23) “Varcando la soglia della morte, l’uomo entra nel mondo spirituale, e sente come si stacchino da lui tutte le impressioni e i contenuti dell’anima che, mediante i sensi corporei e il cervello, egli si era acquistati nella vita. Alla sua coscienza si presenta allora in un vasto panorama di immagini quel contenuto della vita che, durante la sua peregrinazione terrena, poté essere accolto nella memoria in forma di pensieri senza immagini, oppure quello che è sì rimasto inosservato per la coscienza terrena, ma che ha prodotto sull’anima un’impressione subcosciente. In pochi giorni queste immagini impallidiscono fino a scomparire. Scomparse che siano, l’uomo sa di aver deposto anche il suo corpo eterico, nel quale può riconoscere il portatore di quelle immagini”.
“Varcando la soglia della morte” entriamo in quel mondo spirituale in cui siamo già stati tutte le volte che durante la vita abbiamo dormito, e che, quali Io, non abbiamo in realtà mai lasciato.
Se ne fossimo al di fuori (in qualità, ripeto, di Io), mai potremmo infatti usufruire di quelle intuizioni, ispirazioni e immaginazioni che sono all’origine di ogni nostro atto conoscitivo e creativo (in specie morale).
Entriamo dunque nel mondo spirituale, e sentiamo come si stacchino da noi “tutte le impressioni e i contenuti dell’anima che, mediante i sensi corporei e il cervello”, ci eravamo acquistati nella vita.
Insieme al corpo fisico, deponiamo quindi tutto ciò che ci eravamo guadagnati per suo mezzo (“mediante i sensi corporei e il cervello”).
In altri termini, insieme al nostro corpo “spaziale” (fisico), deponiamo tutte le nostre rappresentazioni: ossia, tutto il nostro sapere, tutta la nostra erudizione o – come si usa oggi dire – tutto il nostro “capitale intellettuale”.
Allorché cominciamo invece a deporre il nostro corpo “temporale” (eterico), si presenta alla nostra coscienza, dice Steiner, “in un vasto panorama di immagini, quel contenuto della vita” che, durante l’esistenza terrena, “poté essere accolto nella memoria in forma di pensieri senza immagini [non perciò in forma di rappresentazioni], oppure quello che è sì rimasto inosservato per la coscienza terrena, ma che ha prodotto sull’anima un’impressione subcosciente” [e del quale non è stato quindi possibile farsi una rappresentazione]; “in pochi giorni, – aggiunge – queste immagini impallidiscono fino a scomparire”.
In un primo tempo, abbandoniamo dunque il bagaglio della nostra vita cosciente, mentre, in un secondo tempo, abbandoniamo quello della nostra vita subcosciente (sognante).
Il corpo fisico (quello delle rappresentazioni “spaziali”) lo restituiamo alla Terra, mentre il corpo eterico (quello delle immagini “temporali”) in parte si disperde nell’etere universale e in parte viene restituito alla terza Gerarchia (alla Gerarchia del pensare). Sono gli Angeli, in particolare, a inspirare la parte del corpo eterico da noi trasformata ed espirata (così come sono gli Arcangeli e le Archài a inspirare, rispettivamente, la parte del corpo astrale e dell’Io da noi trasformate) (1).
Il “panorama d’immagini” che ci si presenta subito dopo la morte è dunque l’esperienza “immaginativa” del contenuto, “in forma di pensieri senza immagini”, della nostra memoria, che da mondo interno, quale ordinariamente lo sperimentiamo, ci si presenta quale mondo esterno, o che si trasforma, potremmo anche dire, da immagine mnemonica in immagine percettiva (bidimensionale).
Sappiamo, infatti, che una cosa sono i ricordi in sé (i “pensieri senza immagini”, gli “engrammi” o le “tracce mnestiche”), altra le rappresentazioni di quella parte di tali ricordi che siamo normalmente in grado di riportare alla coscienza; e sappiamo pure che per ricordare, per riportare cioè il passato al presente, dobbiamo dare sempre di nuovo forma rappresentativa (quella delle immagini mnemoniche, che appartengono al presente) ai ricordi in sé (che appartengono al passato, e che sono privi, come i concetti, di forma).
In ogni caso, l’Io, una volta spogliatosi di questi corpi (nonché, come vedremo tra breve, di quello astrale), resta “nudo” o “come Dio l’ha fatto” (mediante gli Elohim o Spiriti della forma): torna cioè a essere l’entità che non ha mai cessato di essere, ma che, nella vita ordinaria, ci è rimasta sconosciuta. Ascoltate ciò che dice a questo proposito Steiner: “Quel ch’è più importante dopo la morte è che il momento del morire viene visto dall’altro lato. Si accende così dall’altro lato la nostra coscienza dell’io. Qui nel mondo fisico abbiamo per così dire un lato della coscienza dell’io [quello psicofisico dell’ego]; dopo la morte abbiamo l’altro lato della coscienza dell’io [quello che l’ego, durante la vita, sperimenta normalmente, come vedremo meglio in seguito, quale non-ego o non-io]” (2).
Come si vede, in tanto l’iniziazione consiste nel “morire prima di morire”, in quanto consiste nel fare liberamente, durante la vita, quello che si fa necessariamente dopo la morte.
Durante la vita, non possiamo spogliarci – è vero – del corpo fisico, del corpo eterico e del corpo astrale (anche se, durante il sonno, ci spogliamo in qualche modo del corpo eterico-fisico): possiamo però spogliarci dell’identificazione dell’Io con questi corpi, e, in primo luogo, di quella con il corpo fisico.
E come ci si spoglia di queste identificazioni? Sviluppando, come abbiamo già detto, l’autocoscienza: elevandosi, cioè, dall’autocoscienza rappresentativa (fisica), attraverso quella immaginativa (eterica) e quella ispirata (astrale), all’autocoscienza intuitiva (spirituale).
Riassumendo: l’Io, con una prima morte (l’unica che normalmente conosciamo), si libera del corpo fisico, restando però legato al corpo eterico e a quello astrale; poi, con una seconda morte, si libera del corpo eterico, restando però legato al corpo astrale; e infine, con una terza morte, si libera del corpo astrale, tornando così a se stesso, alla sua piena e pura vita spirituale.
Domanda: In che senso, come hai detto qualche sera fa, lo stato di veglia ordinario è un “sonno” rispetto a quello immaginativo, lo stato immaginativo è un “sonno” rispetto a quello ispirato, e lo stato ispirato è un “sonno” rispetto a quello intuitivo?
Risposta: Lo stato di veglia ordinario è un “sonno” rispetto alle realtà della vita, dell’anima e dello spirito (vedi Galilei), quello immaginativo è un “sonno” rispetto alle realtà dell’anima e dello spirito (vedi Goethe), quello ispirato è un “sonno” rispetto alla realtà dello spirito o dell’Io (vedi Hegel). Il “sonno” più profondo è dunque quello della veglia ordinaria, ch’è tale solo rispetto alla realtà della morte.
Ascolta quanto dice qui Steiner: “Quello che richiede la civiltà moderna è appunto un risveglio, mentre l’umanità desidera dormire, continuare a dormire (…) Per quanto possibile, oggi si desidera ascoltare soltanto ciò che è evidente, molto evidente, se possibile come è evidente un film. Non si ama dover seguire qualcosa per cui chi ascolta debba impegnare anche la testa, in cui si debba anche lavorare interiormente. In effetti si tende a sognare i segreti del mondo e non a lavorare interiormente attivi pensando ad essi. La via per svegliarsi è però quella di cominciare col pensare, poiché il pensare va sviluppato nell’attività. Per questo decenni fa indicai il pensiero con tanta energia nella mia Filosofia della libertà” (3).
Domanda: Approfitto anch’io per chiederti una cosa relativa alla volta scorsa: la creatività è in rapporto con il Devachan?
Risposta: Sì, con la regione del Devachan che corrisponde all’elemento del fuoco. Ti leggo ciò che dice a questo proposito Steiner: “La quarta regione del devachan contiene gli archetipi, le cause originarie di quanto di nuovo si realizza sulla terra (…) Un pensiero nuovo, un’opera d’arte, una nuova macchina portano nel mondo qualche cosa che prima non esisteva; in tutti questi campi si hanno creazioni originali. L’umanità non progredirebbe, se non venissero portate nel mondo delle cose nuove. Le creazioni originali, donate al mondo dai grandi inventori e dai grandi artisti, sono della stessa natura, se pur superiori, d’ogni altra azione originale, anche la più modesta. L’importante è che si tratti di un’opera creativa, sorta dall’intimo d’un uomo” (4).
24) “Deposto il corpo eterico, l’uomo ha come parti costitutive superstiti il corpo astrale e l’io. Finché gli resta il primo, esso fa sì che la coscienza sperimenti tutto ciò che, durante la vita terrena, ha formato il contenuto incosciente dell’anima immersa nel sonno. Questo contenuto reca i giudizi che gli esseri spirituali di un mondo superiore imprimono nel corpo astrale durante i periodi di sonno, ma che si celano alla coscienza terrena. L’uomo rivive la sua vita appena trascorsa, ma in modo che il contenuto della sua anima è ora il giudizio, pronunciato dal punto di vista del mondo dello spirito, sul suo agire e pensare. La rivive a ritroso: prima l’ultima notte, poi la penultima, e così via”.
Abbiamo parlato, trattando del corpo eterico, della memoria, del sogno e dell’immaginazione; adesso, trattando del corpo astrale, dobbiamo parlare invece del giudizio, del sonno (senza sogni) e dell’ispirazione.
Il contenuto incosciente dell’anima immersa nel sonno – dice infatti Steiner – “reca i giudizi che gli esseri spirituali di un mondo superiore imprimono nel corpo astrale durante i periodi di sonno, ma che si celano alla coscienza terrena. L’uomo rivive la sua vita appena trascorsa, ma in modo che il contenuto della sua anima è ora il giudizio, pronunciato dal punto di vista del mondo dello spirito, sul suo agire e pensare. La rivive a ritroso: prima l’ultima notte, poi la penultima, e così via”.
Partiamo da qui. Per aiutarci a capire il perché la vita appena trascorsa venga ripercorsa “a ritroso”, pensiamo a una circonferenza il cui diametro verticale individui, in alto, il punto A e, in basso, il punto B. Immaginiamo poi che la semicirconferenza che va da A a B rappresenti il tempo che va dalla nascita alla morte, mentre l’altra, quella che va da B ad A, rappresenti il tempo che va dalla morte alla nascita (in una prima fase, a una nascita nel puro mondo spirituale, ossia nel Devachan, e, in una seconda fase, a una rinascita terrena).
Risulta evidente, così, che, varcato il punto B (la soglia della morte), si risale verso il punto A, procedendo per l’appunto “a ritroso”.
Questa immagine, tuttavia, può aiutarci a capire la “modalità” di tale esperienza, ma non il suo “contenuto”. Per cercare di capire questo, dobbiamo pensare al sogno.
Che cos’è il sogno? Secondo Freud, è l’appagamento di un desiderio; secondo Jung, è un’autorappresentazione dell’inconscio (volta a compensare o equilibrare le unilateralità della vita cosciente); secondo Steiner, è l’espressione immaginativa di una ispirazione avuta durante il sonno, e quindi, prendendo a prestito il termine da La filosofia della libertà, una creazione della “fantasia morale” (cosmica).
Ma da dove proviene tale ispirazione? Proviene dalla seconda Gerarchia (quella del sentire), formata dagli Spiriti della forma, dagli Spiriti del movimento e dagli Spiriti della saggezza (la seconda, è la Gerarchia solare; la terza agisce infatti, al di qua del Sole, nelle sfere della Luna, di Mercurio e di Venere, mentre la prima agisce, al di là del Sole, nelle sfere di Marte, di Giove e di Saturno) (5).
E’ tale ispirazione, dice Steiner, a contenere “i giudizi che gli esseri spirituali di un mondo superiore imprimono nel corpo astrale durante i periodi di sonno, ma che si celano alla coscienza terrena”.
In questa fase del post-mortem (che dura all’incirca un terzo del tempo trascorso nell’esistenza terrena), viene dunque alla luce quanto abbiamo inconsciamente sperimentato nella vita, durante il sonno.
Vi sarà capitato, ad esempio, d’incontrare persone che sognano, in modo ricorrente e con disagio, di dover affrontare un esame cui si sentono impreparate (magari quello di maturità o di laurea già superato da tempo con successo). Ebbene, un sogno del genere allude appunto al fatto che, durante il sonno, veniamo esaminati e giudicati “maturi” o “immaturi”: maturi o immaturi, ovviamente, dal punto di vista (morale) della crescita della nostra anima o della nostra “umanità”.
Capite bene, perciò, quanto sia importante interpretare in modo corretto i sogni. Sul piano astrale, infatti, non abbiamo più a che fare con delle semplici “immagini mnemoniche”, bensì con delle entità che si servono di tali immagini per comporre un “giudizio” (o un “messaggio”), allo stesso modo in cui noi ci serviamo delle lettere dell’alfabeto per comporre una parola, o delle parole per comporre una proposizione o un discorso.
Ascoltate quanto afferma qui Steiner: “Il sogno è una manifestazione, che si esplica in una successione di immagini sensibili, di ciò che l’uomo è veramente. Le entità spirituali dicono questo all’uomo nel sogno. E se egli accoglie, ciò che sperimenta in tal modo nel sogno con una giusta consapevolezza, la sua autoconoscenza trarrà molto vantaggio dal sogno” (6).
25) “Il giudizio sulla vita, sperimentato nel corpo astrale dopo il passaggio attraverso la porta della morte, dura quanto il tempo che fu speso nel sonno durante la vita terrena”.
Inutile dire che le entità spirituali (della seconda Gerarchia) non giudicano in base a criteri terreni (legali), ma in base alla volontà di Dio, che non è diversa da quella dell’Io (la versione del Pater Noster data da Steiner dice infatti: “La Tua volontà venga da noi attuata quale Tu l’hai posta nella nostra intima essenza”).
La volontà di Dio o dell’Io (scintilla del fuoco divino) è però assai diversa da quella dell’ego (tant’è che si usa dire: “La giustizia non è di questo mondo”).
Chi è infatti l’ego? E’ il soggetto che in tanto sa di sé in quanto si contrappone all’oggetto, e ch’è perciò portato a considerare “oggetti” anche gli altri soggetti.
Sentite ciò che dice Thomas Merton: “Liberata dalla tensione di mantenere ostinatamente in vita un oggetto-Dio, la coscienza cartesiana rimane nondimeno imprigionata in se stessa. Di qui il bisogno di evadere dal proprio io e di andare verso “gli altri” in “incontri”, “aperture”, “solidarietà”, “comunione”. Ma il grande problema è che per la coscienza cartesiana anche l’”altro” è oggetto” (7).
E’ vero: solo per l’Io, l’altro è infatti un “Io”, e solo nell’”Io sono” (nel Logos) ogni Io è tutti gli Io.
“L’unità originaria dei molti “Io” – scrive appunto Scaligero – è la sorgente metafisica che nel mondo si attua come amore” (8).
Nel grembo di quelle entità che “vegliano sulle anime nelle sfere del cosmo”, il male fatto a un altro dall’ego non è dunque il male fatto a un “oggetto”, bensì il male fatto da un Io a un altro Io, e quindi, giacché nell’”Io sono” divino o nel Logos gli Io umani sono uniti, a se stessi.
E’ per questo, dunque, che, dopo la morte, allorché torniamo (viaggiando a ritroso nel tempo) al momento in cui abbiamo fatto del male a qualcuno, sperimentiamo come nostro il dolore che gli abbiamo arrecato; ed è a causa di questo che sorge allora in noi il desiderio di porre riparo a quel male (sempre il Pater Noster dato da Steiner, dice: “Concedi che la nostra misericordia verso gli altri serva a pareggio dei peccati da noi compiuti a danno del nostro essere”).
Abbiamo detto che la seconda Gerarchia è la Gerarchia del sentire (solare). Da che cosa scaturiscono allora i suoi giudizi? Dal continuo raffronto tra ciò che sente giusto l’ego e ciò che sente giusto l’Io (e attraverso l’Io, il Logos): ossia tra ciò che la nostra natura “sente” giusto e ciò che invece “è” giusto.
Proviamo a rileggere, in questa luce, un paio di passi di quella preghiera per i defunti che abbiamo già ricordato una sera.
Riferendosi al corpo eterico, recita: “Accolgono Angeli, Arcangeli, Archài, / nel tessere dell’etere, / la trama del tuo destino”; riferendosi al corpo astrale, recita invece: “Diventano essenza nelle Exusiai (gli Spiriti della forma), Dynameis (gli Spiriti del movimento), Kyriotetes (gli Spiriti della saggezza), nel sentire astrale del cosmo, / le giuste conseguenze della tua vita terrena”.
Vedete, “nel sentire astrale del cosmo” (nel “sentire” appunto della seconda Gerarchia) e “le giuste conseguenze” (appunto “giuste” od oggettive).
Vedremo, in seguito, che l’”essenza” di queste “giuste conseguenze” dei giudizi espressi dalla seconda Gerarchia (l’essenza delle giuste contro-immagini riparatrici del male compiuto) verrà poi realizzata (portata a esistere) dalla prima Gerarchia (la Gerarchia del volere) quale destino (interiore ed esteriore) della nostra successiva vita terrena.
Note:
1) R.Steiner: Economia spirituale e reincarnazione – Antroposofica, Milano 2008, pp. 200-201;
2) R.Steiner: L’evento della morte e i fatti del dopo-morte – PSICHE, Torino 1997, p. 20;
3) R.Steiner: Conoscenza vivente della natura – Antroposofica, Milano 1993, pp. 87 e 88;
4) R.Steiner: La saggezza dei Rosacroce – Antroposofica, Milano 1959, pp. 36-37;
5) cfr. R.Steiner: Gerarchie spirituali – Antroposofica, Milano 1995;
6) R.Steiner: Conoscenza iniziatica – Istituto Tipografico Editoriale, Milano 1938, vol. I, pp. 189-190;
7) T.Merton: Lo Zen e gli uccelli rapaci – Garzanti, Milano 1970, p. 32;
8) M.Scaligero: Dell’amore immortale – Tilopa, Roma 1982, p. 14.