In un articolo, titolato: Diamo il Nobel a papa Ratzinger (sottotitolato: Benedetto XVI, come i fisici che hanno “fotografato” la nascita dell’universo, esalta la razionalità del cosmo), Antonio Socci riporta quest’affermazione di Manuele Paleologo (fatta propria dall’attuale pontefice): “Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”; quest’altra di Albert Einstein: “E’ certo che alla base di ogni lavoro scientifico si trova la convinzione, analoga al sentimento religioso, che il mondo è fondato sulla ragione e può essere compreso” (“Dio non gioca ai dadi”); e poi, citando Ratzinger, ricorda che “per la dottrina musulmana Dio è assolutamente trascendente”, che “la sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza”, mentre per i cristiani “è vero quanto annuncia il Vangelo di S.Giovanni: “In principio era il logos e il logos è Dio””: e cioè, che “Dio agisce, crea il mondo, con il logos (che significa ragione e parola)”, e ch’è per questo che “il cosmo è conoscibile alla mente umana che ne scopre le leggi razionali” (Libero, 8 0ttobre 2006).
Ma se sono queste le ragioni per conferire “il Nobel a papa Ratzinger”, perché allora non conferirlo, seppure postumo, a Georg Wilhelm Friedrich Hegel, che, nella prefazione ai suoi Lineamenti di filosofia del diritto (Laterza, Roma-Bari 1996, p. 14) ha affermato: “Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale”? E perché inoltre ostinarsi a rigettare o condannare ogni forma di gnosticismo (quale antitesi – s’intende – dell’agnosticismo)?
O vale forse il principio che, per non andare contro “la natura di Dio”, bisogna agire, sì, “secondo ragione” ed esaltare “la razionalità del cosmo”, ma stando ben attenti a non “esagerare”, per evitare così il rischio di ridimensionare il ruolo dell’autorità pontificia, dei dogmi e della fede?
11/10/2006
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