Massime antroposofiche
127/128/129/130 – 1°

M

Affrontiamo la prima lettera della seconda parte, intitolata: Come agiscono le forze di Michele nel primo sviluppo dell’anima cosciente (7 dicembre 1924).

Nel periodo del primo apparire dell’anima cosciente nell’evoluzione terrena dell’umanità, fu difficile avvicinare l’umanità per gli esseri del mondo spirituale più vicini all’esistenza terrena. Gli avvenimenti terreni assunsero allora una forma tale che mostra come si rendessero necessarie condizioni tutte speciali affinché la spiritualità potesse trovare la via verso la vita fisica dell’umanità (…) Tra il 1339 e il 1453, per oltre un secolo, si svolge una guerra scompigliatrice tra Francia e Inghilterra. In quello scompiglio, provocato da una certa corrente spirituale sfavorevole allo sviluppo umano, trovano ostacolo taluni eventi che più rapidamente avrebbero introdotto nell’umanità l’anima cosciente, se quegli ostacoli non ci fossero stati. Chaucer (che morì nel 1400) iniziò la letteratura inglese [Geoffrey Chaucer, 1343-1400, autore de I racconti di Canterbury, tradusse anche, in inglese, il De consolatione philosophiae di Boezio]. Basta pensare alle conseguenze spirituali che si diffusero in Europa a seguito della fondazione della letteratura inglese, e si vedrà come sia significativo che quell’evento non abbia potuto configurarsi liberamente, ma abbia dovuto svolgersi in mezzo alla confusione di una guerra. A ciò va aggiunto che già prima, nel 1215, era sorto in Inghilterra il pensiero politico che può ricevere la sua giusta impronta e il suo giusto sviluppo dall’anima cosciente. Anche l’ulteriore svolgimento di questo evento avviene tra gli ostacoli della guerra” (pp. 117-118).

Penso sappiate che Steiner mette in rapporto il popolo italiano con l’anima senziente, il popolo francese con l’anima razionale-affettiva e quello inglese con l’anima cosciente, ma con un’anima cosciente a tal punto precoce (Roger Bacon, il “doctor mirabilis”, visse dal 1214 al 1294) e, diciamo così, “istintiva” da permettere a tale popolo di maturare politicamente prima degli altri (la Magna Charta Libertatum è del 1215).
(Queste le parole di Steiner: “Nella nostra epoca nessuno degli altri popoli è nella condizione degli Inglesi che, fra tutti i popoli della terra, sono appunto adatti per l’anima cosciente. Sappiamo che l’anima senziente viene curata dal popolo italiano e dallo spagnolo, l’anima razionale dal popolo francese, l’anima cosciente dagli Inglesi, l’io dai popoli dell’Europa centrale e il sé spirituale dai Russi. Gli Inglesi sono per così dire i rappresentanti del presente materialistico che è legato con la formazione dell’anima cosciente” [1]. Di analogo avviso è Kenneth O.Morgan, che così apre la sua “prefazione” alla Storia dell’Inghilterra: “Il carattere particolare, anzi unico del popolo britannico, da lungo tempo è riconosciuto sia dagli osservatori stranieri sia dagli studiosi locali. Tutti i viaggiatori stranieri, dagli ambasciatori veneziani della seconda metà del XV secolo a intellettuali come Voltaire o Tocqueville e ai giornalisti statunitensi del XX secolo, si sono convinti del carattere particolare della società britannica. Opinione, questa, condivisa anche da inglesi contemporanei in contrasto come Winston Churchill e George Orwell, anch’essi buoni patrioti; ma la natura peculiare del popolo britannico difficilmente può essere spiegata” [2]. Afferma ancora Steiner: “La vittoria sull’Armada del 1588 [l’“invencible armada” del re cattolico Filippo II di Spagna] è frutto del principio individuale emancipatore, che sviluppa in sé l’anima cosciente e che si erge contro i residui più forti dell’anima razionale” [3].)
Che tale precoce maturazione politica abbia frenato quella filosofica lo dimostrano (loro malgrado) il nominalismo di Guglielmo di Ockham (1300-1350), il meccanicismo di Hobbes (1588-1679), l’empirismo di Locke (1632-1704), di Stuart Mill (1806-1873) o di Spencer (1820-1903), lo scetticismo di Hume (1711-1776) e l’utilitarismo di Bentham (1748-1832).
Ascoltate quanto dice Hegel della filosofia di Hume: “In quanto Hume ripone in modo del tutto soggettivo la necessità, la unità degli opposti, nell’abitudine, bisogna dire che più giù di così non si può scendere col pensiero” (4).
Non ci meraviglieremo della severità di questo giudizio se ricorderemo che Hegel (1770/1831) respirava l’aria (l’aura) animico-spirituale del “goetheanismo”: cioè quella di un fenomeno culturale che comprendeva non solo Goethe (1749/1832), ma anche Lessing (1729/1781), Herder (1744/1803), Schiller (1759/1805), Fichte (1762/1814), Novalis (1772/1801) e Schelling (1775/1854).
Vi leggo, al riguardo, alcuni passi de Lo studio dei sintomi storici (che vi raccomando di leggere e meditare): “Il goetheanismo è un fenomeno isolato, ed è questa la ragione per la quale esso non era destinato a diventare veramente popolare. Infatti le vecchie concezioni rimangono, e nella vasta massa del pubblico non si fa neppure il tentativo di rendere in qualche modo accessibili le idee di Lessing, di Schiller o di Goethe, per non parlare dei loro sentimenti e delle loro sensazioni. Continuano invece a sopravvivere come concezioni antidiluviane, da un lato l’antiquato cattolicesimo e dall’altro l’altrettanto antiquato luteranesimo (…) Goethe, nel senso migliore e più vero della parola, è lo spirito più moderno della quinta epoca di civiltà postatlantica (…) Continuare il goetheanismo significa entrare nella scienza dello spirito, orientata antroposoficamente; senza di essa il mondo non uscirà dalla catastrofica situazione odierna [quella del 1918]. In un certo senso, il modo migliore per avvicinarsi alla scienza dello spirito è proprio quello di cominciare da Goethe (…) Il goetheanismo non è nazionale, non è tedesco; come ho già detto, esso si è nutrito di Spinoza, di Shakespeare, di Linneo, e nessuno dei tre era tedesco (…) Si può servire la propria epoca in tutti i modi, anche con un’attività infima, elementare; basta soltanto avere il coraggio di passare al goetheanismo che, a sua volta, si pone come un’Universitas liberarum scientiarum, accanto alle altre università antidiluviane, oggi da tutti idolatrate, ed in primo luogo dai socialisti più accesi” (5).

È questa un’epoca in cui trovano i loro avversari le forze spirituali che vogliono sviluppare l’uomo, secondo le disposizioni dategli sin dall’inizio da potenze superiori divino-spirituali. Quegli avversari vogliono dirigere l’uomo per vie diverse da quelle che gli sono state assegnate da principio. In tal caso egli non potrebbe più usare, per la sua evoluzione ulteriore, le forze che aveva al principio. La sua infanzia cosmica resterebbe per lui infeconda. Diverrebbe una parte della sua entità, destinata a disseccarsi. La conseguenza ne sarebbe che l’uomo potrebbe divenire preda delle potenze luciferiche o arimaniche, e che l’evoluzione a lui propria gli sfuggirebbe di mano. Se questi sforzi degli avversari dell’umanità fossero riusciti non solo a creare ostacoli, ma ad avere un successo completo, l’avvento dell’anima cosciente avrebbe potuto essere soppresso” (p.118).

Vi ho già parlato una sera (lettera 9 novembre 1924) del Puer Aeternus, ossia di uno degli archetipi che popolano il Pantheon psichico junghiano.
Ebbene, voglio leggervi quanto scrive Robert Grinnel nella sua prefazione a questo libro di James Hillman, intitolato appunto: Senex et Puer: “La polarità specifica dell’archetipo del Senex-Puer riguarda il processo: la vecchiaia e la morte, e la giovinezza e la crescita; le forme e le strutture, e la fluidità e il cambiamento; la vita come esperienza passata, e come attesa creativa; la saggezza, e l’insight intuitivo. Nella psicologia dell’individuo qualsiasi scissione di questo archetipo produce degli effetti negativi, con scissione anche in ciascuno dei suoi poli, poli che co-esistono in ogni individuo, indipendentemente dalla sua età. Analoghe tensioni compaiono nella psiche collettiva e nella coscienza collettiva del mondo culturale, quando si contrappongono una coscienza vespertina e una mattutina, dando così origine ai violenti conflitti e disorientamenti che intervengono ad ogni passaggio da un eone all’altro” (6).
Nell’archetipo del Senex-Puer i due poli dunque “co-esistono”; è possibile però che si scindano, prendendo così a contrapporsi (patologicamente) tra loro.
Bene, ma qual è allora – ci si dovrebbe chiedere – quell’Uno dei due o quella Terza entità che fonda, governa e garantisce la loro coesistenza?
A questa domanda non rispondono né Jung, né Hillman, né Grinnel, ma risponde la scienza dello spirito.
Dice il Cristo-Gesù: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” – Mt 18,3).
Vedete, se non “diventerete come i bambini”, non se non “rimarrete bambini”. Una cosa, infatti, è “rimanere” un Puer, altra “diventarlo” dopo essere stato un Senex (“In verità, in verità ti dico che uno, se non nascerà di nuovo, non può vedere il regno di Dio” – Gv 3,3).
L’Uno dei due (il Senex-Puer) è dunque il Cristo, mentre il Senex, contrapposto (in qualità di “coscienza vespertina”) al Puer, è Arimane, e il Puer, contrapposto (in qualità di “coscienza mattutina”) al Senex, è Lucifero.
(Dal punto di vista antroposofico, il Gesù in cui s’incarna il Cristo – che ne sostituisce l’Io – è l’Uno dei due bambini Gesù: cioè, di quello “salomonico” di Matteo, il Senex, e di quello “natanico” di Luca, il Puer [7].)
Dice Steiner: “Quegli avversari vogliono dirigere l’uomo per vie diverse da quelle che gli sono state assegnate da principio. In tal caso egli non potrebbe più usare, per la sua evoluzione ulteriore, le forze che aveva al principio. La sua infanzia cosmica resterebbe per lui infeconda”.
La nostra “infanzia cosmica” resterebbe dunque infeconda, tanto nel caso in cui, in nome del Puer, ci trattenessimo in essa (lucifericamente) quanto in quello in cui, in nome del Senex, la rinnegassimo (arimanicamente).
Ho accennato, parlando di Arimane, alla “sclerosi cerebrale”. E che cosa dice infatti Steiner? Che se la sua azione ostacolatrice dovesse avere la meglio, la nostra “infanzia cosmica” diverrebbe una parte della nostra entità destinata a “disseccarsi”: ossia, appunto, a sclerotizzarsi od ossificarsi.
“La conseguenza ne sarebbe – dice ancora – che l’uomo potrebbe divenire preda delle potenze luciferiche o arimaniche, e che l’evoluzione a lui propria gli sfuggirebbe di mano”.
Il che significa, insomma, che chiunque resti preda di tali potenze non potrà più diventare un essere umano.

Un evento nel quale si rivela in modo particolarmente luminoso il fluire dello spirito negli avvenimenti terreni è l’apparizione e il destino di Giovanna d’Arco, la Pulzella d’Orleans (1412-1431). Gli impulsi di ciò che ella fa sono per lei stessa nei più profondi sostrati subcoscienti dell’anima. Ella segue gli oscuri suggerimenti del mondo spirituale. Sulla terra regna la confusione a seguito della quale dovrebbe venire impedita l’epoca dell’anima cosciente. Dal mondo spirituale Michele deve preparare la sua missione futura. Può farlo là dove i suoi impulsi vengono accolti nelle anime umane. La Pulzella ha un’anima siffatta. Michele agisce anche attraverso molte altre anime, sebbene in grado minore e in modo meno palese per la vita storica esteriore. In eventi quale quello della guerra fra Inghilterra e Francia, egli si trova di fronte l’opposizione arimanica.
Nella lettera precedente abbiamo parlato dell’avversario luciferico che Michele si trova di fronte in quell’epoca. Ma quest’avversario si mostra anche specialmente nel modo in cui si svolgono gli avvenimenti susseguenti all’apparire della Pulzella di Orleans. Da tali avvenimenti si vede come gli uomini non fossero più capaci di prendere posizione di fronte ad un intervento del mondo spirituale nei destini dell’umanità, intervento che poteva invece venir compreso dagli uomini, e anche accolto nella loro volontà, quando ancora esisteva una comprensione immaginativa. Il prender posizione di fronte a tale intervento è divenuto impossibile col cessare dell’azione dell’anima razionale o affettiva; la posizione che corrisponde all’anima cosciente non era ancora stata trovata, e nemmeno oggi è ancora conquistata.
Così fu che a quel tempo venne data dal mondo spirituale una configurazione all’Europa, senza che gli uomini comprendessero che cosa accadeva, e senza che ciò di cui erano capaci potesse avere su quella configurazione un influsso degno di menzione.
Basta immaginare soltanto che cosa sarebbe accaduto nel secolo quindicesimo senza la Pulzella d’Orleans, e si riconoscerà davvero l’importanza di quell’evento determinato dallo spirito. Vi sono anche persone che vogliono spiegare materialisticamente un simile fenomeno. Con loro non è possibile intendersi, appunto perché arbitrariamente traducono in senso materialistico ciò che è manifestazione spirituale
” (pp. 118-119).

La “guerra dei cent’anni” va dal 1339 al 1453, Giovanna d’Arco vive dal 1412 al 1431, l’anima cosciente sorge nel 1413.
Qual è, per la configurazione dell’Europa, l’esito più rilevante di questi avvenimenti? E’ presto detto: il ritiro dell’Inghilterra (al quale seguirà la trentennale e intestina “guerra delle due rose”, tra i Lancaster e gli York, e poi l’ascesa dei Tudor) non solo dalla Francia (a eccezione di Calais), ma anche da quel continente europeo il cui centro avrà più tardi il compito di contrapporre all’orientamento empirico-materiale dell’anima cosciente inglese (cui si deve, nel 1534, lo scisma, più politico che dottrinario, dalla Chiesa di Roma) quello empirico-ideale (legato all’Io) dell’anima cosciente mitteleuropea (goetheanistica).
(Riguardo all’aspetto storico-politico di tale compito, sarebbe bene riflettere sulla figura del “bambino d’Europa”, Kaspar Hauser, 1812-1833, così come viene presentata da Peter Tradowsky [8].)
Dice Steiner, riferendosi alla missione di Giovanna d’Arco: “Da tali avvenimenti si vede come gli uomini non fossero più capaci di prendere posizione di fronte ad un intervento del mondo spirituale nei destini dell’umanità, intervento che poteva invece venir compreso dagli uomini, e anche accolto nella loro volontà, quando ancora esisteva una comprensione immaginativa”.
Per capire fino a che punto gli uomini “non fossero più capaci di prendere posizione di fronte ad un intervento del mondo spirituale nei destini dell’umanità”, basta leggere il giudizio pronunciato dall’Università di Parigi sulla Pulzella d’Orleans “affin di riportare alla buona e santa dottrina il popolo di Francia, il quale da quella donna è stato molto scandalizzato”: “Le visioni di Giovanna erano fittizie, menzognere e superstiziose. Procedevano dai dèmoni, Belial, Satana e Behemoth [anziché, come affermava la Pulzella, dall’Arcangelo Michele, da Santa Caterina e da Santa Margherita]. Giovanna era bestemmiatrice, sediziosa, avida di sangue umano, idolatra, scismatica. Era anche eretica ed apostata, “per essersi fatta tagliare la capigliatura donata da Dio per velare la testa, ed aver lasciato l’abito del suo sesso”” (9).

Anche in certe tendenze spirituali dell’umanità si palesa ora chiaramente come questa non trovi più senza difficoltà la via al divino-spirituale, anche se la cerca intensamente. Sono difficoltà che non esistevano nel periodo in cui si poteva creare intendimento per mezzo delle immaginazioni. Per giudicare giustamente ciò che qui è inteso, basta considerare con chiarezza le personalità che appaiono come pensatori filosofici. Il filosofo non si può giudicare soltanto dall’azione che egli esercita sulla sua epoca, da quanti uomini accolgono le sue idee. Egli è piuttosto l’espressione della sua epoca, la sua entità palese. Il filosofo, nelle sue idee, esprime ciò che gran parte dell’umanità porta in sé inconsciamente quali disposizioni dell’anima, quali sentimenti e impulsi di vita incoscienti. Come il termometro indica le condizioni di calore dell’ambiente, così il filosofo indica le condizioni animiche della sua epoca. Come i termometri non sono la causa del calore ambientale, così i filosofi non sono la causa delle tendenze animiche della loro epoca” (pp. 119/120).

Prendete Gianni Vattimo, il filosofo del “pensiero debole” e del nichilismo (post-moderni): non è appunto l’“entità palese” della fragilità o dell’inconsistenza spirituale della nostra epoca? E il “pensiero debole” che teorizza non testimonia forse del vuoto animico del nostro tempo?
(“Quando ha inizio il dubbio sul pensare, cessa la sana vita dell’anima […] Certi pensatori, i quali mettono in dubbio la validità e la forza del pensare, s’ingannano sull’atteggiamento fondamentale della propria anima, poiché spesso è proprio l’acutezza del loro pensare a crear loro problemi e dubbi, per un certo eccesso di tensione intellettuale. Se realmente essi non riponessero fiducia nel pensare, non si tormenterebbero con quei dubbi e quei problemi che non sono altro che prodotti del pensare” [10].)
Sapete che cosa disse un giorno Croce, parlando della rivista letteraria La Ronda? “E’ un circolo – disse – in cui, quando due s’incontrano, l’uno dice “io sono impotente”, e l’altro, stendendogli la mano: “Anch’io”, e si congratulano l’uno con l’altro” (11).
Sentite quanto afferma Steiner: “Quando si afferma che i pensieri sono scialbi, non si dovrebbe dedurne quell’altra affermazione che i pensieri non occorrono per vivere una vita d’uomo. Bisognerebbe soltanto che i pensieri non fossero così fiacchi da restarsene adagiati là nella testa. Dovrebbero essere tanto forti da poter fluire attraverso il cuore, attraverso a tutto l’uomo, fin giù nei piedi. Poiché veramente sarebbe stato molto meglio se invece che globuli rossi e bianchi pulsassero attraverso il sangue anche dei pensieri. E’ certamente molto importante che l’uomo abbia anche un cuore e non dei soli pensieri. Ma quello che ha massimo valore sta in questo: che i pensieri abbiano cuore” (12).
Fatto sta che come è un bene che ci sia una “semeiotica medica”, così sarebbe un bene che ci fosse pure una “semeiotica filosofica”.

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Di Lucio Russo
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