23/11/2006

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Dopo i penosi fatti accaduti nell’Istituto professionale statale (“per i servizi della pubblicità”) di Torino, intitolato al grafico Albe Steiner (1913-1974), e quindi in una scuola che non ha nulla a che vedere – sarà bene sottolinearlo – con quelle che s’ispirano ai principi pedagogici di Rudolf Steiner, ed altri fatti non meno inquietanti di cui si sono resi protagonisti sempre i giovani, sono apparsi sulla stampa numerosi e preoccupati articoli.
In uno di questi, ad esempio, titolato “Ragazzini registi e attori di film hard sui cellulari”, Fabio Florindi scrive: “”Gioventù bruciata”. Mai come in questi giorni di stupri di gruppo, baby gang e orge amatoriali, il titolo di questo classico del cinema sembra così azzeccato” (Libero, 19 novembre 2006).
In un altro, titolato “Vent’anni di scemitudine. La tv peggiora la specie”, Marcello Veneziani scrive invece: “Il racket della demenza organizzata non finisce certo in tv; navigate su internet, per esempio, andate al pub o in discoteca, guardatevi intorno. Vedrete che c’è una pedagogia di massa che punta rigorosamente a dare un’istruzione pubblica all’idiozia privata dei ragazzi. Nuovo libro di Marquez sui ragazzi del 2000: Vent’anni di scemitudine. Poi vi lamentate del bullismo, dell’abuso di canne e di erbe, del sesso filmato, della telefonino-dipendenza, del nottambulismo e della perdita della mattina nei ragazzi, dell’anoressia e della bulimia giovanile, dell’allergia alla lettura e alla cultura nei ragazzi, e del morbillo di Alzheimer, come lo chiamai in un libro, che prende i teen-agers che perdono pezzi di realtà, di legami e di conoscenza. E guai se osi dire che ci vorrebbe un po’ di educazione” (Libero, 22 novembre 2006).
Già, ma quale educazione?
Nella “Noterella” del 2 marzo 2005, ci eravamo ad esempio chiesti: con quali sentimenti andrà incontro ai suoi allievi un insegnante convinto – in base ai risultati dell’odierna ricerca scientifica (materialistica) – di avere di fronte a sé: 1) dei casuali prodotti dell’incontro di un ovulo con uno spermatozoo, e per ciò stesso degli embrioni, vale a dire dei “riccioli di materia” (“Noterella” 14 dicembre 2003) o degli “aggregati di cellule” (“Noterella” 4 luglio 2005), che sono diventati “uomini”, ma che – come insegna Emanuele Severino – potevano diventare anche “non-uomini”; 2) degli “incidenti congelati” dell’evoluzione filogenetica; 3) degli “psicozoi” che hanno soltanto ventimila geni (“I rospi, il frumento o il riso, ne hanno almeno cinquanta volte tanti”); 4) dei mammiferi che hanno “moltissime” cose in comune con le scimmie o con i topi (“Il topo è un mammifero e ci si possono studiare cose molto più vicine a noi e al nostro stile di vita”); 5) degli “animali intelligenti” la cui intera attività mentale – stando alla “Ipotesi Forte dell’Intelligenza Artificiale” (I.F.I.A.) – “sarebbe programmabile su computer”?
Ma avremmo potuto anche chiederci: con quali sentimenti andrà incontro alla vita, al mondo e agli altri un giovane che non solo apprenda, in un modo o nell’altro, le stesse cose, ma cui arrivi pure all’orecchio che dei suoi “vizi” o delle sue “virtù” (come documentano altre nostre “Noterelle”, e in particolare quella del 22 luglio 2004)) sono responsabili il cervello o i geni, e non lui?
Nel 1919, Steiner ha del resto affermato: “Se lasciamo che ancora per tre decenni si continui a insegnare come si fa ora nelle nostre università, che si continui a pensare sulle questioni sociali come si fa attualmente, avremo fra trent’anni un’Europa devastata (…) Se non ci si trasformerà, se non si muterà pensiero, verrà il diluvio morale sopra l’Europa” (La missione di Michele – Antroposofica, Milano 1981, p. 183).
Se strazia dunque assistere a questo “rogo” animico della gioventù (a questa “strage degli innocenti”), indigna invece ascoltare le lagnanze dei “piromani”: di quanti, ossia, si mostrano sorpresi e scandalizzati dagli orrori etici derivanti, essenzialmente, dalla semina dei loro errori noetici.

Di Lucio Russo
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