Della Trinità

D

La lettura del libro di Andrea Pacini, Lo Spirito Santo nella Trinità – Il Filioque nella prospettiva teologica di S.Bulgakov (1), ci ha suggerito alcune riflessioni, che ci auguriamo possano interessare i nostri lettori.
Scrive Pacini: “All’interno di una visione dell’essere concepito come оύσία (“sostanza” – nda) non è possibile offrire una comprensione più adeguata del mistero della relazionalità delle ipostasi (dei rapporti tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo – nda). Questo limite non è solo della teologia latina, ma si nota anche in Oriente, ad esempio nella comprensione delle ipostasi nella teologia dei Cappadoci. Le ipostasi assumono un carattere “cosale”, che non rende pienamente conto del loro carattere personale, a causa delle categorie filosofiche di origine aristotelica utilizzate. La Trinità viene così presentata come l’unione in una sola natura di tre realtà, e non come una tri-unità “personalmente” correlata. Bulgakov rileva acutamente l’orizzonte prepersonale dell’infrastruttura concettuale classica greco-latina che influenza la teologia patristica, anche se forse non valorizza a sufficienza il fatto che quest’ultima abbia cercato di elaborare un apparato concettuale proprio, in cui la stessa semantica dei termini classici finisce per mutare e assumere significati nuovi, come è avvenuto ad esempio per lo stesso termine di ipostasi – di per sé sinonimo di sostanza – che acquisisce nella teologia patristica un carattere “personale” che nella lingua e filosofia classica non aveva” (2).
E qual è “l’orizzonte prepersonale dell’infrastruttura concettuale classica greco-latina”? E’ quello dell’anima razionale e affettiva (della metafisica, dell’ontologia), che non rende in effetti conto, in quanto aperto sulla sostanza, sull’oggetto o sulla “cosa”, del carattere “personale”, cioè a dire soggettivo, delle ipostasi.
Nella nota: Dall’ontologia alla scienza dell’Io (3), abbiamo giustappunto sottolineato che il considerare Dio quale essere, e quindi quale oggetto o non-Io (come usa fare l’anima razionale e affettiva), è cosa ben diversa dal considerarlo (modernamente) quale spirito, e quindi quale soggetto o Io (come usa fare l’anima cosciente).
Scrive ancora Pacini: “Per superare l’orizzonte sostanzialistico che pur condiziona i Padri, Bulgakov opta per l’orizzonte di comprensione dell’essere che gli viene proposto dalla filosofia idealista della soggettività, per cui l’essere è pensato non più a partire dalla sostanza, ma dal soggetto. Questa prospettiva consente a Bulgakov di sviluppare una teologia trinitaria decisamente personologica, che metta in pieno risalto l’essere personale di Dio, che una comprensione dell’essere tramite la categoria di sostanza finiva per limitare. Per Bulgakov il punto di partenza per un’autentica dottrina trinitaria che affermi l’equidivinità delle ipostasi e pensi la loro correlazione concreta in termini radicalmente personologici – non causali – è l’affermazione per cui la Trinità è Soggetto personologico. Dio è unico soggetto che si rivela in tre ipostasi. Bisogna tener presente che Bulgakov accetta la definizione hegeliana di Dio come soggetto e come spirito. Comprendere Dio come soggetto e spirito permette di penetrarne la dimensione profondamente personale, e Bulgakov ritiene di trovare in tutta la Scrittura la prova biblica di tale affermazione: “Dio è spirito” (Gv 4,24)” (4).
Afferma infatti Hegel: “Secondo il mio modo di vedere (…) tutto dipende dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto” (5).
“Pensare Dio come spirito – continua Pacini – permette a Bulgakov di applicare a Dio il termine persona in modo analogico. Il soggetto umano – il principio personale umano – che è costitutivamente “in relazione”, trova però il termine della relazione – il tu – all’esterno rispetto all’io, e il noi risulta dalla giustapposizione di soggetti che rimangono esterni l’uno all’altro. In Dio invece, che è Soggetto assoluto, non vi è alcun “dato” esterno, ma tutto è personale, e l’io, il tu e il noi – nella cui relazione il soggetto si attua – sono contenuti contemporaneamente nell’unico soggetto, che è dunque tri-ipostatico. ”Nel Soggetto divino assoluto, che è uno e il solo autenticamente unico nel suo genere, tutte le extraposizioni dell’io non possono realizzarsi fuori di lui, perché qualsiasi fuori è inesistente; ma devono essere contenute in lui stesso; in modo che egli è simultaneamente io e tu e egli e quindi noi e voi”. Per questo si può parlare della Trinità come di unico Soggetto tri-ipostatico in cui le tre ipostasi sono reciprocamente io, tu e egli – le tre posizioni dell’io – nell’unico Io (…) Bulgakov precisa però che considerare il soggetto trinitario e i soggetti ipostatici come degli Io nella loro pura soggettività, significa commettere un’astrazione. Concretamente infatti nella vita della Trinità i tre soggetti ipostatici sono definiti da una correlazione immutabile, per cui il soggetto tri-ipostatico non è un Io trasparente che si trova in tre centri identificati, ma è la santissima Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella loro divina tri-unità. Nella sua riflessione speculativa, Bulgakov cerca così di evitare di razionalizzare il mistero trinitario, affermandone l’indeducibilità: è la Trinità che rivela se stessa come Padre, Figlio e Spirito Santo” (6).
La Trinità, pur essendo un “Soggetto personologico” (l’”autocoscienza personale della Persona divina”) (7), non sarebbe dunque un “Io trasparente che si trova in tre centri identificati”, bensì un soggetto tri-ipostatico “la cui vita è amore” (8): un amore in cui il Padre è “l’amante-amato”, il Figlio “l’amato-amante” e lo Spirito Santo “l’amore stesso” (9).
Ma se si afferma che “Dio è amore” (10), com’è possibile, allora, identificare “l’amore stesso” (il Dio uno) con lo Spirito Santo (con una delle ipostasi)? E asserire che “il soggetto tri-ipostatico non è un “Io trasparente che si trova in tre centri identificati, ma è la santissima Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella loro divina tri-unità”, non significa forse dissolvere nella dinamica intra-trinitaria, o nella “correlazione immutabile” (delle ipostasi), l’essere di quel Dio uno che disse a Mosé: “Io sono colui che sono” (11)? E per quale ragione, infine, l’impossibilità di dedurre la Trinità dal Dio uno dovrebbe comportare anche quella di indurre il Dio uno dalla Trinità?
Può forse una “correlazione” non rimandare a un soggetto che la fondi e governi? Può, ossia, un “Soggetto divino assoluto”, che rivela se stesso come Padre, Figlio e Spirito Santo, o che realizza, all’interno di se stesso, la correlazione tra un io e un secondo io (un tu), o tra un io e un terzo io (un egli), non essere a sua volta un Io (l’Io sono)?
Come si vede, Bulgakov, nonostante il valore del suo sforzo, non riesce a superare l’astratto orizzonte dell’anima razionale e affettiva: alla concezione razionale-affettiva greco-latina (“prepersonale”), egli si limita infatti a contrapporre una concezione affettivo-razionale (sostanzialmente mistica) che non solo dissolve, di fatto, l’essenza del Dio uno (dell’Io sono) nella dinamica intra-trinitaria, ma continua pure a disconoscere, sulla scia di Agostino (12), la natura gnostica (in senso etimologico) di quello Spirito Santo che i Vangeli ci presentano per l’appunto come lo “Spirito di verità” che c’insegnerà ogni cosa, che ci farà ricordare tutto quello che il Cristo-Gesù ha detto (Gv 14,26), e che ci guiderà verso tutta la verità, perché non parlerà da se stesso (Gv 16,13) (13).
Proviamo dunque a cambiare orizzonte.
“La parola “persona” – ricorda Steiner – nel significato latino originario vuol dire figura, maschera, ciò che si presenta all’esterno. Nel cristianesimo delle origini non si parlava di tre dèi, ma di tre figure, di tre aspetti attraverso i quali il Dio unico si manifesta. Si sentiva ancora come stavano le cose rispetto a quelle tre figure” (14).
Ma noi, che non siamo più in grado di sentire “come stanno le cose” (e non solo rispetto a tali figure), in qual modo possiamo cominciare a pensare i rapporti vigenti tra il “Dio unico” e i tre aspetti in cui si manifesta? Cominciando anzitutto a riflettere (in chiave scientifico-spirituale) su quelli vigenti, nell’uomo, tra l’Io e le attività animiche del volere, del sentire e del pensare (15).
E’ decisivo realizzare, infatti, che l’Io si trova in rapporto col volere nella sfera dell’incoscienza (del sonno o del corpo), col sentire nella sfera della subcoscienza (del sogno o dell’anima), e col pensare nella sfera della coscienza e dell’autocoscienza (della veglia o dello spirito).
Solo così si potrà capire, ad esempio, quanto afferma qui Steiner: “Se i cristiani fossero diventati coscienti del Christo, avrebbero dovuto, ogni qualvolta avessero voluto operare secondo bontà, estinguere la propria coscienza dell’Io, affinché il Christo si destasse in loro. Non sarebbero stati buoni loro stessi, ma il Christo in loro (…) Non era questo il compito, la missione del Figlio divino, il quale si era unito all’evoluzione della Terra con il Mistero del Golgotha. Egli voleva dimorare nell’umanità, ma non voleva offuscare la nascente coscienza dell’Io. Egli aveva già compiuto ciò una volta in Gesù, nel quale visse, a partire dal Battesimo, la coscienza del Figlio in luogo della coscienza dell’Io. Ma questo non sarebbe dovuto avvenire negli uomini delle epoche successive. In essi l’Io avrebbe dovuto elevarsi in piena coscienza, epperò divenire dimora del Christo. A tal fine fu necessario che il Christo scomparisse dall’immediata visione degli uomini, che Egli restasse sì unito all’esistenza terrestre, ma celandosi al loro sguardo (…) Così il Christo ha compiuto la Sua Ascensione, è diventato invisibile (…) La modalità con cui il Christo, ancora dopo la Resurrezione, si era reso visibile agli Apostoli e ai discepoli, dovette venir meno: il Christo compì la Sua Ascensione. Egli tuttavia inviò agli uomini quella entità divina che non estingue la coscienza dell’Io e alla quale ci si eleva non nella visione, bensì appunto nell’invisibile spirito. Egli inviò agli uomini lo Spirito Santo. E’ propriamente lo Spirito Santo ciò che il Christo dovette inviare all’uomo, affinché questi potesse conservare la coscienza dell’Io, vivendo il Christo in lui senza che egli ne fosse cosciente” (16). Dunque – conclude – “è proprio dell’essenza del Cristianesimo il fatto che, anche senza la visione del Christo, sia possibile pervenire al risveglio dello spirito. Il Christo, inviando lo Spirito Santo all’umanità, ha donato a questa la facoltà di sollevarsi alla concezione dello Spirito, liberandosi dell’elemento intellettuale. Non è più giustificato, dunque, dire che l’uomo non sia in grado di afferrare il Sovrasensibile con il suo spirito. Egli potrebbe giustificare una mancata comprensione del Sovrasensibile, solo nel caso che ignorasse lo Spirito Santo, limitandosi a parlare di Dio Padre e del Dio Christo” (16); oppure – aggiungiamo noi – parlando, sì, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ma riferendosi poi a quest’ultimo come allo Spirito dell’amore, e non come allo Spirito di verità o di conoscenza.
Fatto si è che come l’Io sta, nell’uomo, al volere, al sentire e al pensare, così Dio sta, nel cosmo, al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Dio è amore, è vero (poiché “Dio è spirito” e “l’amore – afferma Scaligero – è l’essere dello spirito”) (17); ma questo Dio non è – come ritiene Bulgakov – lo Spirito Santo, bensì quel Dio uno che per l’appunto rivela o manifesta se stesso (l’amore) attraverso il volere (come Padre), attraverso il sentire (come Figlio) e attraverso il pensare (come Spirito Santo). Non è difficile comprendere, d’altronde, che la “tri-unità” non sarebbe tale se fosse solo trina (politeistica e pagana) o se fosse solo una (monoteistica ed ebraica o islamica).
Possono aiutarci, al riguardo, queste altre considerazioni di Steiner: “L’uomo è chiamato anzitutto a stabilire nel suo interno, tra pensare, sentire e volere, l’equilibrio attraverso il quale poter irradiare e trasmettere alla Terra il significato dell’equilibrio fra pensare, sentire e volere (…) Il mistero di questa missione è che, mediante questa cooperazione, mediante questo equilibrio delle tre forze, l’interiorità produce in effetti qualcosa di nuovo. Viene veramente generato un quarto elemento in aggiunta ai tre precedenti: l’elemento dell’amore (…) Così il nostro pianeta è il pianeta dell’amore; perciò l’equilibrio che consegue dalla cooperazione di queste tre forze, è per così dire nel suo risultato un’azione d’amore…” (18).
Sia chiaro, però, che si tratta di pensare il tre nell’uno e l’uno nel tre (così come si pensano, poniamo, le radici, il fusto e le foglie nella pianta e la pianta nelle radici, nel fusto e nelle foglie), e non il tre più uno: che si tratta, ossia, di sperimentare immaginativamente i rapporti tra il Dio uno e le sue tre manifestazioni, e non di trasformare (politeisticamente) la Trinità in una quaternità, limitandosi pigramente ad aggiungere (com’è costume dell’intelletto) alle tre figure del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo quella del Dio uno (19).
“Il Padre – dice ancora Steiner – è il generante non generato che pone il Figlio nel mondo fisico. Ma al contempo il Padre si serve dello Spirito Santo per rivelare all’umanità che nello Spirito può venir afferrato il Sovrasensibile, ancorché questo Spirito non venga veduto, ma operi interiormente per rendere vivente il suo astratto apparire, per destare a nuova vita, in virtù del Christo dimorante in lui, il cadavere del pensiero, che rechiamo come residuo della nostra esistenza prenatale. Una volta, nel Battesimo del Giordano, il trasmettersi e il manifestarsi dello Spirito Santo, avvenne per virtù del Padre. E quando il Christo inviò ai suoi discepoli lo Spirito Santo, questo avvenne per virtù del Christo, il Figlio. Perciò, secondo l’antico dogma il Padre è il generante non generato, il Figlio, il generato dal Padre, lo Spirito, l’inviato dal Padre e dal Figlio all’umanità” (20).
Il Dio uno si manifesta dunque come “generante non generato” nel Padre (collegato, mediante la prima Gerarchia, Serafini, Cherubini e Troni, al volere incosciente), come “generato” nel Figlio (collegato, mediante la seconda Gerarchia, Dominazioni, Virtù e Potestà, al sentire subcosciente) (21), e come “inviato” dal Padre e dal Figlio (o dal Padre attraverso il Figlio) nello Spirito Santo (collegato, mediante la terza Gerarchia, Principati, Arcangeli e Angeli, al pensare cosciente o precosciente) (22).
Scrive giusto Scaligero: “Il moto primo del pensiero è amore. Percepito nel suo scaturire, il pensiero conduce a quella sorgente incorporea d’onde l’amore scorre come idea creatrice. In verità ogni pensiero è in sé, nel suo moto sorgivo, pensiero d’amore” (23).
Quanto “pratiche” siano queste distinzioni, e quanto importante sia la conoscenza dei rapporti intercorrenti tra le entità, le qualità e le forze cui si riferiscono, possono dimostrarlo ancora una volta le seguenti parole di Steiner: “Ci si esprime del tutto correttamente, nel senso esoterico-cristiano, dicendo: l’iniziato cristiano consegue con la sua disciplina iniziatica la purificazione del suo corpo astrale; egli trasforma il corpo astrale in vergine Sofia e viene illuminato dall’alto (o, se preferite, adombrato dallo “Spirito Santo”), dall’io cosmico (…) Abbiamo dunque imparato a conoscere due concetti nel loro significato spirituale: quello della vergine Sofia, ch’è il corpo astrale purificato, e quello dello Spirito Santo, dell’io cosmico, che viene accolto dalla vergine Sofia e può quindi esprimersi poi da quel corpo astrale. Ma esiste un grado ancora più alto: quello per cui si è in grado di aiutare altri a conseguire quelle due realtà. Gli uomini della nostra epoca evolutiva possono ricevere nel modo descritto la vergine Sofia (il corpo astrale purificato) e lo Spirito Santo (la illuminazione). Ma solo il Cristo Gesù poté dare alla Terra ciò che occorre perché gli uomini possano conseguire tutto ciò. Il Cristo ha conferito alla parte spirituale della Terra le forze necessarie, perché possa avverarsi tutto quanto è connesso con l’iniziazione cristiana, quale l’abbiamo descritta” (24).
Tutto ciò vuol dire, in conclusione, che l’uomo moderno (l’uomo dell’anima cosciente) può ritrovare il Figlio soltanto in virtù dello Spirito Santo (della conoscenza scientifico-spirituale), così come può ritrovare il Padre soltanto in virtù del Figlio (25).
Dice infatti il Cristo: “In verità vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me, e chi accoglie me, riceve colui che mi ha mandato” (Gv 13,20).

Note:

01) A.Pacini: Lo Spirito Santo nella Trinità – Il Filioque nella prospettiva teologica di S.Bulgakov – Città Nuova, Roma 2004. Sergej Bulgakov (Livny 1871- Parigi 1944) – scrive Pacini – è “uno dei più originali e creativi teologi ortodossi del XX secolo, con un percorso intellettuale e esistenziale ricco e complesso” (p. 7);
02) ibid., pp. 76-77. Nel IV sec., i tre più importanti “Padri” nati in Cappadocia (nella parte interna e settentrionale dell’Asia minore) sono Basilio Magno di Cesarea, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa;
03) Dall’ontologia alla scienza dell’Io, 5 giugno 2006;
04) A.Pacini: op. cit., pp. 78-79;
05) G.W.F.Hegel: Fenomenologia dello spirito – La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996, p. 10;
06) A.Pacini: op. cit., pp. 81 e 83-84;
07) ibid., nota p. 81;
08) ibid., p. 90;
09) ibid., p. 96;
10) ibid., p. 89;
11) si potrebbe osservare, volendo, che “trasparenti” dovrebbero essere semmai le ipostasi. Non dice infatti il Cristo: “Chi vede me, vede colui che mi ha mandato” (Gv 14,45)?
12) “Se fra i doni di Dio – scrive Agostino (354-430) – nessuno è più grande della carità e d’altra parte non c’è dono di Dio più grande dello Spirito Santo, che c’è di più conseguente che concludere che è lui stesso la carità che è chiamata Dio ed è detta procedere da Dio? E, se la carità con cui il Padre ama il Figlio e il Figlio ama il Padre ci rivela l’ineffabile comunione dell’uno con l’altro, che c’è di più conseguente che concludere che conviene in proprio il nome di Carità a Colui che è lo Spirito comune all’uno e all’altro?” (La Trinità – Città Nuova, Roma 2002, p. 522);
13) e se consistesse proprio in tale disconoscimento quell’imperdonabile peccato contro lo spirito di cui parlano Matteo (12,31), Marco (3,29) e Luca (12,10)?
14) R.Steiner: La storia dell’umanità e le civiltà del passato – Antroposofica, Milano 2003, p. 93;
15) si tenga presente che le attività animiche del volere, del sentire e del pensare sono rispettivamente e realmente correlate (poiché l’essere umano è stato creato a “immagine e somiglianza” di Dio), sul piano dello spirito, all’”Uomo spirito”, allo “Spirito vitale” e al “Sé spirituale” e, sul piano del corpo eterico-fisico, all’apparato metabolico e degli arti (inferiore), all’apparato ritmico (mediano) e all’apparato neurosensoriale (superiore);
16) scrive in proposito Origène (185-254 circa): “Qui mi viene un’altra idea. Penso che forse anche con la venuta di Gesù e la sua incarnazione, noi non sappiamo ancora quello che è perfetto e finito. Infatti, anche se egli è condotto alla croce ed è consumato in tutto e se è resuscitato dai morti, questo non ci aprirà tutte le cose nel loro pieno compimento. Abbiamo bisogno di un Altro ancora che ci apra e ci riveli la totalità. Ascolta il Signore stesso che dice nell’Evangelo: “Io ho ancora molte cose da dirvi, ma voi non potete ancora intenderle. Verrà lo Spirito di verità, che procede dal Padre. Esso riceverà da me e vi insegnerà tutto” ” (cit. in J.Daniélou: Origène – Il genio del Cristianesimo – Arkeios, Roma 1991, p. 159);
16) R.Steiner: Il mistero della Trinità – Tilopa, Roma 1989, pp. 66, 67 e 68;
17) M.Scaligero: Dell’amore immortale – Tilopa, Roma 1982, p. 11;
18) R.Steiner: La missione di singole anime di popolo – Antroposofica, Milano 1983, pp. 90 e 91;
19) tantomeno si tratta di pensare il tre quale due più uno o uno più due. Osserva infatti Bulgakov che la teologia occidentale e quella orientale, a causa della loro impostazione “causale”, “riducono la Trinità in due diadi”: la prima, ponendo “il Padre e il Figlio in relazione reciproca da un lato, e lo Spirito Santo da essi causato (originato) in comune dall’altro”; la seconda, ponendo invece “l’ipostasi del Padre, da un lato, e le due ipostasi del Figlio e dello Spirito Santo dall’altro, entrambe causate dal Padre, ma senza rapporto reciproco, e senza reciproca caratterizzazione delle rispettive relazioni di origine dall’ipostasi paterna” (pp. 62-63);
20) R.Steiner: Il mistero della Trinità, pp. 68-69;
21) un esempio del primo potrebbe essere dato dal Dio nell’inconscio (Morcelliana, Brescia 1975) di Viktor Frankl, seguace dell’Antico Testamento; del secondo, dal Dio dei mistici;
22) diciamo “cosciente o precosciente” perché lo Spirito Santo è collegato, mediante la terza Gerarchia, col pensare vivente (eterico), e non con quello riflesso (fisico). “Nessun’altra attività animica dell’uomo – scrive a questo proposito Steiner – è così facile a misconoscersi quanto il pensare. Il volere, il sentire, continuano a riscaldare l’anima umana anche in seguito, nel rivivere lo stato d’animo originale. Troppo facilmente, invece, il pensare, nella rievocazione, lascia freddi: esso sembra inaridire la vita dell’anima. Ma questo è proprio soltanto l’ombra fortemente attiva della sua realtà intessuta di luce e immergentesi con calore nelle manifestazioni del mondo. Questo immergersi avviene con una forza fluente entro la stessa attività pensante, la quale è forza d’amore di natura spirituale” (La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, p. 120). Nella nota: “Omo mittite a ppensare” (20 settembre 2005), abbiamo peraltro osservato che, condizionati come siamo dal materialismo (o dal suo pendant, lo spiritualismo), riusciamo di solito ad apprezzare la “santità” del comportamento esteriore (del volere), un po’ meno la “santità” della vita dell’anima (del sentire), e quasi per nulla la “santità” della vita dello spirito (del pensare);
23) M.Scaligero: op. cit., p. 20;
24) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni – Antroposofica, Milano 1995, pp. 183 e 184;
25) cfr. Il vetro e lo specchio, 14 luglio 2005.

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Di Francesco Giorgi
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