Nel Vangelo di Matteo, un “angelo del Signore” appare in sogno a Giuseppe e gli dice: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1,20).
Nel Vangelo di Luca, invece, è l’”angelo Gabriele” ad apparire a Maria e a dirle: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35).
Lo Spirito Santo presiede dunque, sia alla nascita del bambino Gesù (bigenito) nella Maria di Matteo, sia a quella del bambino Gesù (bigenito) nella Maria di Luca, così come presiederà poi, al momento del battesimo nel Giordano, alla nascita del Cristo (Unigenito) in Gesù, e poi ancora, il giorno della Pentecoste, alla nascita del Cristo (risorto) nelle anime degli Apostoli.
La prima di queste sue azioni è però indiretta: cioè a dire, si compie, materialmente o fisicamente, mediante i genitori naturali. Solo così si spiega il perché Matteo, nella sua genealogia, che va dal passato (da Abramo) al presente (a Gesù), riconosca un Giuseppe quale padre del bambino discendente da Salomone (figlio di Davide), e il perché Luca, nella sua genealogia, che va dal presente (da Gesù) al passato (ad Adamo), riconosca un secondo Giuseppe quale padre del bambino discendente da Natan (altro figlio di Davide).
Di quale natura sia tale azione indiretta, che coinvolge l’uno e l’altro Giuseppe, l’una e l’altra Maria e i due bambini Gesù, ce lo spiega Emil Bock, in questa sua bella pagina: “La coppia dei genitori nazareni (quella del Vangelo di Luca – nda), inserita dalla Provvidenza nella concatenazione degli eventi natalizi, è dotata di anime giovanissime che serbano ancora qualcosa dell’inconsapevolezza e dell’innocenza di stadi evolutivi di un lontanissimo passato. Esse non sono ancora incarnate tanto profondamente nella materialità terrestre, non sono ancora tanto deste, da sottrarsi, nel loro congiungimento procreatore, alla sfera del sonno sacro. Il bambino di cui è incinta la giovane madre nazarena davvero non è stato procreato né concepito per volontà umana, ma per volontà degli angeli e dello Spirito Santo. Maria è talmente verginale in tutto il suo essere, da non riportare alterazione alcuna neppure con la concezione. E Giuseppe, quello del Vangelo di Luca, è incline alla volontà di Dio con semplicità tanto infantile, che non avrebbe potuto neppure comprendere i dubbi che tormentavano l’altro Giuseppe, quello salomonico (…) Nella coppia di Betlemme (quella del Vangelo di Matteo – nda), invece della sognante inconsapevolezza, vive un’alta, limpida e desta maturità, ma al tempo stesso una moralità tanto elevata e pura, da farne scaturire, malgrado ogni diversità, un’armonia affine all’innocenza paradisiaca della coppia nazarena. Grazie a un destino che ha radici lontane, Giuseppe e Maria del Vangelo di Matteo sembrano predestinati a sperimentare adesso qualcosa che li innalzerà al di sopra di tutto ciò ch’era divenuto abituale in seno all’umanità. Basterà soltanto la solenne atmosfera del tempio, le mirabili circostanze e le azioni del culto che durante la cerimonia del loro matrimonio solleveranno in sfere superiori le due anime, e infine anche la direzione cautamente pianificatrice dei sacerdoti, ai quali proprio quel matrimonio stava santamente a cuore, basterà tutto questo per stendere sopra la loro unione la sfera protettiva del sacro sonno del tempio, quella sfera di cui in epoche più antiche avevano beneficiato più vasti gruppi etnici. In realtà fu piuttosto opera della Provvidenza che non delle guide del tempio, il fatto che il profondo e sacro sonno avvolgesse i due; un sonno affine a quello di Adamo nel paradiso, sonno che, come quello, spegneva la volontà umana a favore di una superiore volontà creativa. All’innocenza del paradiso, che caratterizzò la concezione del Gesù di Luca, si contrappone l’innocenza del tempio, che accompagnò la concezione del Gesù salomonico. In entrambi i casi, dalla sfera spirituale, le forze delle entità che erano al servizio del Cristo ormai vicino, poterono guidare una funzione umana che, nell’umanità, era ormai per lo più caduta in balìa della volontà passionale dell’uomo” (1).
E’ in tal modo, dunque, che lo Spirito Santo “scende” sulla Maria del Vangelo di Luca e che quanto è generato nella Maria del Vangelo di Matteo “viene dallo Spirito Santo”.
Come si vede, lo Spirito Santo (Spiritum vivificantem) presiede, in modo indiretto o diretto, alla nascita naturale dei due bambini Gesù nelle due Marie, alla nascita spirituale del Cristo in Gesù e a quella del Risorto nelle anime degli Apostoli.
“Questo Spirito – osserva appunto Steiner – è attivamente creativo, poiché con la nascita di Gesù di Nazaret infonde le sue energie nell’evoluzione dell’umanità. E nuovamente agisce in quell’atto poderoso che è il battesimo di Giovanni nel Giordano” (2).
Nessuno può pertanto ri-trovare il Cristo (3) se non trova prima lo Spirito Santo, e se, per trovare lo Spirito Santo, non trova prima la Vergine-Sophia: se prima non purifica, cioè, il proprio corpo astrale.
Spiega infatti Steiner: “Attraverso tutte le esperienze fatte nel corso della catarsi, l’uomo purifica il corpo astrale fino a trasformarlo nella “vergine Sophia”. E alla “vergine Sophia” viene incontro l’io cosmico che effettua l’illuminazione, per cui l’uomo ha intorno a sé luce spirituale. Questo secondo elemento, che si aggiunge alla “vergine Sophia”, l’esoterismo cristiano lo chiamava (e lo chiama tuttora) “lo Spirito Santo”. Per cui ci si esprime del tutto correttamente, nel senso esoterico-cristiano, dicendo: l’iniziato cristiano consegue con la sua disciplina iniziatica la purificazione del suo corpo astrale; egli trasforma il corpo astrale in vergine Sophia e viene illuminato dall’alto (o, se preferite, adombrato) dallo “Spirito Santo”, dall’io cosmico” (4).
“Solo il Cristo Gesù – però avverte – poté dare alla Terra ciò che occorre perché gli uomini possano conseguire tutto ciò. Il Cristo ha conferito alla parte spirituale della Terra le forze necessarie, perché possa avverarsi tutto quanto è connesso con l’iniziazione cristiana, quale l’abbiamo descritta” (5).
Anche le forze necessarie per purificare il corpo astrale e trasformarlo in Vergine-Sophia, ci sono date dunque dal Cristo. Ma in virtù di quale mediazione? Di quella – possiamo subito rispondere – dell’Arcangelo Michele, detto – da Steiner – il “fiammeggiante principe del pensiero“ (6), “lo spirito del vigore” (7), e più volte indicato – da noi – quale “Cavaliere della Vergine”.
Sarebbe difficile capire, altrimenti, il perché Steiner suggerisca, proprio ai fini della catarsi o della purificazione del corpo astrale, non solo di meditare ogni giorno “i primi 14 versetti del Vangelo di Giovanni” (8) o di lasciare “agire su di sé con sufficiente intensità ciò che sta scritto nel Vangelo di Giovanni” (9), ma anche di giungere a “compenetrarsi intimamente e a vivere tutto il contenuto” de La filosofia della libertà, “fino a sentire di essere divenuti capaci di riprodurre da se stessi e fedelmente i pensieri che vi sono esposti. Se qualcuno si comporta nei riguardi di quel libro (ch’è scritto proprio con questo intento) come un pianista nei riguardi del compositore d’un pezzo da eseguire, in modo da riprodurre il tutto in se stesso nel modo adeguato, allora la catarsi può prodursi in grado elevato, già solo a causa della rigorosa concatenazione dei pensieri” (10).
Per purificare il corpo astrale, occorre pertanto cominciare a purificare il pensare, liberandolo da quanto, ordinariamente, lo rende schiavo dei sensi (11). Solo un pensiero così liberato può infatti liberare dalla stessa schiavitù la coscienza, restituendole la trasparenza originaria.
Scrive appunto Paolo: “Noi ora vediamo, infatti, come per mezzo di uno specchio, in modo non chiaro; allora invece vedremo direttamente in Dio; ora conosco solo in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente nello stesso modo con cui io sono conosciuto” (1 Co 13,12).
Stupisce, perciò, che non sempre sia chiara, tra quanti si rifanno all’insegnamento di Steiner, la differenza (anche soltanto concettuale) tra la Vergine-Sophia e lo Spirito Santo. Basti pensare, ad esempio, che perfino un autore del calibro di Emil Bock, riferendosi alla Maria del Vangelo di Luca, scrive: “Nonostante tutta la sua umiltà esteriore, si tratta di un’anima umana interamente e perfettamente adombrata e compenetrata dall’anima del mondo: e, attraverso questa, da quella pura entità cosmica di luce, che il mondo antico chiamava Iside-Sofia e che il cristianesimo chiamò lo Spirito Santo” (12).
Eppure, chiunque abbia chiaro il fondamento ultimo della gerarchia costituita dal corpo fisico, dal corpo eterico, dal corpo astrale e dall’Io (cui Steiner fa corrispondere, nelle sue Massime, quella costituita dall’”opera compiuta” dell’Entità divino-spirituale, dall’”effetto operante” dell’Entità divino-spirituale, dalla “manifestazione” dell’Entità divino-spirituale e dalla ”Entità divino-spirituale” stessa) non dovrebbe far fatica a capire ch’è in virtù della forza di Michele, ovvero della vita del pensare, che ci è dato svincolarci dalla Sophia terrestre (dalla psiche neurofisiologica) e ritrovare la Sophia celeste, ovvero la luce della coscienza, e ch’è in grazia della Sophia celeste (della “vita celeste dell’anima”, dice Scaligero) (13) che ci è dato poi ricevere lo Spirito Santo, ovvero il battesimo di fuoco dell’Io spirituale (da qui l’invocazione: “Veni, Sancte Spiritus, veni per Mariam”).
A questo proposito, in un bell’articolo pubblicato da L’Archetipo, Fortunato Pavisi ricorda che – a detta di Steiner – “il Padre e il Figlio sono Esseri divini che si manifestano, mentre lo Spirito Santo non si manifesta” (14).
Anche il cattolicesimo – è vero – afferma che “la Terza Persona [della Trinità] è un Dio nascosto e invisibile” che non si manifesta (15); ciò lo induce però a sostenere che in tanto non si manifesta in quanto rappresenta “l’assoluta trascendenza” (16), in quanto è infinitamente “altro” rispetto all’uomo (17), e quindi “al di là di tutti i mezzi di avvicinamento conoscitivo” (18).
Ma la verità è un’altra. Lo Spirito Santo non si rivela, poiché è il Rivelatore: non si rivela o manifesta, cioè, poiché è attraverso di Lui (“non vi parlerà da se stesso”- Gv 16,13) che si rivela o manifesta il Figlio, così come è attraverso il Figlio che si rivela o manifesta il Padre (“In verità, vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me, e chi accoglie me, riceve colui che mi ha mandato” – Gv 13,20).
Il che sta dunque a significare che lo Spirito Santo, rappresentando l’Io o l’Essere del vero pensare, è trasparente, così come trasparente è la Vergine-Sophia (19), cui proprio in virtù di tale affinità si coniuga (20), dando così modo al Cristo di venire finalmente alla luce in ogni singola anima umana.
Queste ultime considerazioni mettono comunque in luce un ulteriore aspetto del mistero della Trinità.
Scrive Scaligero: “Tutto il Mondo cosmico-spirituale può irradiare le sue forze verso l’uomo, in quanto le fa prima confluire nel Sole. Il Sole è il grande mediatore tra il “Cielo cristallino” e la Terra” (21).
Ciò vuol dire che il Padre (collegato al calore) irradia “le sue forze verso l’uomo” facendole “prima confluire” nel Figlio (collegato al calore-luce), e che il Figlio è quindi “il grande mediatore” tra il Padre e lo Spirito Santo (collegato alla luce).
“Il Sole – afferma ancora Scaligero – è il simbolo della Luce”, ma “la Luce è invisibile” e il suo “Archetipo” non è “rappresentabile” (22).
“Rappresentabile” è infatti Lucifero, l’”archetipo” (o il portatore) della luce visibile. Sergej Prokofieff, dopo aver ricordato, in proposito, che sono “le forze di Lucifero” ad alterare “il principio cosmico dello Spirito”, riporta la seguente affermazione di Steiner: “Lucifero, liberato dall’azione svolta nelle anime degli uomini dall’impulso del Cristo, diverrà un giorno il nuovo Spirito Santo” (23).
Tenendo conto di quest’altra: Dio “è puro e schietto amore, non massima saggezza (onniscienza – nda), non massima potenza (onnipotenza – nda). Dio ha trattenuto l’amore, ha diviso però la potenza e la saggezza con Lucifero e Arimane. Ha diviso la saggezza con Lucifero e la potenza con Arimane, affinché l’uomo potesse essere libero, e sotto l’influsso della saggezza proseguire il suo cammino” (24), potremmo allora affermare che Lucifero è la contro-immagine dello Spirito Santo (collegato al pensare), mentre Arimane è la contro-immagine del Padre (collegato al volere).
Note:
01) E.Bock: Infanzia e giovinezza di Gesù – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1994, pp. 165-166;
02) R.Steiner: Pentecoste: la festa dell’individualità libera – Fior di Pesco, San Martino B.A. (VR) 2005, p. 10;
03) cfr. R.Steiner: Come ritrovare il Cristo? – Antroposofica, Milano 1988;
04) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni – Antroposofica, Milano 1995, pp. 183-184;
05) ibid., p. 184;
06) R.Steiner: Massime antroposofiche – Antroposofica, Milano 1969, p. 58;
07) R.Steiner: La Missione di Michele – Antroposofica, Milano 1981, p. 36; spiega qui Steiner: “Per il fatto che l’entità del Cristo abitò un corpo umano, passò per la morte, per questo si ebbe nell’evoluzione terrena come una scossa. Tutto in essa ha acquistato un nuovo significato; per la prima volta vi si è configurata la possibilità che l’uomo diventi capace a poco a poco di riconoscere le potenze divine creatrici durante il giorno, durante la solita veglia, vale a dire nel comune stato di coscienza (…) allo scadere del secolo diciannovesimo è iniziata l’epoca, segnalata anche dalla sapienza orientale da un tutt’altro punto di vista, nella quale gli uomini dovranno riconoscere che si è compiuto qualcosa che prima non era, che ora la facoltà in loro latente è matura per il risveglio, la facoltà di vedere nella rivelazione diurna ciò che era stato trasmesso da Michele solo nella rivelazione notturna (…) Da spirito notturno che era, Michele deve diventare spirito diurno. Per lui il mistero del Golgota significa la trasformazione da spirito notturno (incosciente o trascendente – nda) in spirito diurno (cosciente o immanente – nda)” (pp. 32-33). Ma gli uomini – avverte – devono imparare ad “andare incontro” a questa nuova “rivelazione di Michele” (p. 53);
08) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni, p. 181;
09) ibid., p. 190;
10) ibid., p. 178-179; si tenga pure presente quanto dice Steiner nelle sue Massime: nell’epoca di Michele, la spiritualità “non deve più rimanere un’esperienza incosciente, deve diventare cosciente della propria natura. Questo significa l’avvento dell’entità di Michele nell’anima umana (…) Nel freddo e astratto mondo del pensiero può penetrare la realtà spirituale satura di essere (…) Il patrimonio di conoscenze naturali acquistato sotto il segno del materialismo può venir afferrato dalla vita animica interiore in modo conforme allo spirito. Michele, che parlò “dall’alto”, può venir udito “dall’intima interiorità”, dove prenderà la sua nuova dimora. Parlando immaginativamente, possiamo dire: l’elemento solare che per lunghe epoche l’uomo ricevette in sé soltanto dal cosmo, risplenderà nell’interiorità dell’anima. L’uomo imparerà a parlare di un “sole interiore”” (op. cit., pp. 61-62);
11) scrive Scaligero: “L’uomo deve realizzare una rigorosa autocoscienza, se vuole riguadagnare il livello in cui gli sia dato ricevere l’ispirazione di Michele, cioè del vincitore degli Ostacolatori. L’ispirazione è il principio cristico dell’azione, ma necessita della mediazione micheliana, per manifestare l’elemento solare, che supera la zona di morte del sistema nervoso…” (M.Scaligero: Iside-Sophia, la dea ignota – Mediterranee, Roma 1980, p. 124);
12) E.Bock: op. cit., p. 168. Precisa per di più Steiner che “l’interiorità umana può venir paragonata all’elemento femminile”, mentre “ciò ch’è esterno all’elemento maschile”, e che “l’interiorità dev’esser resa recettiva per accogliere il sé superiore” (R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni, p. 182). Tradizionalmente, le “virtù cardinali” (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza) e le “virtù teologali” (fede, carità, speranza) vengono infatti attribuite all’“interiorità” (all’anima), e i “sette doni” (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor Dei) vengono invece attribuiti al “sé superiore” (allo Spirito Santo);
13) M.Scaligero: op. cit., p. 15;
14) L’Archetipo: mensile d’ispirazione antroposofica – anno XI, n° 11, novembre 2006, p. 24;
15) S.Martinez (a cura di): Il Vangelo dello Spirito Santo in Giovanni Paolo II – Edizioni Rinnovamento nello Spirito Santo, Roma 2005, p. 19;
16) ibid., p. 21;
17) ibid., p. 21;
18) ibid., p. 18;
19) cfr. Il vetro e lo specchio, 14 luglio 2005;
20) scrive Padre Livio Fanzaga: “Secondo la tradizione unanime della Chiesa, biblicamente fondata, Maria ha un rapporto specialissimo con lo Spirito Santo, di cui è sposa” (P.L.Fanzaga: I doni dello Spirito Santo – Sugarco, Milano 2005, p. 77). L’arcivescovo (salesiano) Angelo Amato ricorda invece che, a detta del francescano Leonardo Boff, Maria, detta “sacrario”, “tempio”, “tabernacolo” o “santuario” dello Spirito Santo, “sarebbe stata pensata da Dio come il calice completamente aperto (corsivo nostro) ad accogliere la terza Persona della santissima Trinità” (A.Amato: Maria e la Trinità – SAN PAOLO, Cinisello Balsamo (Mi) 2000, p. 100);
21) M.Scaligero: Tecniche della concentrazione interiore – Mediterranee, Roma 1985, p. 62;
22) ibid., p. 69;
23) S.O.Prokofieff: Le dodici notti sante e le gerarchie spirituali – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1990, pp. 43 e 185;
24) R.Steiner: L’amore e il suo significato nel mondo – Antroposofica, Milano 1990, pp. 12-13.