08/08/2005

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In una vecchia nota, Patologia e fisiologia sociale (9 marzo 2001), avevamo affermato che “come può darsi un “conflitto d’interessi” tra l’attività politica e quella economica, così può darsene uno tra l’attività culturale (della quale è parte integrante quella scientifica) e le altre due. Quando si rileva e denuncia un “conflitto d’interessi” si solleva dunque una questione che già giustificherebbe, di per sé, la proposta – avanzata da Steiner – di una “triarticolazione dell’organismo sociale”. Solo una riforma del genere potrebbe infatti garantire che l’attività di coloro che operano all’interno della sfera culturale non venga condizionata da interessi politici o economici. Una cosa, ad esempio, è che la vita economica si giovi indirettamente dei risultati di una autonoma ricerca scientifica, altra è che la seconda sia direttamente promossa e finanziata dalla prima”.
Ebbene, in un articolo titolato: Ricerche truccate su pressione degli sponsor (Corriere della Sera, 14 giugno 2005), Adriana Bazzi c’informa che “Brian Martisson, Melissa Andersson e Raymond de Vries, tre universitari americani specializzati in etica, hanno posto domande sulla correttezza delle loro ricerche a decine di ricercatori, più o meno giovani, il cui lavoro era finanziato dal National Institutes of Health, un’istituzione di ricerca pubblica. Moltissimi, fra i 3.247 che hanno risposto, hanno dichiarato di avere, in qualche misura, truccato le ricerche. Almeno un terzo ha ammesso di non aver rispettato certe regole etiche negli studi clinici, quelli che coinvolgono i malati, o di aver “coperto” colleghi che utilizzavano dati falsi, o di aver proposto interpretazioni non corrette dei dati stessi. Soltanto una piccolissima percentuale, lo 0,3%, ha confessato di avere completamente falsificato uno studio o di avere copiato un lavoro da altri. Ma un buon 15% ha dichiarato di avere modificato il progetto, la metodologia o i risultati per la pressione degli sponsor commerciali”.

Di Lucio Russo
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