23/12/2010

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“L’illusione [ottica] rivela il modo in cui il sistema visivo si vale della prospettiva come ausilio per costruire la nostra percezione degli oggetti tridimensionali; e diciamo “costruire” perché il sistema visivo non ha alcun accesso diretto a informazioni sulla tridimensionalità del mondo. La nostra percezione della profondità è l’esito di un insieme di calcoli neurali, che si fondano su alcune regole …”.
“Proprio come il pittore crea l’illusione della profondità su una tela piatta, il nostro cervello crea l’illusione della profondità basandosi sulle informazioni che arrivano dalla nostra retina, essenzialmente bidimensionale. Le illusioni ottiche mostrano che profondità, colore, luminosità e forma non sono termini assoluti, ma esperienze soggettive e relative, costruite attivamente da complicati circuiti cerebrali…”.
(Mente & cervello, n. 72, dicembre 2010, anno VIII, pp. 29-30)

“Lo spazio è una veduta delle cose, un modo in cui il nostro spirito le raccoglie in unità. Le tre dimensioni vi hanno la parte seguente: la prima dimensione stabilisce una relazione tra due percezioni sensibili; è dunque una rappresentazione concreta. La seconda dimensione mette in relazione tra loro due rappresentazioni concrete, e con ciò passa nel campo dell’astrazione. Finalmente la terza dimensione non stabilisce più altro che l’unità ideale tra le astrazioni (…) “Qui” significa: in vicinanza di un oggetto da me indicato. Ma con ciò l’indicazione assoluta di luogo è ricondotta a un rapporto di spazio (…) Che cosa è, secondo le indagini precedenti, lo spazio? Dovremo rispondere: Null’altro che una necessità, insita nelle cose, di superare la loro separazione in maniera affatto esteriore, senza entrare nel merito della loro essenza, e di riunirle in un’unità, già nella maniera puramente esteriore che si è detta. Lo spazio è dunque un modo di afferrare il mondo come un’unità. Lo spazio è un’idea. Non come credeva Kant una percezione”.
(R.Steiner: Le opere scientifiche di Goethe – Melita, Genova 1988, pp. 211-212)

“Delle tre dimensioni del mondo che appare, una sola invero è fisica, o spaziale: le altre due sono relazioni di pensiero, o di immediata rappresentazione. La prima ricostituzione dello spazio come ente eterico, è un processo di immediato pensiero. La II dimensione, infatti, come rapporto tra linearità fisiche, è necessariamente concettuale. La III, come dimensione della profondità, è ideale, in quanto è relazione tra rapporti, cioè tra enti concettuali. Perciò la verità della dimensione fisica, o spaziale, è la idealità della III. L’idea risale il processo della formazione fisica, o tridimensionale, ogni volta che concepisce lo spazio: dal punto alla retta (I), dalla retta alla superficie (II), dalla superficie al volume (III)”.
(M.Scaligero: Reincarnazione e karma – Mediterranee 1993, p. 126)

Esempio:
I dimensione: abbiamo due “rappresentazioni concrete”, quando giudichiamo che la “percezione sensibile” (il fenomeno o l’oggetto) A è lontana dalla “percezione sensibile” B e che la “percezione sensibile” C è vicina alla “percezione sensibile” D;
II dimensione: abbiamo due “rappresentazioni astratte” (indipendenti, ossia, dalla percezione sensibile), quando mettiamo in relazione tra loro (concettualmente, e quindi a prescindere da A, B, C e D) le due rappresentazioni “lontano” e “vicino”;
III dimensione: abbiamo l’”unità ideale” tra la rappresentazione astratta “lontano” e la rappresentazione astratta “vicino”, quando realizziamo ciò che le accomuna: quando realizziamo, cioè, che tanto la prima che la seconda non sono che due forme particolari assunte dall’idea universale dello spazio (o due opposte determinazioni della stessa idea).
Ogni volta che concepiamo l’idea dello spazio, risaliamo dunque, inconsciamente, dalla prima alla terza dimensione.

“Nelle illusioni ambigue, (…) il cervello interpreta la stessa immagine in due modi diversi, e le due interpretazioni risultano mutuamente esclusive. E’ possibile vedere l’una o l’altra delle due possibili immagini, ma non tutte e due allo stesso tempo. Queste cosiddette figure ambigue sono uno strumento particolarmente efficace per dissociare la percezione soggettiva dal mondo fisico. L’oggetto fisico non cambia affatto, eppure la nostra percezione oscilla fra due o più interpretazioni possibili”.
(Mente & cervello, n. 72, dicembre 2010, anno VIII, p. 26)

“La figura è quella che è, e gli stimoli che raggiungono gli occhi sono sempre gli stessi. Siamo noi che, muovendo il pensare, giudichiamo tali stimoli una volta come “vaso”, l’altra come “due profili”, o viceversa. Siamo noi, insomma, che portiamo incontro ai medesimi stimoli due concetti diversi; questi generano poi due diverse rappresentazioni che, proiettate all’esterno, si traducono in due diverse immagini percettive (…) Un’unica figura contiene tanto il vaso che i due profili. Il pensare non può però produrre, a un tempo, due concetti diversi (…) Se si fa una cosa non se ne può fare simultaneamente un’altra”.
(L.Russo: Dialoghi sulla libertà (3) , 25 aprile 2009)

Riguardo a quanto afferma Mente & cervello, una curiosità: dal momento che non possono avere natura materiale, altrimenti li patiremmo al pari di quelli renali o biliari, quale natura avranno allora i “calcoli neurali”?

Di Lucio Russo
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