20/08/2005

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Giovanni Caprara c’informa che “i curatori della rivista Science, organo della potente American Association for the Advancement of Science”, hanno condotto “un’indagine tra i ricercatori esaminando 125 “grandi domande” ancora senza risposta sui loro tavoli. La conclusione ha portato a concentrare l’attenzione su 25 ricerche giudicate più urgenti, dalle quali sono uscite le cinque che avranno forse la possibilità di essere risolte nei prossimi venticinque anni” (Corriere della Sera, 1 luglio 2005).
Ecco le cinque domande: “Di che cosa è formato l’Universo?”; “Quali sono le basi biologiche della vita?”; “Perché l’uomo ha così pochi geni?”; “Quanto può essere allungata la vita umana?”; “La Terra potrà sostenere la crescita della popolazione?”.
Ebbene, non vorremmo apparire dei menagramo, ma siamo sicuri che tra venticinque anni, senza un radicale rinnovamento dell’odierna mentalità scientifica, nemmeno una di queste domande avrà trovato risposta.
Prendiamo ad esempio la seconda. Per come stanno andando attualmente le cose, non sarebbe assai più “urgente” chiedersi: “C’è la vita perché c’è la cellula o c’è la cellula perché c’è la vita?”, evitando di dare così per scontato (in modo non proprio “scientifico”) che la forza emerga dalla sostanza, e non che la sostanza (sub-stantia) discenda dalla forza? Non si diceva forse, un tempo, che è la funzione (extrasensibile) a sviluppare l’organo (sensibile)?
Oppure prendiamo la terza. Domandarsi come mai l’uomo abbia un numero di geni “circa uguale a quello del comunissimo fiore Arabidopsis thaliana, che cresce spontaneo lungo i sentieri, e poco di più del verme Caenorhabditis elegans”, non equivale forse a domandarsi come mai, poniamo, certe poesie di Ungaretti abbiano un numero di vocali e consonanti addirittura inferiore a quello delle rime del sor Capanna?
Non parliamo poi della quarta. Basta infatti leggere (nella stessa pagina) come la commenta Giulio Giorello: “Allungare la vita fino a “vincere il tempo” è, come hanno mostrato Edoardo Boncinelli e Galeazzo Sciarretta nella loro ultima fatica (Verso l’immortalità?, Raffaello Cortina Editore), un sogno che ha attraversato mito, magia e scienza, ma che oggi appare realizzabile più di quanto mai avessero sospettato l’eroe sumerico Gilgamesh, nel suo vano tentativo di debellare la morte, o gli alchimisti medievali, alla ricerca della perpetua giovinezza”.
Fatto si è che, di molti degli odierni ricercatori, si potrebbe dire quello che diceva Galilei degli scienziati del suo tempo: “Questi grandi personaggi che si dedicano alla ricerca della verità e non la trovano mai, mi fanno patire. Non la troveranno di certo, perché la cercano sempre nel posto sbagliato” (J.Reston: Galileo – PIEMME, Casale Monferrato (AL) 2005, pp.32-33).

Di Lucio Russo
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