Affronteremo stasera una nuova lettera, dal titolo: Storia celeste. Storia mitologica. Storia terrena. Mistero del Golgota (4 gennaio 1925).
Due parole, prima di cominciare.
E’ senz’altro importante aver acquisito una coscienza “storica” o “storicistica”, ma sarebbe altrettanto importante realizzare che per ora è limitata.
Ho già fatto notare, ad esempio, che quando si scrive la biografia di qualcuno si tiene conto dei suoi soli periodi di veglia, quasi che lo svolgimento della vita fosse discreto ed escludesse il sonno e i sogni.
Ma non è così. La vita è un continuum, e non è raro che esperienze fatte durante la notte, vuoi nello stato d’incoscienza del sonno senza sogni, vuoi in quello della coscienza di sogno, determinino scelte diurne.
Io stesso posso dire che la mia vita è stata segnata da un sogno fatto nel 1971, poco prima dell’incontro con Massimo Scaligero (1); chi omettesse di considerarlo, non potrebbe comprenderla.
Ma proprio questo fanno quegli storici che, basandosi unicamente sui documenti o sulle testimonianze scritte, riescono tutt’al più a risalire alla cultura sumerica (grosso modo, al 4000 a.C.). Prima della storia c’è stata però una preistoria: una “storia terrena” precedente l’uso della scrittura, una “storia mitologica” e una “storia celeste”.
(“Per la scienza dello spirito il più importante punto di connessione fra l’epoca storica e quella preistorica, dopo la cosiddetta catastrofe atlantica, è costituito da quella che viene abitualmente chiamata l’epoca glaciale, la più recente delle glaciazioni. In quell’epoca [circa 10.000 anni fa] si compì anche l’ultimo atto della sommersione del continente atlantico, che oggi forma il fondo dell’Oceano Atlantico” [2].)
Fatto sta che il divenire della storia, lo abbiamo detto, non è che il divenire dell’anima umana.
Sappiamo che, parlando di anima senziente (mitologica), di anima razionale-affettiva (filosofica) e di anima cosciente (scientifica), parliamo di fasi evolutive della durata di circa 2160 anni ciascuna, così come sappiamo che l’evoluzione dell’anima senziente è stata preceduta da quelle del corpo senziente (supporto dell’anima senziente), del corpo eterico (supporto dell’anima razionale-affettiva) e del corpo fisico (supporto dell’anima cosciente).
(Ricordiamo che per “corpo astrale” s’intende, come si spiega in Teosofia, l’insieme di “corpo senziente” e “anima senziente”.)
Sappiamo, insomma, che prima dell’evoluzione “terrena” dell’anima, ossia di quella del rapporto mediato col mondo spirituale, c’è stata l’evoluzione “celeste” (antico-saturnia, antico-solare e antico-lunare) del corpo, ossia quella del rapporto immediato col mondo spirituale.
Cominciamo adesso a leggere.
“Nel cosmo spaziale si stanno di fronte le immensità del firmamento e il centro della terra. Nelle immensità del firmamento sono in certo modo “disseminate” le stelle. Dal centro della terra irradiano forze in ogni direzione dello spazio cosmico.
Dato il modo in cui l’uomo, nella presente epoca cosmica, è situato nel mondo, il risplendere delle stelle e l’azione delle forze terrestri possono apparirgli soltanto quale opera compiuta complessiva degli esseri divino-spirituali con i quali è collegato nella sua interiorità” (p. 146).
Abbiamo visto, a suo tempo, che dire opera compiuta significa dire “cosa divenuta o fatta”.
Pensate ad esempio al Buddha. Sappiamo, grazie alle rivelazioni di Steiner, che attualmente vive e opera nel mondo spirituale, al servizio del Cristo. Ebbene, chi ne è vero discepolo? Chi segue il suo antico insegnamento (ch’è opera compiuta), o chi segue quello che impartisce oggi dalla sfera di Marte? Si può dunque tradire il Buddha vivente seguendo il Buddha storico, mentre gli si può rimanere fedeli seguendo il Cristo vivente.
Dice Steiner che quella che abbiamo di fronte, quale opera compiuta, è ciò che gli esseri divino-spirituali hanno creato.
E dove sono adesso tali creatori? Sono nel creato, o altrove? E se sono altrove, che cosa stanno facendo?
“Ma vi fu un’epoca cosmica in cui il risplendere delle stelle e le forze terrestri erano ancora immediata manifestazione spirituale degli esseri divino-spirituali. Nella sua ottusa coscienza, l’uomo sentiva gli esseri divino-spirituali attivi nella sua entità.
Seguì poi un’altra epoca. Il firmamento si staccò, quale ente corporeo, dall’azione divino-spirituale. Ne nacque ciò che si può chiamare spirito del mondo e corpo del mondo. Lo spirito del mondo è una pluralità di entità divino-spirituali. Nell’epoca più antica esse agiscono sulla terra dalle loro sedi stellari. Ciò che risplendeva negli spazi, ciò che irradiava come forze dal centro della terra, era in realtà intelligenza e volontà delle entità divino-spirituali intente a creare la terra e l’umanità terrestre” (p. 146).
Dobbiamo ricordare quanto abbiamo detto a commento della lettera, intitolata: Le esperienze e le vicende di Michele durante il compimento della sua missione cosmica (26 ottobre 1924).
L’”epoca cosmica in cui il risplendere delle stelle e le forze terrestri erano ancora immediata manifestazione spirituale degli esseri divino-spirituali”, è quella in cui l’Entità divino-spirituale (l’essere di Hegel) era ancora nella sua manifestazione (nell’essenza, sempre di Hegel), mentre l’epoca seguente è quella in cui la prima si divide dalla seconda.
Dissi allora, riprendendo le parole di Steiner, che l’Entità divina, nel corso di questa seconda epoca, depone od oggettiva la manifestazione divina, distaccandosene e percorrendo “dietro” di essa “il periodo successivo della sua propria evoluzione”.
“Nell’epoca cosmica posteriore – dopo l’evoluzione di Saturno e del Sole – l’attività dell’intelligenza e della volontà degli esseri divino-spirituali diventò sempre più spiritualmente interiore. Ciò in cui esse erano in origine attivamente presenti diventò “corpo del mondo”, ordinamento armonico delle stelle negli spazi universali. Possiamo dire, guardando indietro a queste cose con una concezione del mondo conforme allo spirito: dal primordiale corpo-spirito degli esseri creatori dei mondi, nacquero lo spirito del mondo e il corpo del mondo. E il corpo del mondo, nell’ordinamento e nel movimento delle stelle, palesa quale fosse un tempo l’azione intelligente e volitiva degli dèi. Ma per il presente cosmico, ciò che prima erano libera e mobile intelligenza divina e volontà divina nelle stelle, in esse divenne fisso, secondo date leggi” (pp. 146-147).
Fate attenzione: l’“epoca cosmica posteriore” di cui qui si parla è quella costituita dall’evoluzione antico-lunare e da quella terrestre che per l’appunto “seguì” quella costituita dall’evoluzione antico-saturnia e da quella antico-solare.
E’ in quest’”epoca cosmica posteriore” che l’unità primordiale (“corpo-spirito”) si scinde, generando un dualismo, e che si viene di conseguenza a creare una “soglia” tra l’animico-spirituale del mondo, che s’interiorizza, e il “corpo” del mondo, che si esteriorizza.
Al di sopra di tale soglia, si hanno dunque le realtà dell’antico-Saturno (dell’Entità divino-spirituale) e dell’antico-Sole (della manifestazione); al di sotto, si hanno invece quelle dell’antica-Luna (dell’effetto operante) e della Terra (dell’opera compiuta).
Ma che cosa nasce insieme all’opera compiuta? Non è difficile: la necessità.
Un tempo si dava infatti l’imprevedibile e incalcolabile libertà delle entità creatrici (Spiritus ubi vult spirat), mentre adesso, nell’opera compiuta, si dà la prevedibile e calcolabile necessità del creato (delle leggi che lo governano), che “palesa quale fosse un tempo l’azione intelligente e volitiva degli dèi”.
“Dunque ciò che dai mondi stellari risplende oggi sull’uomo terrestre non è espressione immediata della volontà divina, dell’intelligenza divina; è invece un segno fissato di ciò che volontà e intelligenza divine furono un tempo nelle stelle. Nella conformazione dei cieli stellati, che suscita l’ammirazione dell’anima umana, è dunque visibile una manifestazione divina passata, non già la manifestazione presente.
Ma quello che così, nello splendore delle stelle, è “passato”, è invece “presente” nel mondo dello spirito. E l’uomo, col suo essere, vive in questo “presente” spirito del mondo” (p. 147).
Poco fa, ci siamo domandati: “Dove sono adesso i creatori? Sono nel creato, o altrove? E se sono altrove, che cosa stanno facendo?”
Ed ecco qui la risposta: “Quello che così, nello splendore delle stelle, è “passato”, è invece “presente” nel mondo dello spirito. E l’uomo, col suo essere, vive in questo “presente” spirito del mondo”.
Com’è pertanto possibile, osservando il creato (la natura in noi e fuori di noi) ritrovare il Dio-Padre creatore (ex Deo nascimur), così è possibile, osservando l’uomo (il suo animico-spirituale) ritrovare, sia il Dio-Figlio, in cui il creato (l’opera compiuta) muore (in Christo morimur), sia il Dio-Spirito Santo, in cui il creato viene ri-creato (per Spiritum Sanctum reviviscimus).
L’“ottavo giorno” della creazione, è dunque il “giorno” dell’uomo.
(Scrive Paolo: “La creazione attende con gran desiderio la glorificazione dei figli di Dio. La creazione infatti, è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria inclinazione, ma per volontà di Colui che ve l’ha assoggettata, con la speranza che la creazione stessa un giorno sarà liberata dalla servitù della corruzione, per aver parte alla libertà della gloria dei figli di Dio” – Rm 8, 18-21.)
“Nella formazione dell’universo dobbiamo guardare indietro a un’epoca cosmica antica, in cui lo spirito del mondo e il corpo del mondo operano come un’unità. Dobbiamo guardare ad un’epoca di mezzo, in cui essi si svolgono come dualità. E dobbiamo pensare, nell’avvenire, ad una terza epoca, in cui lo spirito del mondo riprenderà il corpo del mondo nell’àmbito della propria azione.
Durante l’epoca antica le costellazioni e il corso delle stelle non avrebbero potuto venir “calcolati”, poiché erano espressione dell’intelligenza libera, della libera volontà di esseri divino-spirituali. In avvenire saranno nuovamente tali da non poter essere calcolati” (pp. 147-148).
L’idea che, un giorno, “le costellazioni e il corso delle stelle” saranno “nuovamente tali da non poter essere calcolati”, potrebbe rallegrare gli isterici e intimorire i nevrastenici.
Quel giorno, però, non ci saranno più né isterici né nevrastenici, ma ci saranno solo degli spiriti autocoscienti, liberi e creatori.
Ha detto Jung che “gli Dèi sono diventati malattie”; per far sì che tornino a essere “salute”, dobbiamo trovare dunque il coraggio di porre fine, come dice Hillman, alla nostra “vana fuga dagli Dèi” (3), riconoscendo la loro piena e viva realtà spirituale, dal momento che la psicologistica “ricerca degli Dèi” di Jung e di Hillman non è meno “vana” della “fuga” dei materialisti.
(Teniamo presenti, al riguardo, queste due importanti affermazioni di Steiner: 1) “Se l’uomo non stabilisce nella sua anima un rapporto cosciente col mondo divino, tale rapporto si stabilisce nel suo inconscio, anche se nulla egli ne sa”; 2) non si tratta di andare alla “ricerca di ricordi vaganti”, ma “di vedere come il paziente sia in connessione con un vero mondo obiettivo di processi spirituali che egli registra soltanto in modo abnorme” [4].)
L’ordinaria coscienza rappresentativa si sente ad esempio sicura (“in salute”) solo quando sta con i piedi per terra, mentre la coscienza immaginativa ci chiede d’imparare a camminare sulle acque, e di conquistare, così, una nuova e più profonda sicurezza.
Ricordate queste parole di Hegel? “Alla coscienza sembra come se, col toglierle il modo della rappresentazione, le sia tolto il terreno, che era suo fermo e abituale sostegno. Quando è trasportata nella pura regione dei concetti, non sa più in qual mondo si sia” (massima 34).
“Il “calcolo” ha valore soltanto per l’epoca cosmica di mezzo” (p. 148).
Chissà, talvolta mi domando, se non è per questo che abbiamo inventato i computer, ossia i “calcolatori”? Non sarà che stiamo inconsciamente delegando a queste macchine quella parte dell’attività intellettuale di cui non avremo più bisogno quando avremo sviluppato i gradi di coscienza superiori?
Non insegna infatti La scienza occulta che gli animali, le piante e i minerali che oggi ci circondano sono stati espulsi dall’uomo?
Ricordo che Scaligero mi consigliò, tra gli altri, un libro di Herbert Fritsche dedicato all’uomo e intitolato appunto: Il primogenito (5).
Non credo sia quindi azzardato ipotizzare che in futuro, agli animali, alle piante e ai minerali, possano aggiungersi degli esseri (sub-naturali) delegati (dall’uomo) a far di conto o a pensare in modo combinatorio o meccanico.
“E come per le costellazioni e il corso delle stelle, ciò vale anche per l’attività delle forze irraggianti dal centro della terra negli spazi. Anche quello che agisce “dalle profondità” diventa calcolabile.
Ma tutto tende, nell’epoca cosmica più antica, verso quella di mezzo nella quale ciò che è spaziale e temporale diventa “calcolabile”, e il divino-spirituale, come manifestazione di intelligenza e di volontà, deve venir cercato “dietro” al “calcolabile” ” (p. 148).
Eccoci di nuovo al cospetto della “soglia” che divide la sfera superiore animico-spirituale (dell’essere) dalla sfera inferiore eterico-fisica (dell’esistere).
Quest’ultima la definiamo “spazio-temporale”, ma è più spaziale (opera compiuta) che temporale (effetto operante), dal momento che il tempo ci limitiamo a calcolarlo o misurarlo, spazializzandolo.
Non conosciamo infatti il tempo, ma solo la sua manifestazione quale successione di eventi nello spazio.