08/05/2006

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A chi volesse farsi un’idea del degrado raggiunto dall’odierna “cultura liberale” (povero Croce!), suggeriremmo di dare un’occhiata a un articolo di Dario Fertilio, pubblicato dal Corriere della Sera (30 aprile 2006), titolato: Devoti contro relativisti, i liberali alla guerra, e sottotitolato: La scuola dei “teocon” guarda a Ratzinger, i seguaci di Popper contrattaccano.
“Fra i devoti – spiega Fertilio – si devono annoverare intellettuali sia cattolici che rigorosamente laici, disposti a riconoscere il ruolo sociale e politico della religione cristiana, non separato dalla sfera pubblica”; unisce invece i relativisti “l’idea, ispirata a Karl Popper, secondo la quale non possa esistere una verità in partenza “più vera” delle altre, che tutto debba essere sottoposto ad esame e verifica, e che soprattutto la fede religiosa non debba influenzare i giudizi scientifici”.
Tanto gli uni che gli altri si mostrano dunque incapaci di distinguere “il ruolo sociale e politico” del Cristianesimo da quello della Chiesa cattolica (cfr. Cristianesimo e cristianità, 18 maggio 2005); per essere laici, ma non atei, i “devoti” si fanno infatti guidare da Ratzinger, e non ispirare dallo Spirito Santo, mentre i “relativisti”, per evitare di fare la stessa fine, non trovano di meglio che farsi influenzare, nei loro “giudizi scientifici”, dalla fede materialistica e ateistica.
Esemplare, al riguardo, è questa “fine” osservazione di Giulio Giorello: “In fondo siamo tutti scimmie darwiniane e per imporre agli altri le proprie voglie non basta che un primate superiore abbia una tiara in capo e un pastorale in pugno”.
Un altro “relativista”, Dario Antiseri, confondendo la laicità con l’ateismo (cfr. Laici e laicisti, 30 agosto 2005), si dà invece a tessere l’elogio del nichilismo: il nichilismo, – afferma infatti – in quanto “segno dell’impossibilità umana di costruire un senso assoluto della vita”, può essere considerato “un presupposto della tolleranza e della democrazia”.
Oh bella! E per quale ragione il fatto che “non possa esistere – stando a Popper – una verità in partenza “più vera” delle altre”, dovrebbe escludere che possa esisterne una all’arrivo (e in virtù di esami e verifiche) “più vera” delle altre, e che la coscienza umana – al contrario di quanto asserito dal nichilismo – possa pertanto “costruire un senso assoluto della vita”?

Di Lucio Russo
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