Il Messaggero (20 aprile 2011), titolando: Imprecare e bestemmiare riduce il dolore di una ferita, riporta la seguente notizia:
“Bestemmiare e imprecare dopo essersi feriti o infortunati riduce il dolore. Lo rivela una ricerca della Keele University di cui parla l’Independent. Per verificare la loro teoria, i ricercatori hanno fatto mettere nelle mani di alcuni studenti dei cubetti di ghiaccio, mentre imprecavano. Poi gli hanno chiesto di ripetere l’esercizio ripetendo una frase non offensiva. Così hanno visto che i giovani erano capaci di tenere in mano i cubetti gelati più a lungo quando ripetevano bestemmie e imprecazioni, e che c’è un legame tra la tolleranza al dolore e insulti”.
Chissà, però, se l’imprecare e bestemmiare che riduce il dolore delle ferite fisiche, non aumenti quello delle ferite animiche: ossia il male interiore (il “male oscuro”) di cui è sempre più vittima l’uomo contemporaneo?
La cosa comunque non ci meraviglia, giacché sappiamo, grazie alla scienza dello spirito, che si può consegnare (consapevolmente) il proprio dolore al Cristo, che ce ne libera, trasformandolo in bontà e amore, così come lo si può consegnare (inconsapevolmente) ad Arimane, che ce ne libera, trasformandolo in cattiveria e odio (come pare sia adesso “sperimentalmente dimostrato”): giacché sappiamo, insomma, che si può andare per crucem ad lucem, ma anche per crucem ad tenebras.
22/04/2011
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