“L’evoluzione progredisce. L’intellettualità, che inizialmente era del tutto nel dominio della spiritualità divina, se ne separa al punto da diventare l’animazione del cosmo. Ciò che prima irradiava soltanto dagli dèi, ora risplende come manifestazione del divino dal mondo stellare. Prima il mondo era governato dalla stessa e n t i t à d i v i n a, ora viene governato dalla m a n i f e s t a z i o n e d i v i n a divenuta oggettiva, dietro alla quale l’entità divina percorre il periodo successivo della sua propria evoluzione.
Di nuovo qui Michele è l’amministratore dell’intelligenza cosmica in quanto essa fluisce in idee ordinatrici, attraverso le manifestazioni del cosmo” (p. 82).
Chi conosce la Scienza della logica di Hegel (19) non dovrebbe tardare a riconoscere, nella sua distinzione tra la “dottrina dell’essere” e la “dottrina dell’essenza” (operata, in altro senso, anche da Solov’ev) l’astratto riflesso speculativo di quella tra l’Entità divino-spirituale e la manifestazione divina di cui parla Steiner.
(Sarà bene che vi legga, al riguardo, alcune affermazioni tratte da una conferenza tenuta da Steiner a Dornach, il 27 agosto 1920: “Invero, si sarebbe portati a dire che quanto si sperimenta nella Logica di Hegel si lasci caratterizzare giustamente soltanto mediante la Scienza dello Spirito”; “Questa logica hegeliana è stata strappata, rapita alle potenze arimaniche e data all’umanità; è ciò di cui l’umanità ha bisogno, senza la quale non potrebbe progredire”; “Ogni scienza di carattere spirituale dovrebbe divenire rachitica, se non potesse venir compenetrata da quell’osseo sistema di idee strappato, grazie ad Hegel, all’ossificante Arimane. Si ha bisogno di questo sistema. Ci si deve in un certo senso rafforzare mediante esso. Si ha bisogno di questa fredda facoltà di riflessione, se non si vuole deviare, nell’anelare allo spirito, verso una mistica calda, ma nebulosa” [20].)
Domanda: Non mi sembra, però, che siano in molti a cimentarsi con la Logica di Hegel.
Risposta: E’ vero, se ne era accorto già Steiner. Senti che cosa dice qui: “In Fichte, Schelling e Hegel la rivelazione orientale di un Krishna ci viene incontro rinnovata in forma astratta, concettuale, e non è poi tanto facile il rilevare la somiglianza; occorre una ben determinata disposizione dell’anima. Vorrei esprimere una volta con chiarezza di che cosa si tratta. Se oggi una persona di cultura anche superiore alla media si mette a leggere un’opera filosofica di Fichte o di Hegel, all’inizio crederà di leggervi semplicemente uno sviluppo di concetti. I più saranno poi concordi nell’affermare che non si riesce a commuoversi poi tanto, leggendo le prime pagine della Enciclopedia delle scienze filosofiche di Hegel, dove si parla prima dell’”essere” poi del “non essere”, del “divenire”, della “esistenza” e così via. Verrà fatto di dire: ecco che qui un tale ha abborracciato un mucchio di astrazioni; sarà anche pregevolissimo, ma non offre proprio niente al mio cuore, alla mia anima, non emana alcun calore. Ho conosciuto molte persone che hanno messo subito da parte proprio quell’opera di Hegel, dopo averne letto due o tre pagine. Però una cosa non si è disposti ad ammettere facilmente: che potrebbe essere colpa nostra, se quei pensieri ci lasciano freddi, se non suscitano in noi conflitti di portata vitale, capaci di sollevarci dagli abissi al cielo. Non si ammette volentieri che potrebbe dipendere da noi! Esiste infatti la possibilità di partecipare appassionatamente a quello che la gente chiama le “astrazioni” di quei tre filosofi, di sentirvi non soltanto del calore, ma addirittura l’intero trapasso dal massimo gelo al calore vitale più ardente. Si può arrivare a sentire che quelle pagine non sono scritte solo con pensieri astratti, ma direttamente col sangue” (21).
Ma torniamo a noi. Che cos’è un’essenza? E’ una manifestazione determinata dell’essere o una manifestazione animata dall’essere; non quindi l’essere, ma una manifestazione nella quale è l’essere.
Dice però Steiner che “prima il mondo era governato dalla stessa entità divina, ora viene governato dalla manifestazione divina divenuta oggettiva, dietro alla quale l’entità divina percorre il periodo successivo della sua propria evoluzione”.
Ciò significa che l’Entità divino-spirituale (l’essere), nel corso di questa seconda fase, depone od oggettiva la manifestazione divina (l’essenza), distaccandosene e percorrendo “dietro” di essa “il periodo successivo della sua propria evoluzione”.
(Ciò dovrebbe corrispondere – azzardo – al distacco del Sole dalla “Luna-Terra”, così come “il periodo successivo della sua propria evoluzione” dovrebbe culminare, dopo l’espulsione della Luna, con l’incarnazione del Logos sulla Terra. Tenete comunque presenti, più in generale, queste parole di Steiner: “Nella terza gerarchia [alla quale dobbiamo la nostra organizzazione aeriforme o animica] abbiamo la manifestazione (o rivelazione) e la pienezza di spirito; nella seconda gerarchia [alla quale dobbiamo la nostra organizzazione liquida o vitale] la capacità di autocreazione e la stimolazione di vita. Nella prima gerarchia che consiste dei Troni, dei Cherubini e dei Serafini [alla quale dobbiamo la forma della nostra organizzazione solida o fisica], riscontriamo un’attività creatrice tale che il creato viene separato: invece di un’autocreazione, si ha la creazione del mondo. Ciò che nasce dalle entità della prima gerarchia diventa un mondo a sé stante, tale da mostrare fenomeni, fatti, anche quando quelle entità non sono più presenti” [22].)
Pensate, per fare un esempio banale, alla differenza che c’è tra, che so, la Callas che canta ”Casta Diva” (dalla Norma, di Bellini) e la registrazione discografica della sua esecuzione. Nel primo caso, il soggetto è nel canto (nella sua manifestazione); nel secondo, invece, ne è fuori, e sta magari cantando, chissà dove, altre arie.
Siamo ancora, comunque, al di sopra della soglia che divide le realtà dell’essere (dell’Io) e dell’essenza (dell’astrale o, come dice qui Steiner, delle “idee ordinatrici”) dalle realtà del tempo (dell’eterico) e dello spazio (del fisico): ossia da quelle (esistenziali) in cui le essenze, le idee o i logoi (in sé) prima di-vengono fuori di sé (ex se, in veste di tempo) e poi giacciono fuori di sé (ex se, in veste di spazio).
So che queste considerazioni possono sembrare a prima vista astratte; eppure è solo chiarendoci concettualmente la differenza tra l’essere (l’Entità divino-spirituale) e l’essenza (la manifestazione divina) che ci sarà possibile capire cosa succede poi, vuoi quando il primo si distacca dalla seconda, fissandola (le stelle “fisse”), vuoi quando dalla manifestazione così fissata si scende, attraversando la soglia, all’effetto operante (quando cioè si avrà, come dirà Steiner tra breve, “un’ulteriore distacco dell’intelligenza cosmica dalla sua origine”).
Riguardo al carattere dell’effetto operante, potremmo riprendere l’esempio della registrazione (comunque già fissa) e immaginare che a un certo punto della riproduzione il disco s’incanti, prendendo a girare e rigirare sempre daccapo.
Se questo esempio non dovesse soddisfarvi, pensate allora a ciò che intendiamo dire quando affermiamo che un certo comportamento è diventato abitudinario, ripetitivo o di routine: non intendiamo forse dire ch’è diventato vuoto o privo di anima, e perciò appunto un “effetto operante”?
Si ha l’effetto operante, dirà infatti (come vedremo) Steiner, “quando l’entità si ritrae dalla manifestazione” e di conseguenza questa cade e si fissa – possiamo aggiungere – al di sotto della soglia, nel tempo.
“La terza fase dell’evoluzione è un’ulteriore distacco dell’intelligenza cosmica dalla sua origine. Nei mondi stellari, come manifestazione divina, non dominano più le idee ordinatrici presenti; le stelle percorrono le loro vie, ordinandosi secondo le idee che sono state loro infuse nel passato, Michele vede come sempre più ciò che egli ha amministrato nel cosmo, l’intellettualità cosmica, prenda la sua via verso l’umanità terrestre” (p. 82).
Provate a immaginare un mondo in cui le stelle o le costellazioni se ne andassero liberamente in giro per l’universo, in cui il Sole sorgesse e tramontasse quando gli pare o in cui le stagioni si avvicendassero a capriccio.
Ne potremmo fare scienza (così come l’abbiamo fatta finora)? No, di certo. Possiamo farla, infatti, solo perché il mondo si è “fermato” o “congelato”, solo perché si è sacrificato per noi.
Per questo, abbiamo: nello spazio, l’opera compiuta, vale a dire la “terra-ferma” e non il “terre-moto”; nel tempo, l’effetto operante, vale a dire quella ripetitività che fa dire alla Bibbia: “Nihil novi sub sole”; nelle idee, la manifestazione fissata, vale a dire la regolarità, calcolabilità e prevedibilità delle cause, delle leggi o, come dice Steiner, delle idee “infuse nel passato”.
“Michele vede però anche aumentare sempre più il pericolo che l’umanità cada in balìa delle potenze arimaniche. Egli sa: per se stesso potrà sempre avere Arimane sotto i suoi piedi; ma lo potrà anche per l’umanità?
Michele vede svolgersi il massimo evento terrestre. Dal regno nel quale Michele stesso serve, discende nella sfera terrestre l’entità del Cristo, per essere presente quando l’intelligenza sarà completamente presso l’individualità umana. Allora infatti l’uomo sentirà al massimo la spinta ad abbandonarsi alla potenza che, senza restrizioni e alla perfezione, si è fatta portatrice dell’intellettualità. Ma il Cristo sarà presente; per il suo grande sacrificio Egli vivrà nella medesima sfera in cui vive anche Arimane. L’uomo potrà scegliere fra Cristo e Arimane. Nell’evoluzione umana il mondo potrà trovare la via del Cristo” (pp. 82-83).
Partendo dalla sfera dell’Entità divino-spirituale, l’uomo è arrivato a quella dell’opera compiuta; ed ecco allora che un Dio (il Logos), partendo dalla medesima sfera e sacrificandosi, lo raggiunge nel regno della morte (“E il Verbo si è fatto carne, e abitò fra noi” – Gv 1,14): cioè nel regno in cui l’uomo avverte “al massimo la spinta ad abbandonarsi alla potenza che, senza restrizioni e alla perfezione, si è fatta portatrice dell’intellettualità”.
Il fatto che il Cristo prenda a vivere “nella medesima sfera in cui vive anche Arimane” vuol dire dunque che il Cristo prende a vivere nella sfera della ”intellettualità” , e che l’intelletto, proprio in grazia di questo, potrà “scegliere fra Cristo e Arimane”.
Lasciate, a questo proposito, che vi rilegga (massima 8) questo passo di Steiner: “La nostra scienza dello spirito evita il falso occultismo perché essa usa una quantità sempre maggiore dell’intelletto di cui gli uomini dispongono, per fondare una scienza per cui è necessaria una quantità d’intelletto più grande di quanto non fosse finora necessario. La nostra scienza dev’essere tale da richiedere più intelletto di quanto si era soliti impiegare finora. Quando si dice che è impossibile comprendere la scienza dello spirito, non è perché si dispone di un intelletto insufficiente, ma perché non si vuole impiegarne abbastanza. Volentieri ci si illude al riguardo. Impiegando tutto l’intelletto di cui si può già disporre oggi, si comprenderebbe senz’altro la scienza dello spirito”.
Non è ancora più chiaro, a questo punto, il motivo di queste affermazioni, e il perché sia quindi sbagliato, nell’incapacità di distinguere il sano intelletto dall’insano intellettualismo, arruolarsi, di fatto, nell’esercito dei sognatori, degli attivisti o, come direbbe Hegel, dei “misologi”?
Il Cristo vive dunque “nella medesima sfera in cui vive anche Arimane”, ma non paga, come Arimane, col denaro; col denaro viene anzi venduto: venduto da Giuda per 30 denari (come Giovanna d’Arco viene venduta per 10.000 tornesi).
“Questa è l’esperienza cosmica che Michele fa con ciò che egli ha da amministrare nel cosmo. Per restare accanto all’oggetto delle sue cure, egli intraprende la via dal cosmo all’umanità. Sta percorrendo questa via dal secolo ottavo dopo Cristo, ma veramente è giunto al suo ufficio terrestre, nel quale si è trasformato il suo ufficio cosmico, soltanto nell’ultimo terzo del secolo diciannovesimo.
Michele non può costringere gli uomini perché la costrizione è cessata appunto per il fatto che l’intelligenza è entrata del tutto nella sfera dell’individualità umana. Ma Michele, come una maestosa azione-modello nel mondo soprasensibile adiacente al mondo visibile, può mostrare ciò che egli vuole svolgere. Ivi Michele può mostrarsi con un’aura di luce, con un gesto da essere spirituale in cui si rivela tutto lo splendore e la magnificenza della passata intelligenza divina. Ivi egli può rendere manifesto come l’azione dell’intelligenza del passato nel presente sia ancora più vera, più bella e più virtuosa di tutto ciò che vive nell’immediata intelligenza presente che fluisce da Arimane in uno splendore ingannevole e seduttore. Egli può mostrare come per lui Arimane sia sempre il basso spirito sotto i suoi piedi (…)” (p. 83).
Diciamolo chiaro e tondo: chiunque trovi, che so, una Ferrari o una Maserati “più vera, più bella e più virtuosa” di una margherita o di una coccinella farebbe bene a preoccuparsi.
Ciò non significa, per carità, che i prodotti della tecnica non siano utili, e magari, a modo loro, anche belli. Ma c’è bellezza e bellezza, e quella creata da un designer mai potrà competere con lo splendore e la magnificenza di quella creata dalla “passata intelligenza divina” (“la Tua potenza e magnificenza – così si chiude il Pater Noster formulato da Steiner – agiscano su di noi dall’alto, attraverso i tempi dei tempi”).
(Non sarebbe male, al riguardo, dare un’occhiata alla Teologia della bellezza di Pavel Evdokimov [23].)
Un conto comunque è l’utile, altro il bello. La vera bellezza o, come dice Berdjaev (parlando di Solov’ëv), “l’incanto per la bellezza del cosmo divino” (24) è lo splendore del vero, non già dell’utile.
Non ci è facile capirlo perché è ormai l’utile, per noi, a essere vero. Fatto sta, però, che il vero è utile per l’uomo, mentre l’utile è vero per Arimane.
Riassumiamo: ci siamo già impadroniti di una parte del pensiero che governa la realtà, e dovremmo perciò andare avanti. Dovremmo essere altresì consapevoli che la natura, manifestando una saggezza che appartiene al passato, deve essere ri-creata, e per ciò stesso redenta (“Tutta quanta la natura insieme – scrive Paolo – sospira e soffre le doglie del parto” – Rm 8,22).
Così il Cristo redime l’uomo e, attraverso l’uomo, l’intera natura.
Dice Steiner che “Michele, come una maestosa azione-modello nel mondo soprasensibile adiacente al mondo visibile [in quello eterico], può mostrare ciò che egli vuole svolgere”.
Ebbene, ciò che Michele vuole svolgere ce lo mostra soprattutto La filosofia della libertà. Il che vuol dire che Michele ha le chiavi del vero spirito antroposofico, e che non possiamo pertanto prescindere dalla sua mediazione.
Dice ancora Steiner che Michele ha “un’aura di luce” (solare).
Anche questo dovremmo imparare a percepirlo. All’inizio non ci sarà possibile, perché una capacità del genere può essere solo frutto di studio, di esercizio e di instancabile dedizione; ma a un certo punto si svilupperà e maturerà, permettendoci così di distinguere, con la stessa immediatezza e sicurezza con la quale gli animali distinguono il cibo che fa per loro da quello ch’è loro nocivo, tra ciò che, per le nostre anime, è sano o insano. Occupiamoci adesso delle massime.
109) “Rendersi ben consci dell’attività di Michele nella connessione spirituale del mondo, significa sciogliere, fin dove è necessario all’uomo sulla terra, l’enigma della libertà umana, partendo dai rapporti cosmici”.
Abbiamo seguito, tappa per tappa, il lungo cammino che ha portato il pensiero dall’essere al non-essere, liberando così l’essere della volontà individuale, e quindi della libertà, e abbiamo detto che non si può creare la libertà senza che il male ne approfitti (“La libertà – dice Berdjaev – genera la tragedia”).
E’ importante realizzarlo, perché molti, come sapete, non riescono a darsi ragione del fatto che “Dio abbia creato il male”. Ma Dio ha creato la libertà, non il male, e questo è solo conseguenza di quella.
Steiner lo esemplifica nel modo più semplice. Per costruire una ferrovia – dice – occorrono dei binari; quando i treni li percorrono, i binari si consumano. Ebbene, sarebbe corretto dire che la ferrovia è stata costruita per consumare i binari? No. La ferrovia è stata costruita per far viaggiare i treni; questi poi, viaggiando, consumano inevitabilmente i binari.
Dunque, come il consumo dei binari non è stato il fine di chi ha costruito la ferrovia, così il male non è stato il fine di chi ha creato la libertà; e come sarebbe impossibile – aggiunge Steiner – costruire un triangolo che non abbia tre lati o un quadrato che non ne abbia quattro, così è impossibile creare una libertà che non sia esposta alle tentazioni del male.
110) “Invero la “libertà”, come fatto, è data immediatamente a ciascun uomo che intende se stesso nel periodo attuale dell’evoluzione dell’umanità. Nessuno, a meno che non voglia negare un fatto evidente, può dire:”La libertà non esiste.” Ma si può trovare una contraddizione fra ciò che in tal modo è effettivamente dato e i processi del cosmo. Osservando la missione di Michele nel cosmo, questa contraddizione cade”.
Se il pensiero umano fosse semplicemente passato dal governo di determinate entità (degli Elohim o Spiriti della forma) al governo di altre (delle Archài o Spiriti della personalità), si darebbe in effetti “contraddizione” tra tale governo e la libertà.
Ma non è così. Abbiamo visto infatti che Michele (che, dal grado di Arcangelo, è salito – come rivelato da Steiner – a quello appunto di Arché), non agisce in modo coattivo, bensì si pone come un esempio che l’uomo può decidere di seguire o non seguire. Per questo, Steiner dice: “Osservando la missione di Michele nel cosmo, questa contraddizione cade”.
111) “Nella mia Filosofia della libertà la “libertà” dell’essere umano nell’epoca attuale si trova dimostrata come contenuto della coscienza; nelle descrizioni della missione di Michele che sono date qui, si trova il “divenire di questa libertà” fondato cosmicamente”.
Penso sappiate che Prokofieff ha scritto un libro, intitolato: Antroposofia e “La filosofia della libertà” (25), dichiarando di aver voluto gettare così un ponte tra La filosofia della libertà e l’antroposofia (ossia, tra la prima e la seconda parte dell’insegnamento di Steiner).
Tale ponte, però, è stato già gettato da Steiner con le Massime antroposofiche e, in particolare, con la seconda parte, dedicata a Il mistero di Michele.
Che cos’è infatti La filosofia della libertà? E’ Il mistero di Michele, dal punto di vista umano; e che cos’è Il mistero di Michele? E’ La filosofia della libertà, dal punto di vista cosmico.
Ricordiamo ancora che una cosa è la libertà “da” o libertà “negativa”, altra la libertà “per” o libertà “positiva”. E che cos’è la libertà “da”? E’ la libertà dal mondo divino-spirituale, e quindi l’imprescindibile presupposto della libertà “per”, che è – come mi avete sentito spesso dire – gioiosa o beata pienezza dell’essere (dell’Io).
La libertà “da”, ad esempio, non sapendo ancora ciò che davvero vuole, può perfino apparire, come affermano taluni esistenzialisti, una “condanna”. Ma può apparire tale solo perché il vuoto da essa lasciato viene colmato dalla natura personale (karmica) che la trasforma, alterandola, in licenza o arbitrio.
Da che cosa dovrebbe essere invece colmata per potersi trasformare in libertà “per”? Lo sappiamo già: dall’amore, quale frutto del rinnovato sposalizio della luce del pensare con il calore del volere.
Considerate che una libertà di cui si sia gelosi non è ancora una vera e piena libertà (“Non è bene che l’uomo sia solo” – Gn 2,18), giacché la vera e piena libertà non pensa a sé, ma anzi anela, dimentica di sé, a donarsi o servire.
Si dice, al riguardo, che vanto degli imperatori romani fosse quello di avere al loro servizio degli uomini liberi e non degli schiavi. Non so se questo risponda o meno a verità per quanto riguarda gli imperatori, ma so che risponde in pieno a verità per quanto riguarda il mondo spirituale.
Non si può infatti servire lo spirito se non si è liberi (scrive Berdjaev: “La Verità deve essere accettata liberamente, non per forza: la Verità non sopporta che si intrattengano con essa rapporti da schiavi”) (26).
Note:
1) C.Unger: Il linguaggio dell’anima cosciente – Antroposofica, Milano 1970, p. 240;
2) R.Steiner: Metamorfosi della vita dell’anima – Tilopa, Roma 1984, pp. 13-14;
3) R.Steiner: Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo in Saggi filosofici – Antroposofica, Milano 1974, pp. 103-104;
4) R.Steiner: I punti essenziali della questione sociale – Antroposofica, Milano 1999, pp. 271-272;
5) cfr. R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969;
6) cfr. R.Steiner: L’evoluzione secondo verità – Antroposofica, Milano 2004;
7) R.Steiner: Lettere ai soci. 1924 – Antroposofica, Milano 1989, p. 67;
8) N.Berdjaev: Il senso della creazione – Jaca Book, Milano 1994, p. 1;
9) R.Steiner: Il Cristianesimo esoterico e la guida spirituale dell’umanità – Antroposofica, Milano 2010, p. 111;
10) R.Steiner: Impulsi evolutivi interiori dell’umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo – Antroposofica, Milano 1976, p. 133;
11) R.Safranski: Il Romanticismo – Longanesi, Milano 2011, p. 117;
12) N.Berdjaev: L’idea russa – Mursia, Milano 1992, pp. 167-168;
13) N.Berdjaev: Nuovo Medioevo – Fazi, Roma 2004, p. 94;
14) N.Berdjaev: Filosofia dello spirito libero – SAN PAOLO, Cinisello Balsamo (Mi) 1997, p. 225;
15) cfr. F.Dostoevskij: I fratelli Karamàzov – Mondadori, Milano 1994;
16) cfr. V.Solov’ev: I tre dialoghi – Marietti, Torino 1975;
17) cfr. J-F.Reveĺ: La conoscenza inutile – Longanesi, Milano 1989;
18) N.Berdjaev: Pensieri controcorrente – La Casa di Matriona, Milano 2007, p. 22;
19) cfr. G.W.F.Hegel: Scienza della logica (2 vol.) – Laterza, Roma-Bari 1974;
20) R.Steiner: L’elemento perenne della logica hegeliana ed il suo capovolgimento nel marxismo in GRAAL – Rivista di Scienza dello Spirito, marzo 1988, anno VI, n° 21, pp. 25, 29 e 32;
21) R.Steiner: Il Vangelo di Marco – Antroposofica, Milano 1993, pp. 87-88;
22) R.Steiner: Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – Antroposofica 1985, pp. 63-64;
23) cfr. P.Evdokimov: Teologia della bellezza – Jaca Book, Milano 1970;
24) N.Berdjaev: L’idea russa, p. 179;
25) cfr. S.Prokofieff: Antroposofia e “La filosofia della libertà” – Widar, Venezia-Marghera 2007;
26) N.Berdjaev: Nuovo Medioevo, p. 77.