13/10/2005

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A quanti guardano con sincera, profonda e dolorosa apprensione al destino dell’Europa e dell’odierna umanità, vogliamo segnalare questo brano (del 1934) dello scrittore ungherese Sándor Márai (1900-1989): “Un permanente senso di pericolo incombe sulla nostra vita e sul nostro lavoro. La classe all’interno della quale sono nato si confonde con le classi in ascesa; negli ultimi vent’anni il suo livello culturale si è abbassato in maniera spaventosa, e le esigenze spirituali dell’uomo civile stanno scomparendo. Gli ideali in cui mi hanno insegnato a credere sono diventati anticaglie arrugginite da gettare nella spazzatura; l’istinto del gregge ha imposto il suo regime di terrore a territori immensi che un tempo facevano parte del mondo civile. La società in cui vivo è diventata indifferente non soltanto ai massimi valori dello spirito, ma anche allo stile umano e intellettuale della vita quotidiana. La direzione che ha preso la nostra epoca mi fa disperare; disprezzo il gusto dozzinale, i passatempi e le esigenze delle masse contemporanee, osservo con scetticismo i loro costumi, considero fatali le ambizioni della tecnica e quella smania di primato che, in tutti i campi, eccita le folle. L’uomo fedele ai valori dello spirito è un fenomeno isolato costretto a rifugiarsi nelle catacombe, simile ai monaci che nel Medioevo occultarono il segreto del Verbo per metterlo in salvo dai conquistatori vandali. Tutte le manifestazioni in cui la vita alza la voce per esprimere la sua protesta sono contrassegnate da un tragico, inconfondibile senso di orrore” (S.Márai: Confessioni di un borghese – Adelphi, Milano 2003, p.456).

Di Lucio Russo
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