Steiner individua il fulcro della vita spirituale dell’uomo nelle tre attività interiori del pensare cosciente, del sentire semi-cosciente e del volere incosciente.
Nella conferenza del 30 agosto 1919, egli spiega che “l’uomo, quale essere terreno, ha il compito tra la nascita e la morte di compenetrare a poco a poco con la logica, con tutto ciò che lo rende capace di pensare logicamente, ciò che si estrinseca come pensare conoscitivo” (1).
Concentriamo l’attenzione sul processo conoscitivo per cogliere in che modo esso si articoli e quale relazione abbia con le tre attività suddette.
Afferma Steiner: “In ogni attività logica, vale a dire pensante e conoscitiva (…) Prima di tutto abbiamo continuamente ciò che denominiamo «conclusione» [Schluss] (…) Questa attività del concludere è la più cosciente dell’uomo; l’uomo non potrebbe esprimersi mediante il linguaggio se non attraverso continue conclusioni (…) La logica scolastica spezzetta di solito i sillogismi; ma così facendo falsa quelli che si presentano nella vita ordinaria. La logica scolastica non tiene conto del fatto che noi traiamo già una conclusione ogni volta che mettiamo a fuoco un oggetto isolato” (2).
Mettendoci di fronte a un qualsiasi oggetto, il primo atto è quello di portare a coscienza ciò che vediamo; isoliamo quindi qualcosa nella sfera delle percezioni e concludiamo il processo divenendo coscienti dell’immagine di quell’oggetto. La conclusione si colloca nella coscienza di veglia ed è legata al sistema della testa in cui vive il pensare.
Prosegue poi Steiner: “La seconda [cosa che eseguiamo] è un giudizio [Urteil] (…) Anche il giudizio si sviluppa naturalmente nella vita pienamente sveglia. Ma il giudizio può già discendere nei sostrati dell’anima umana, là dove questa sogna (…) ogni giudizio che noi ci formiamo sul mondo, scende nelle profondità dell’anima sognante. Ma che cos’è quest’anima che sogna? (…) essa è piuttosto affine al sentimento” (3). Il secondo elemento che fa parte del processo conoscitivo è il giudizio il quale si colloca nella coscienza di sogno ed è legato al sistema ritmico in cui vive il sentire.
“L’ultima [cosa] – conclude Steiner – a cui perveniamo nella vita è un concetto [Begriff] (…) constateremo che i concetti che formiamo discendono fin nel più profondo dell’essere umano, fino nell’anima dormiente, quella cioè che continuamente lavora alla formazione del corpo (…) l’anima che dorme agisce fin dentro le forme del corpo” (4). Il terzo ed ultimo elemento presente nell’attività conoscitiva è il concetto che si colloca nella coscienza di sonno ed è legato al sistema del ricambio in cui vive il volere.
Il processo conoscitivo si articola, dunque, in tre successive attività che rappresentano rispettivamente le realtà del pensare, del sentire e del volere: la prima si manifesta consciamente quale conclusione, la seconda si manifesta semi-consciamente quale giudizio e la terza si manifesta inconsciamente quale concetto.
Il 13 giugno del 1921, Steiner riprende lo sviluppo dell’elemento logico nell’uomo, descrivendo le tre funzioni chiamandole, questa volta, rappresentare (Vorstellen), giudicare (Urteilen) e dedurre (Schliessen).
“Tra le funzioni logiche: rappresentare, giudicare, dedurre, – dice Steiner – solo il rappresentare è veramente una funzione della testa. Dobbiamo diventare ben consapevoli che solo il formare rappresentazioni (…) è una funzione della testa” (5). Chiediamoci ora se c’è differenza tra la conclusione (Schluss) di cui parla Steiner nel 1919 e il rappresentare (Vorstellen) di cui parla nel 1921. Essendo, la conclusione, il frutto dell’attività più cosciente dell’uomo nell’ambito del processo conoscitivo, essa non è affatto diversa da quella che Steiner chiama, anche nella Filosofia della libertà, rappresentazione. “la rappresentazione, – scrive infatti Lucio Russo – alla stessa stregua della conclusione, è ciò che di più cosciente viene sperimentato normalmente dall’uomo quale esito o termine ultimo di un complesso e sottile processo di elaborazione inconscia” (6).
Fintanto che l’oggetto della nostra conoscenza si trova davanti a noi, il suo affiorare alla coscienza quale immagine tridimensionale esteriore si chiama immagine percettiva, il suo affiorare, invece, quale immagine bidimensionale interiore richiamata dal ricordo, si chiama rappresentazione. Possiamo perciò far coincidere la conclusione con la rappresentazione o con l’immagine percettiva a seconda che ci si trovi in un ambito puramente speculativo o in un ambito in cui l’oggetto della percezione che ci rappresentiamo è presente davanti ai nostri sensi.
Nella conferenza del 1919, Steiner si riferisce poi al giudizio, dicendo: “Il rappresentare è nella realtà legato alla testa, non però il giudizio. Questo è veramente legato al sistema centrale e soprattutto alle braccia e alle mani. In realtà noi giudichiamo con le braccia e le mani (…) Possiamo dirci che il sistema centrale esiste proprio per comunicare il mondo dei sentimenti. Il sistema ritmico nell’uomo è in sostanza la sede del mondo dei sentimenti; ha il compito di trasmettere i sentimenti. Il giudicare ha infatti una profonda affinità col sentire (…) il sentimento che viene espresso nel predicato rispetto al soggetto, ha una grande importanza nel giudizio. Non osserviamo quanto il sentimento partecipi al giudizio solo perché il sentimento fa parte della sfera semi-inconscia” (7). Non vi sono differenze nella trattazione di cosa sia il giudizio rispetto a quanto affermato nel 1919; restano centrali il legame con il sistema ritmico e l’affinità con la vita semi-cosciente del sentimento.
Veniamo ora alla terza funzione logica che Steiner chiama, nel 1921, dedurre (Schliessen): “Il dedurre, il trarre conclusioni [Das Schließen, das Schlüsse bilden], è invece legato alle gambe e ai piedi (…) se non fossimo formati con gambe e piedi, non potremmo trarre deduzioni” (8).
Bisogna ora comprendere il legame tra il concetto (Begriff) di cui Steiner parla nel 1919 e il dedurre (Schliessen) di cui parla nel 1921.
Nella Filosofia della libertà, Steiner scrive: “La rappresentazione non è altro che un’intuizione riferita a una determinata percezione, un concetto che una volta si è legato con una percezione e che è rimasto connesso con quella (…) La rappresentazione è cioè un concetto individualizzato” (9). Nel processo conoscitivo, il concetto che vive nella sfera inconscia si unisce ad una percezione individuale, dando vita, nella sfera della coscienza di veglia, alla rappresentazione. Questo collegamento tra concetto e percetto è messo in atto dall’Io che porta incontro all’elemento individuale del percetto, l’elemento universale del concetto. Proprio in questo ruolo svolto dall’Io, possiamo individuare una prima relazione tra il dedurre e il concetto: dice infatti Steiner che “deduciamo con gambe e piedi, con l’io che ha il suo appoggio nelle gambe e nei piedi” (10).
Per cogliere come il dedurre si riferisca proprio alla realtà del concetto, consideriamo quanto dice Steiner nella successiva conferenza: “se pensiamo l’atto del percepire come tale, possiamo dire che percepire l’elemento volitivo, percepire ciò che facciamo partendo da noi stessi, è profondamente legato con il dedurre, non con il solo rappresentare. Quando vedo il mio corpo, esso stesso è una deduzione. La rappresentazione avviene soltanto quando rivolgo lo sguardo al corpo, ma mentre eseguo un determinato procedimento semi-inconscio o subcosciente, riunisco secondo giudizio le cose che fanno sperimentare il tutto, concludendo con la frase: «Questo è dunque un corpo». Qui vi è però già la percezione di una deduzione. Mentre percepisco comprendendo, formo deduzioni. In esse sta tutto l’uomo” (11).
Potremmo dunque dire così: quando vedo il mio corpo, prima che esso si manifesti coscientemente come rappresentazione, esso stesso è un concetto. Solo dopo che l’Io ha compiuto la sintesi tra la percezione del mio corpo e il suo concetto, si manifesta nella coscienza l’immagine che chiamo rappresentazione. Il “procedimento semi-inconscio” con cui “riunisco secondo giudizio le cose che fanno sperimentare il tutto” è proprio l’attività del giudicare che esiste tutte le volte in cui si mettono in rapporto tra loro dei concetti, cioè “le cose che fanno sperimentare il tutto”. Solo alla fine giungo al termine di un processo che si svolge inconsciamente per quanto riguarda il cogliere i concetti (il dedurre), semi-inconsciamente per quanto riguarda la relazione tra i singoli concetti (giudicare), e consciamente per il suo termine ultimo (la rappresentazione).
Scrive Lucio Russo che “una cosa è l’inconscio processo creativo che, muovendo dall’Io, discende prima ai concetti, poi ai giudizi, e infine alla cosciente conclusione o rappresentazione, altra il cosciente processo conoscitivo che, muovendo all’inverso dalla conclusione o rappresentazione, risale prima ai giudizi, poi ai concetti, e infine all’Io” (12). Nel processo conoscitivo proprio della logica cui fa riferimento Steiner, il punto di partenza è un elemento cosciente dal quale ci si muove per raggiungere successivamente gli altri due. Bisogna però notare che la coscienza con cui si sperimenta la rappresentazione, non può essere la medesima con cui si sperimentano il giudizio e il concetto; con tale coscienza rappresentativa, infatti, non sperimenteremmo davvero i giudizi e i concetti ma solo le loro ombre astratte, ne prenderemmo “cioè coscienza (riflessa) senza salire affatto di livello, e senza perciò penetrare in quel mondo subcosciente o sognante in cui si svolge il giudicare, né in quello incosciente o dormiente in cui sono i concetti” (13).
Questo’ultimo aspetto ha una diretta conseguenza nell’insegnamento scolastico in quanto, nell’educazione, abbiamo a che fare con un processo conoscitivo rivolto a degli esseri in sviluppo. Steiner spiega che “la conclusione non dovrebbe mai scendere dove l’anima sogna”, dove cioè vive la natura del giudizio. Cosa avviene se nutriamo i bambini, durante gli anni di scuola, con giudizi e concetti morti, cioè rappresentazioni astratte di giudizi e concetti? Non facciamo altro che nutrirli con qualcosa che precipita nella loro anima come una pietra e si trasforma in una abitudine psichica che, nel loro futuro di adulti, diverrà un pregiudizio.
Se la rappresentazione non deve scendere dove l’anima sogna, cosa può invece farlo? Il sentire non può digerire le rappresentazioni a causa della loro natura astratta, morta e immobile. Ciò che ha invece affinità con il sentire, e quindi con la natura del giudizio, è un elemento di vita, di mobilità. Quando Steiner insiste sul portare l’insegnamento attraverso immagini, egli si riferisce, come spiega Lucio Russo, alla viva immagine pre-cosciente che “scaturisce direttamente dal giudizio” mentre la morta rappresentazione cosciente ne scaturisce indirettamente poiché è frutto del suo riflettersi nello specchio cerebrale. “I giudizi (le immagini pre-coscienti) in quanto vivi e mobili, possono dunque modificarsi e accompagnare così in modo fluido la crescita animica del fanciullo” (14).
Quando si lavora in classe, bisogna tenere conto, dunque, dei seguenti aspetti:
1. il processo che si instaura durante una lezione è un processo conoscitivo che si articola rispettivamente in rappresentazione cosciente, giudizio semi-cosciente e deduzione incosciente;
2. questi tre elementi vanno suscitati in tre modi e tre momenti diversi, facendo appello alle tre diverse facoltà del bambino, il pensare, il sentire e il volere;
3. bisogna evitare di avvicinarsi alla vita del sentimento o della volontà con delle rappresentazioni astratte la cui natura è invece affine solo alla vita del pensare;
4. per educare la vita del sentimento è necessario interagire con la sfera del giudizio e, per fare ciò, è necessario suscitare nel bambino non rappresentazioni coscienti ma immagini pre-coscienti;
5. l’educatore deve passare dalla coscienza rappresentativa ad un secondo grado di coscienza che Steiner chiama coscienza immaginativa se vuole educare correttamente la vita del giudizio.
Processo conoscitivo |
Processo conoscitivo |
Facoltà animica |
Tipo di coscienza |
Attività |
Sistema |
Conclusione |
Rappresentazione |
Pensare |
Veglia |
Cosciente |
Neuro-sensoriale |
Giudizio |
Giudizio |
Sentire |
Sogno |
Semi-cosciente |
Ritmico |
Concetto |
Deduzione |
volere |
Sonno |
incosciente |
Arti-ricambio |
Chiediamoci ora: in che modo possiamo organizzare le lezioni relative all’insegnamento principale (15) al fine di educare organicamente tutte queste tre sfere? Steiner dà delle indicazioni precise, prendendo come esempio lo svolgimento della lezione di Fisica che viene articolata in tre diversi momenti, due che precedono il sonno e uno che lo segue.
Il primo momento è dedicato al fenomeno; l’insegnante porta agli allievi un esperimento. In questa fase il ragazzo si dedica attraverso l’attività percettiva a qualcosa che avviene fuori di lui. L’allievo è attivo con tutto se stesso nel processo conoscitivo in quanto si svolgono in lui rappresentazioni, giudizi e deduzioni: vede i singoli elementi che costituiscono l’apparato sperimentale (immagini percettive), coglie il significato dei singoli oggetti (deduzioni), mette in relazione le singole deduzioni nella loro giusta sequenza (giudizi).
Mentre si effettua un esperimento, quindi, è coinvolto tutto l’uomo, ma tale coinvolgimento è troppo impegnativo per l’individuo. Steiner dice infatti “l’essere umano, nella sua organizzazione normale, è troppo debole per essere sempre impegnato nel suo complesso, e quindi non va bene. È sempre troppo se impegno il ragazzo nella sua totalità. Egli esce sempre troppo fuori da sé, quando faccio esperimenti davanti a lui e dirigo la sua attenzione verso il mondo esterno” (16). Inoltre, in questa fase, la vita del giudizio è attiva in maniera semi-cosciente e quella della deduzione in maniera incosciente, dunque non sto agendo direttamente né sulla vita del sentire, né sulla vita del volere; il processo conoscitivo si svolge interamente, ma affiorano alla coscienza dell’allievo solo le immagini percettive. “Non diamo ancora – dice Steiner – qualcosa di molto efficace per l’educazione” in quanto non lavoriamo direttamente sul sentire e sul volere ma solo indirettamente; suscitiamo dunque rappresentazioni, giudizi e deduzioni attraverso il sistema neuro-sensoriale.
“Poi – prosegue Steiner – svio l’attenzione dei ragazzi dagli apparecchi che ho usato e ripasso tutto. Mentre faccio appello al ricordo di quanto si è sperimentato direttamente, ripasso tutto. Quando si ripassa qualcosa, quando quasi lo si riassume, lo si ripassa in rassegna senza che vi sia l’osservazione, e ne risulta particolarmente vivificato il sistema ritmico” (17). Vivificare il sistema ritmico significa agire direttamente sulla vita del sentire e, quindi, sul giudizio. Ricordando ciò che abbiamo detto rispetto all’immagine quale idoneo strumento per agire direttamente nella sfera del sentire, capiamo che riassumere l’esperienza in un’immagine unica permette di raggiungere la sfera del sentimento. Proprio in questa fase possiamo collocare il disegno alla lavagna che incarna l’esperimento in una visione sintetica. Non dimentichiamoci, però, che nel momento in cui ripasso qualcosa, faccio appello anche alla rappresentazione e ai concetti: se nel ripercorrere l’esperimento faccio riferimento ad una bacchetta di vetro, nell’allievo sorge la rappresentazione della bacchetta e, assieme ad essa, anche il suo concetto. Suscitiamo, dunque rappresentazioni, giudizi e concetti, attraverso il sistema ritmico.
All’interno di una lezione, dopo aver sollecitato il sistema neuro-sensoriale attraverso l’osservazione dell’esperimento e il sistema ritmico attraverso il ripercorrere in immagini ciò che si è sperimentato, interviene il momento della pausa dovuta al sonno notturno; “Nel sonno – dice Steiner – ciò che ho messo in azione prima in tutto il ragazzo, poi nel sistema ritmico, continua a vivere nelle membra, quando corpo astrale e io sono usciti. Ora vogliamo osservare ciò che rimane nel letto e che fa risuonare quanto ho svolto col ragazzo: tutto quel che si è formato nel ragazzo nel suo complesso e quel che si è formato nel sistema ritmico fluisce per così dire nel sistema della testa. Se ne formano immagini nel sistema della testa. Il ragazzo se le trova pronte quando si desta il mattino seguente e viene a scuola (…) è tutto nella testa come un’immagine” (18).
Durante la vita di veglia, l’esperienza cosciente dell’uomo è principalmente collocata nella sfera del capo. Per capire ciò, facciamo riferimento alla trentaduesima delle Massime Antroposofiche in cui Steiner afferma: “La parte fisica e quella eterica del capo stanno come immagini concluse dello spirituale, e accanto ad esse stanno la parte astrale e quella dell’io, come entità animico-spirituale autonoma. Nel capo dell’uomo si ha dunque a che fare con un’evoluzione parallela delle parti relativamente autonome fisica ed eterica da un lato, dell’organizzazione astrale e di quella dell’io dall’altra” (19). Steiner, nella prima conferenza del ciclo “la missione di Michele”, dà un’immagine che può spiegare la massima appena citata: “Pensiamo ora in forma di immagine una superficie di mare attraversata a guado dall’uomo che procede in modo che solo il suo capo emerga, e avremo in tale immagine, che è beninteso solo un’immagine, la posizione dell’uomo attuale” (20).
La testa che emerge dal mare rappresenta la vita relativamente indipendente dell’organizzazione animico-spirituale rispetto a quella eterico-fisica nel capo. Proprio tale indipendenza rende possibile il risvegliarsi della coscienza poiché l’Io e l’astrale nella zona del capo possono rispecchiare la loro attività utilizzando l’elemento fisico-eterico a cui sono debolmente legati. Di notte, dopo esserci addormentati, il mare si solleva e sommerge completamente la testa; l’organizzazione animico–spirituale del capo si unisce alla sua controparte eterico-fisica proprio come di giorno avviene nel resto del corpo. In poche parole, quando la sera andiamo a dormire, l’elemento animico-spirituale dell’uomo si sgancia dal polo della testa, nel senso che rinuncia alla sua oggettività cosciente, per immergersi completamente nel mondo spirituale; ciò ha come effetto la perdita della coscienza di veglia e la comparsa della coscienza di sonno. da questa immagine possiamo concludere che l’Io e il corpo astrale, i costituenti della parte animico-spirituale dell’uomo che durante il giorno è autonoma nella sfera del capo, attraversano, durante il sonno, questo guado per immergersi nel mondo spirituale che vive nelle membra del corpo; potremmo dire che l’Io e il corpo astrale escono dal capo per entrare nelle membra.
Ciò che il giorno precedente è quindi vissuto principalmente nel capo attraverso l’esperienza neuro-sensoriale e nella sfera mediana attraverso l’esperienza ritmica, durante la notte subisce una sorta di maturazione spirituale nelle membra per poi fluire nel sistema della testa in forma di immagine. Questa immagine è differente rispetto a quella che il giorno precedente poteva parlare alla vita del giudizio nell’interiorità dell’allievo; essa è infatti ora ricca di sostanza spirituale che dalle profondità della vita del ricambio vuole essere portata alla coscienza.
Quando, il giorno seguente, il ragazzo si sveglia per venire a scuola, egli trova “tutto nella testa” in forma di immagine. Veniamo così al terzo momento della lezione: giunto in classe, l’insegnante richiama l’immagine con cui aveva lasciato gli allievi il giorno precedente; insieme a loro, attraverso domande e considerazioni, suscita la riflessione sull’immagine che è pronta per essere illuminata dall’attività pensante. In questo modo si porta a piena chiarezza quel “tutto” che si presenta in forma di immagine maturata dal sonno notturno. Anche in questa terza fase, con il nostro insegnamento, suscitiamo rappresentazioni, giudizi e concetti, ma lo facciamo attraverso il sistema del ricambio che ha fecondato l’immagine del giorno precedente con l’elemento spirituale.
Potremmo concludere dicendo che il processo educativo della pedagogia Waldorf, svolgendosi correttamente nel rispetto delle tre fasi sopra descritte, ha lo scopo di formare nel bambino le facoltà attraverso le quali, nel suo futuro, si sviluppi una naturale predisposizione al corretto processo conoscitivo che coinvolge l’uomo nella sua totalità di corpo, anima e spirito.
1) Rudolf Steiner: Arte dell’educazione I – Antropologia – Antroposofica, Milano 1999, p.132;
2) Ibid. , pp.132-133;
3) Ibid. , p.135;
4) Ibid. , p.135;
5) Rudolf Steiner: Insegnamento e conoscenza dell’uomo – Antroposofica, Milano 1986, p.23;
6) Lucio Russo: Del “moto pendolare vivente” – articolo pubblicato il 01/03/03 sul sito dell’Osservatorio Scientifico Spirituale, https://www.ospi.it/ospi/articoli/focusart_1024.asp?id=25;
7) Rudolf Steiner: Insegnamento e conoscenza dell’uomo – pp.24-25;
8) Ibid., p.25;
9) Rudolf Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1997, p.80;
10) Steiner: Insegnamento e conoscenza dell’uomo – p.25;
11) Ibid., p.40;
12) Lucio Russo: Antropologia, 24° incontro – pubblicato il 08/08/08 sul sito dell’Osservatorio Scientifico Spirituale, https://www.ospi.it/ospi/articoli/focusart_1024.asp?id=263;
13) Ibid.;
14) Ibid.;
15) Con insegnamento principale (Hauptunterricht) si intende l’insegnamento di una materia scolastica che, nella scuola Waldorf, avviene durante le prime due ore della mattina. L’insegnamento di quella stessa materia prosegue per un periodo di 3 o 4 settimane sempre nello stesso orario. Dopo questo periodo, si passa per lo stesso intervallo di tempo e sempre nelle prime due ore, ad un’altra materia curricolare;
16) Steiner: Insegnamento e conoscenza dell’uomo – pp.40-41;
17) Ibid. , p.40;
18) Ibid. , p.41;
19) Rudolf Steiner: Massime antroposofiche – Antroposofica, Milano 1969, pp.26-27;
20) Rudolf Steiner: La missione di Michele – Antroposofica, Milano 1981, p.9.