A quanti non piace che si evidenzi un nesso, se non una continuità, tra gli intenti, e non già tra le realizzazioni (ritenute da Steiner più che “dilettantesche”), della psicoanalisi freudiana (“Dove c’era l’Es, devo divenire Io”, diceva Freud) e della psicologia analitica junghiana e quelli della scienza dello spirito (cfr. In memoria della psicologia dell’inconscio, 1 febbraio 2005), e a quanti non trovano giustificato il rapporto tra i concetti filosofici di “immanenza” e “trascendenza” e quelli psicodinamici o, per meglio dire, “logodinamici” di “conscio” e “inconscio” (cfr. La fede dei laici, 20 gennaio 2005), dedichiamo questo significativo brano di Steiner:
“Ciò che rende difficile avvicinarsi con piena comprensione alla scienza dello spirito, quale è qui intesa, non è solo che bisogna pensare in modo diverso dalla coscienza ordinaria riguardo a certi enigmi della vita (enigmi che molti credono assolutamente inaccessibili alla coscienza umana e che alcuni ritengono persino posti al di là della realtà) ma che si giunge a un pensare del tutto diverso nella sua forma dal pensare della coscienza ordinaria. La scienza dello spirito giunge a un pensare che, come accennai nelle due ultime conferenze tenute qui, deve prima dischiudersi dalla coscienza ordinaria come il fiore dalla pianta non ancora fiorita. Si deve però dire che lo sviluppo della cultura umana nel secolo diciannovesimo e fino ai nostri giorni è giunto a molte idee e rappresentazioni già orientate verso la scienza dello spirito. Sebbene gli sforzi nell’ambito dello sviluppo spirituale dei tempi moderni differiscano in modo radicale dalla scienza dello spirito, tuttavia per la conoscenza di certi enigmi della vita e del mondo si avanzano richieste indirizzate verso la scienza dello spirito. Vorrei in particolare accennare ad alcune idee molto coltivate negli ultimi tempi in certe cerchie, non solo in quelle che il noto filosofo Eduard von Hartmann (autore, nel 1869, della Filosofia dell’inconscio – nda) rese popolari, ma anche in alcuni ambienti scientifici. Mi riferisco all’idea dell’inconscio, o per meglio dire del subconscio nella vita dell’anima umana.
Cerchiamo di capire che cosa si intende in sostanza con inconscio o subconscio. Anche se le persone più diverse lo interpretano nei modi più disparati alla fine che cosa ne emerge? Che nelle profondità dell’anima umana esiste qualcosa la cui essenzialità costituisce il fondamento dell’anima stessa, qualcosa che però non si può raggiungere con la coscienza ordinaria diurna e nemmeno con la coscienza scientifica. Si può quindi dire: chi parla di inconscio o subconscio nell’anima umana ne parla in modo tale che si vede quanto sia convinto che il vero essere dell’anima non può venir afferrato da tutto quanto deriva dal pensare abituale, dal sentire emotivo, dalla compenetrazione dei propri impulsi di volontà che si estrinsecano nella quotidianità e anche nella comune conoscenza scientifica. Si può dire, almeno per quanto questa idea è stata caratterizzata, che in sostanza la scienza dello spirito concorda con essa. Purtroppo sembra essere il destino della scienza dello spirito qui intesa che da un certo punto di vista si trova a dover concordare con alcuni orientamenti ideologici e d’altra parte deve percorrere in modo diverso le vie indicate da quegli stessi orientamenti” (Spirito e materia. Vita e morte – Antroposofica, Milano 1992, pp. 58-59 – corsivi nostri).
Ove ciò non bastasse, dedichiamo loro (in specie ai primi) anche quest’altro passo di Steiner, relativo al metodo di una moderna riscoperta del mondo spirituale: “Come si poteva considerare correttamente qualcosa [la rivelazione dei “segreti dei mondi”] che era destinato a divenire un vissuto di proporzioni gigantesche, al quale la stessa psicanalisi avrebbe potuto elevarsi, a patto di purificarsi, di chiarificarsi, di porsi su basi razionali, veramente scientifiche, smettendo di psicanalizzare a partire dal sangue, che, scorrendo nelle vene, raggiunge le attuali generazioni provenendo da quelle degli uomini che avevano sperimentato il problema-Edipo; di porsi quindi all’altezza di comprendere realmente le relazioni tra i mondi?” (La storia e le condizioni del movimento antroposofico in relazione alla Società Antroposofica – Tèchne, Trieste 2006, p. 69).
25/04/2007
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