13/03/2005

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Il 15 ottobre del 1825, parlando con Eckermann, Goethe disse: “Io non avrei mai conosciuto quanta sia la miseria degli uomini, e quanto poco li interessino gli scopi veramente grandi, se mercè dei miei studi di scienza naturale, non lo avessi sperimentato io medesimo. Allora, mi accorsi che per i più la scienza in tanto vale, in quanto possono trarne la loro sussistenza: e che i più adorano anche l’errore, se sull’errore possono campare” (G.P.Eckermann: Colloqui col Goethe – Laterza, Bari 1912, vol.I, p.166).
Abbiamo ripensato a questo leggendo su Le Scienze (n°439, marzo 2005) un articolo dal titolo: La fisica dell’omeopatia.
Enrico Bellone così ne conclude, nell’editoriale, la presentazione: “I consumatori italiani di prodotti omeopatici sono cresciuti, in un solo anno, del 50 per cento. C’è chi tende a non preoccuparsi: in fin dei conti, una fialetta d’acqua pura non fa male a nessuno, anche se fa molto bene ai suoi produttori e venditori. Solo che, sui tempi lunghi, la faccenda incide sul sistema sanitario nazionale: chi malamente si cura, infatti, malamente ricade poi sulle spalle altrui (e sulle altrui tasse)”.
Comprendiamo la preoccupazione di Bellone, ma con siffatti argomenti è molto probabile che i consumatori italiani di tali prodotti continueranno ad aumentare.
E cosa dovrebbero pensare, poi, tutti coloro che ricorrono da tempo e con soddisfazione ai farmaci omeopatici o antroposofici (non disdegnando, alla bisogna, quelli allopatici), di chi si prende la libertà di giudicare che si curano “malamente”? Di chi non si fa scrupolo di affermare che chi si cura come loro “ricade poi sulle spalle altrui (e sulle altrui tasse)”, quasi che le tasse le pagassero esclusivamente i consumatori dei farmaci allopatici? Di chi si sente in diritto, insomma, di andare alla lavagna per segnarli dalla parte dei “cattivi”? (Chi ha letto la “noterella” del 16 agosto 2004 ricorderà, peraltro, che Enrico Bellone ha un particolare trasporto per le lavagne).
Ma lasciamo stare; diamo piuttosto un’occhiata al suddetto articolo di Stefano Cagliano e Luca Fraioli.
Gà il titolo (del quale potrebbe essere però responsabile la redazione) lascia perplessi, in quanto dire “La fisica dell’omeopatia” è un po’ come dire: “La solidità del liquido” o “La liquidità del gassoso”.
Come infatti il liquido è tale perché non è solido, e come il gassoso è tale perché non è liquido, così la farmacodinamica omeopatica è tale perché non è fisica o, per meglio dire, perché veicola forze extrasensibili in grado di produrre effetti sensibili.
E’ comprensibilissimo, perciò, che tale fenomeno risulti ”fisicamente” inspiegabile.
Ma poiché non tutti se ne rendono conto, che cosa accade? Accade che alcuni (come, ad esempio, Jacques Benveniste, sul piano fisico-chimico, e Giuliano Preparata, su quello della meccanica quantistica) tentano invano di spiegare il fenomeno “fisicamente”, mentre altri (come i due autori dell’articolo) tentano invano di negarne la realtà, avvalendosi appunto del fatto che risulta “fisicamente” inspiegabile.
Tutti costoro farebbero però meglio a realizzare che un numero sempre maggiore di italiani utilizza i farmaci omeopatici perché li trova praticamente efficaci, infischiandosene del fatto che – secondo fisici e chimici – non dovrebbero, in teoria o stando ai calcoli, esserlo.
Molti di loro oltretutto si chiedono: se è vero che la conoscenza – come sostiene Aristotele – nasce dalla meraviglia, che “scienziato” è allora quello che al cospetto di un fenomeno che si verifica in barba alle odierne nozioni fisiche (in barba, ad esempio, al “numero di Avogadro”) non solo non prova stupore o meraviglia, ma s’ingegna perfino a negarne o esorcizzarne la realtà?
In ogni caso, l’articolo così si chiude: “Fare affidamento sull’omeopatia contro le malattie significa chiedere aiuto a uno strumento che gli studi clinici non hanno fatto altro che bocciare: e che fisici e chimici non ammetterebbero neanche all’esame”.
Ma gli “studi clinici” di chi? Si finge forse d’ignorare che l’omeopatia è praticata, in tutto il mondo, da medici che non sono affatto da meno, per preparazione, titoli e competenze, dei loro colleghi allopati?
Fisici e chimici non l’”ammetterebbero neanche all’esame”? Poco male. Vorrà dire, che settanta milioni di europei non ammetteranno tali fisici e chimici all’esame della vita e della realtà.

Di Lucio Russo
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