sostegno di questo giudizio, l’”eccellente studio” di Franco Volpi, Il nichilismo, dal quale avevamo tratto invece spunto per buttar giù la nota Il nichilismo (22 settembre 2004).
Tale elzeviro così si conclude: “Dal punto di vista della correttezza concettuale e terminologica e, ciò che più importa, delle conseguenze politico-sociali, ci si dovrebbe augurare che il moderno pensiero nichilistico, anziché essere denunciato e condannato, fosse diffuso nelle coscienze come il migliore antidoto contro ogni pericoloso messianismo”.
Ecco dunque un bell’esempio del carattere morboso di quella fissazione alla “libertà negativa” o “libertà da” che abbiamo messo in luce nelle nostre note.
È tale fissazione, infatti, a determinare l’assolutizzazione di questo momento (sorgivo) del divenire della libertà, e a far sì, con ciò, che la libertà negativa decada a libertà nichilista: ovvero, alla “libertà” di chi, vedendo nel Nulla il “migliore antidoto contro ogni pericoloso messianismo”, è come se vedesse nella decapitazione il migliore antidoto contro ogni pericolosa cefalea o nella castrazione il migliore antidoto contro ogni pericolosa malattia venerea (o contro l’AIDS).
A chi ritenesse che paragoni del genere siano esagerati o fuori luogo, desideriamo ancora una volta ricordare, quanto disse a suo tempo Croce, parlando della rivista letteraria La Ronda: “È un circolo in cui, quando due s’incontrano, l’uno dice “io sono impotente”, e l’altro, stendendogli la mano: “Anch’io”, e si congratulano a vicenda” (cfr. La società: “aperta”, ma non troppo, 17 agosto 2002).

Di Lucio Russo
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