Massime antroposofiche
134/135/136 – 3°

M

Riprendiamo la lettura.

Altri cercano piuttosto di sentire la natura unificata con l’uomo, mercé forze interiori-artistiche. Risuonano possenti le parole pronunciate da Goethe nel tratteggiare l’azione esplicata da Winkelmann in un bel libro: “Se la natura sana dell’uomo agisce come un tutto, se egli si sente nell’universo come in un tutto grande, bello e degno, se il benessere armonico gli conferisce un rapimento puro, libero, allora l’universo, se potesse sentire se stesso, esulterebbe come giunto alla sua mèta, ammirando l’apice del proprio divenire e della propria natura”. In queste parole di Goethe risuona l’impulso che dava a Lessing la sua spiritualità di fuoco e che animava in Herder il suo vasto sguardo universale; e tutta la creazione di Goethe è quasi una multilaterale rivelazione di queste sue parole. Schiller ha descritto nelle sue Lettere estetiche un uomo ideale che porta in sé l’universo, nel senso di queste parole, e che lo realizza nell’unione sociale con altri uomini. Ma da dove proviene questa immagine dell’uomo? Essa splende come sole mattutino sulla terra primaverile. Ma nel sentimento umano essa è stata suscitata dallo studio dell’uomo greco. Gli uomini la nutrirono con energico impulso interiore micheliano, ma poterono sviluppare quell’impulso soltanto immergendo lo sguardo dell’anima nei tempi passati. Infatti Goethe, volendo sperimentare in sé l’”uomo”, sentì i più gravi conflitti con l’anima cosciente. Egli lo cercò nella filosofia di Spinoza; e soltanto durante il suo viaggio in Italia, penetrando nell’essere greco, credette finalmente di presentirlo. Dall’anima cosciente che vive in Spinoza [in particolare nella sua Ethica more geometrico demonstrata], egli ritorna però alla fine verso l’anima razionale o affettiva che si andava spegnendo. Di questa egli non poté che introdurre moltissimo nell’anima cosciente, con la sua vasta concezione della natura” (pp. 134-135).

Il fatto che l’immagine dell’uomo, anche in individualità del calibro di Lessing, di Herder, di Schiller e di Goethe, fosse nutrita, sì, da un “energico impulso interiore micheliano”, ma sviluppato “immergendo lo sguardo dell’anima nei tempi passati”, ossia nella Grecia, sta a dimostrare che non è affatto facile cogliere la differenza qualitativa tra l’anima razionale-affettiva e l’anima cosciente.
Ci si conferma, è vero, che la prima, è un’anima “filosofica”, mentre la seconda è “scientifica” (Goethe, dice infatti Steiner, “non poté che introdurre moltissimo [dell’anima razionale-affettiva] nell’anima cosciente, con la sua vasta concezione della natura”: cioè appunto con i suoi lavori scientifici), ma resta il fatto che per cogliere con sicurezza tale differenza è necessario sviluppare una sorta di senso che dia modo di distinguere l’aura (il colore, il suono, il profumo, il sapore) dell’una da quella dell’altra.
Fatto sta che quelle di Steiner sono scoperte, e non teorie: scoperte che la scienza, se non fosse mortificata, com’è oggi, dal materialismo, saluterebbe di certo con entusiasmo (chi volesse riprodurre, alla luce della moderna anima cosciente, il celebre dipinto di Benozzo Gozzoli: Il trionfo di San Tommaso, dovrebbe porre, al posto di San Tommaso, Steiner e, al posto di Averroè, gli odierni rappresentanti della scienza materialistica).
L’ho già detto: quella della scienza dello spirito, in quanto scienza, è una “concezione immacolata” (“benedetta, tra le donne”), mentre le altre (“donne”) sono “maculate”.
Non lo si capisce o non lo si riconosce solo perché il cuore non è puro (“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”): perché non si ama la verità, anzi la si teme.

Michele guarda con serietà anche a questa ricerca dell’uomo. Ciò che è conforme ai suoi intendimenti penetra bene nell’evoluzione spirituale umana; ed è l’ u o m o che in passato vedeva la sostanza dell’intelligenza, allorché ancora Michele la amministrava nel cosmo. Ma se non venisse afferrato dalla forza spiritualizzata dell’anima cosciente, ciò dovrebbe alfine sfuggire all’attività di Michele e cadere sotto il dominio di Lucifero. L’altra preoccupazione angosciosa nella vita di Michele è appunto che, nell’oscillare dell’equilibrio cosmico-spirituale, Lucifero possa ottenere il sopravvento.
La preparazione di Michele alla sua missione per la fine del secolo diciannovesimo trascorre in cosmica tragicità. Giù sulla terra domina spesso un profondo appagamento per gli effetti della concezione naturale; nella regione dove opera Michele domina un senso tragico per gli ostacoli che si oppongono all’avvento di una vera immagine dell’uomo.
Nei raggi del sole, nel brillare dell’aurora, nel fulgore delle stelle, viveva un tempo l’amore austero, spiritualizzato di Michele; quell’amore aveva come sua nota dominante il dolore causato dal suo volgere lo sguardo all’umanità.
La situazione di Michele nel cosmo diventò tragicamente difficile, e insieme urgente verso una soluzione, appunto nel periodo di tempo che precedette la sua missione terrena. Gli uomini riuscivano a tenere l’intellettualità soltanto nell’àmbito del corpo, e in esso soltanto nei sensi. Quindi, da un lato, non accoglievano nella loro conoscenza nulla che non fosse loro detto dai sensi; la natura divenne il campo della manifestazione sensoria, manifestazione pensata però del tutto materialmente. Nelle forme naturali non si percepiva più l’opera compiuta del divino-spirituale, ma qualcosa privo di spirito, di cui si sosteneva tuttavia che producesse l’elemento spirituale in cui l’uomo vive. D’altro lato, del mondo spirituale gli uomini non volevano più accogliere altro che quello di cui si aveva notizia storica. Una veggenza dello spirito verso il passato veniva condannata severamente, quanto una veggenza nel presente
” (pp. 135-136).

Dice Steiner: “La preparazione di Michele alla sua missione per la fine del secolo diciannovesimo trascorre in cosmica tragicità. Giù sulla terra domina spesso un profondo appagamento per gli effetti della concezione naturale (basti pensare alla Belle Époque, alla Tour Eiffel o al ballo Excelsior); nella regione dove opera Michele domina un senso tragico per gli ostacoli che si oppongono all’avvento di una vera immagine dell’uomo”.
Torniamo così a quanto ho detto prima di cominciare questa lettera. Ho affermato, una sera (massima 19), che l’antroposofia è una “cosa seria”, e non un passatempo, un trastullo, un hobby, né tantomeno un “buon affare”, e ho anche ricordato che Scaligero mi consigliò di leggere Del sentimento tragico della vita, di Miguel de Unamuno, lo stesso autore de L’agonia del cristianesimo.
Vi confesso che ripenso a questo (nonché al fatto che Steiner parla della necessità di “un virile ingresso nel severo mondo dello spirito”), tutte le volte che mi capita tra le mani la pubblicità di iniziative, più o meno “antroposofiche”, che prevedono attività rivitalizzanti, trattamenti di benessere, passeggiate, chiacchierate, elevazione di frequenze e “molto altro ancora” (in una di queste, ad esempio, veniva annunciato uno “stage molto consapevolmente olistico” su S. Francesco, e in un’altra, relativa a un corso di euritmia, l’antroposofia figurava tra le “materie complementari”).
Sapete, si racconta che Garibaldi, volendo che un suo breve soggiorno a Roma passasse inosservato, prese alloggio in un modesto albergo di Trastevere. Ma la precauzione si rivelò inutile, perché ben presto, sotto il balcone della sua stanza, si radunò una folla che, gridandone a gran voce il nome, lo invitava ad affacciarsi.
Ebbene, sapete che cosa fece Garibaldi? Attese un poco, poi si affacciò, disse: “Romani, siate seri!”, e subito rientrò.
Non sono Garibaldi, ma vi confesso che piacerebbe anche a me poter dire a quanti propongono iniziative del genere: “Cercatori dello spirito, siate seri!” (non seriosi, l’ho già detto, ch’è tutt’altra cosa). Ma torniamo a noi.
Dice Steiner: “Gli uomini riuscivano a tenere l’intellettualità soltanto nell’àmbito del corpo, e in esso soltanto nei sensi”.
Ciò significa che l’anima, finché ha a che fare con il sensibile, è “anima cosciente”, ma che non appena molla tale presa, regredisce all’anima razionale-affettiva, se non addirittura all’anima senziente.
Quando ci occupammo de I punti essenziali della questione sociale (29), feci notare, a questo proposito, che l’unica vita davvero moderna con cui abbiamo a che fare è quella economica (legata alla tecno-scienza), giacché la nostra vita giuridica risente ancora del diritto romano e la nostra vita spirituale o religiosa risente ancora dell’Antico Testamento.
L’anima cosciente che domina il mondo fisico, si trascina pertanto una coda impregnata di anima razionale-affettiva e di anima senziente.
Studiamo e pratichiamo dunque la scienza dello spirito, poiché vorremmo appunto imparare a portare nella sfera dell’anima cosciente anche i mondi dell’anima e dello spirito.
Prima di poter far questo, dovremo però portarvi il mondo della vita, imparando a pensare la natura organica così come la pensava Goethe.

Nell’anima dell’uomo viveva ormai soltanto quello che emanava nell’ambito del presente, nel quale Michele non pone il piede. L’uomo era contento di poggiare su terreno “sicuro”. Era persuaso di averlo, perché nella “natura” non cercava dei pensieri nei quali subito paventava arbitrio di fantasia. Ma Michele non era contento; era costretto a condurre al di là dell’uomo, nel dominio suo proprio, la lotta contro Lucifero e Arimane. Da ciò risultò la grande, tragica difficoltà poiché Lucifero si avvicina tanto più facilmente all’uomo, quanto più Michele, il quale conserva anche il passato, deve tenersi lontano dall’uomo. Così si svolse da parte di Michele contro Lucifero ed Arimane, nel mondo spirituale immediatamente limitrofo alla terra, l’ardente lotta per l’uomo mentre questi, nell’ambito terrestre stesso, teneva in attività la sua anima contro la corrente salutare della propria evoluzione.
Tutto questo vale naturalmente per la vita culturale europea ed americana. Per quella asiatica si dovrebbe parlare diversamente
” (p. 136).

Vedete: “l’ardente lotta per l’uomo”. Chiunque faccia davvero suo lo spirito dell’antroposofia, non può non mettersi interamente al servizio di questa “ardente lotta”.
Che cosa fanno infatti le forze avverse all’uomo? Gli mettono ad esempio in testa, come abbiamo visto, di essere un prodotto del caso, e quindi un essere in balia di un’entità (metafisica) imprevedibile e inconoscibile.
Per quale ragione, altrimenti, essendo necessario ricorrere a una realtà extrasensibile per spiegare il fenomeno, si dovrebbe preferire fare appello a quella del caso, ossia a un’”idea-non-idea” o a un’“idea vuota”, piuttosto che a quella dello spirito o dell’Io?
(Ove poi si consideri, come afferma Steiner, che “lo spirito porta la necessità nella casualità” [30], l’idea di una “casualità creatrice” appare il prodotto di una vera e propria “sincope” spirituale.)
Deve essere sottolineato che queste cose, se vogliamo capire il perché Steiner parli non solo di una “lotta ardente per l’uomo”, ma anche, riferendosi a Michele, di dolore, di ansia, di angoscia e di tragicità, vanno non soltanto pensate, ma anche sentite.
“L’uomo – dice ancora – era contento di poggiare su terreno “sicuro””.
Questo stato d’animo “positivistico” (nel senso di Comte) non ha ovviamente a che fare con la “positività”: ossia con l’esercizio che Steiner ci suggerisce di praticare. Il “positivismo” ha infatti un occhio solo, mentre la “positività” ne ha due, ed è per questo che può cogliere l’inquietante risvolto spirituale del moderno progresso materiale.
Tanto più ci si accontenta, infatti, di questo progresso, tanto più crescono, in Michele, l’ansia e l’angoscia per il nostro futuro, giacché le forze da lui vinte devono essere vinte anche da ciascuno di noi.
“Lucifero – dice sempre Steiner – si avvicina tanto più facilmente all’uomo, quanto più Michele (…) deve tenersi lontano dall’uomo”.
Perché Michele “deve tenersi lontano dall’uomo”, aspettando che questi muova verso di lui in piena coscienza e volontà? Lo abbiamo detto: per non violare e infirmare la sua libertà.
Leggiamo adesso le massime.

134) “Nel primissimo tempo dell’evoluzione dell’anima cosciente, l’uomo sente di aver perduto l’immagine dell’umanità, dell’entità sua propria, prima datagli immaginativamente. Ancora impotente a trovarla nell’anima cosciente, egli la cerca sulla via scientifica o su quella storica. Vorrebbe far risorgere in sé l’antica immagine dell’umanità”.

135) “Per tale via non si perviene ad essere veramente pervasi di entità umana, ma soltanto ad illusioni. Però non ce ne avvediamo, e crediamo di scorgervi qualcosa da cui l’umanità è portata”.

136) “Così, nell’epoca antecedente alla sua attività sulla terra, Michele deve guardare con ansia e con dolore all’evoluzione dell’umanità. Ché l’umanità ripudia ogni considerazione spirituale, e così facendo taglia tutto ciò che la collega con Michele”.

Note:

1) R.Steiner: Il quinto Vangelo – Antroposofica, Milano 1989, pp. 122, 127;
2) cit. in S.Rihouët-Coroze: Rudolf Steiner: la vita e l’opera del fondatore dell’antroposofia – Convivio, Firenze 1989, p. 329;
3) Noterella 7 ottobre 2008;
4) S. Rihouët-Coroze: op. cit., p. 191;
5) R.Steiner: La soglia del mondo spirituale in Sulla via dell’iniziazione – Antroposofica, Milano 1977, p. 156;
6) cfr. R.Steiner: Cronaca dell’Akasha – Bocca, Milano-Roma 1953;
7) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni – Antroposofica, Milano 1995, p. 105;
8) R.Steiner: L’iniziazione – Antroposofica, Milano 1971, p. 156;
9) R.Steiner: Il quinto Vangelo, pp. 14-15;
10) S. Rihouët-Coroze: op. cit., p. 94;
11) cfr. C.G.Jung: La simbolica dello spirito – Einaudi, Torino 1975;
12) C.G.Jung: Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna – Einaudi, Torino 1969, p. 5;
13) F.Antonini: Psicanalisi e filosofia – Tempora, Roma 1964, pp. 43, 129;
14) R.Steiner: Formazione di comunità – Antroposofica, Milano 1992, p. 122; 15) R.Steiner: L’antroposofia e le scienze – Antroposofica, Milano 1995, p. 7;
16) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni – Antroposofica, Milano 1995, p. 183;
17) Parsifal – Ricordi & Sonzogno, Milano 1981;
18) R.Steiner: Formazione di comunità, p. 12;
19) cit. in R.Steiner: Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo in Saggi filosofici – Antroposofica, Milano 1974, p. 69;
20) G.W.F.Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche – Laterza, Roma-Bari 1989, p. 198;
21) cfr. Intelletto d’amore, 20 giugno 2004;
22) E.Uehli: La nascita dell’individualità dal mito – Bocca, Milano 1939, p. 188;
23) N.Berdjaev: Nuovo Medioevo – Fazi, Roma 2004, p. 76;
24) ibid., p. 53;
25) M.Bigi: Il TAU un segno di spiritualità – Dehoniane, Bologna 2002, p. 29;
26) R.Steiner: La soglia del mondo spirituale, p. 132;
27) cfr. Elefanti e chincaglieria, 15 novembre 2008;
28) E.Boncinelli: Come nascono le idee – Laterza, Roma-Bari 2008, p.57;
29) cfr. R.Steiner: I punti essenziali della questione sociale – Antroposofica, Milano 1999;
30) R.Steiner: Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo, p. 78.

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Di Lucio Russo
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