“Qui interviene Michele. Egli sta col proprio essere nell’incalcolabile; ma stabilisce il pareggio fra l’incalcolabile e il calcolabile che porta in sé come pensiero cosmico che ha ricevuto dai suoi dèi” (p. 152).
Ho detto, una sera, che al mondo c’è posto per tutto, ma che tutto deve stare al suo posto. C’è posto per l’opera compiuta, c’è posto per l’effetto operante, c’è posto per la manifestazione e c’è posto per l’Entità divino-spirituale: si tratta però di realtà che si trovano su piani diversi e che costituiscono una gerarchia.
Fra l’elemento incalcolabile e quello calcolabile è possibile dunque un accordo o un “pareggio”.
Quando l’incalcolabile (la libertà) evita invece di misurarsi col calcolabile (con la necessità) nasce allora il velleitarismo: ossia, quella caricatura della volontà che cento ne pensa, e neanche una ne fa.
In tempi “cefalocentrici” e “computazionali” come i nostri, è comunque più facile incontrare (soprattutto nei luoghi del “potere”) degli apatici, dei cinici o dei depressi, presi ossessivamente (arimanicamente) dal calcolabile, che non dei velleitari, degli utopisti o dei maniaci, presi istericamente (lucifericamente) dall’incalcolabile (se non tra coloro che contestano i primi).
“Diversamente sono situate nel mondo le potenze arimaniche. Esse sono la perfetta antitesi degli esseri divino-spirituali con i quali l’uomo è collegato dalla sua origine. Questi ultimi sono attualmente potenze puramente spirituali che portano in sé perfetta intelligenza libera e perfetta libera volontà, ma che tuttavia, in questa intelligenza e in questa volontà, creano la saggia comprensione per la necessità di ciò che è calcolabile e non libero, quale pensiero cosmico dal cui grembo l’uomo deve svilupparsi come essere libero. E con tutto il calcolabile, col pensiero dell’universo, essi sono uniti nel cosmo con amore. Questo amore irradia da loro e pervade l’universo” (p. 152).
Che gli “esseri divino-spirituali con i quali l’uomo è collegato dalla sua origine” siano “uniti nel cosmo con amore” con tutto il calcolabile, quale “pensiero dell’universo”, dovrebbe far meditare quanti credono che per diventare spirituali occorra disdegnare le necessità del quotidiano.
Chi procede correttamente lungo la “via del pensiero” mai patirà invece il calcolabile, perché non ne sarà servo, ma se ne servirà.
“In piena antitesi con questo, nell’avida cupidigia delle potenze arimaniche vive il gelido odio contro tutto ciò che si evolve in libertà” (p. 152).
Permettetemi di dire che può conoscere questo “gelido odio” solo chi lo abbia provato sulla propria pelle.
Dice il Cristo-Gesù: “Mi odiarono senza ragione” (Gv 15,25). Ma una ragione c’era, dal momento che il Cristo era (ed è) l’”Io sono”, e l’”Io sono” era (ed è) non solo “la via, la verità e la vita”, ma anche la libertà.
Ed è proprio ciò che vive in libertà a suscitare il “gelido odio” delle potenze arimaniche: un odio nutrito di menzogne, di calunnie e di paure.
“L’intento di Arimane è di fare una macchina cosmica di quanto egli emana dalla terra negli spazi universali. Il suo ideale è unicamente: “Misura, numero, peso”. Egli fu chiamato ad inserirsi nel cosmo che serve all’evoluzione dell’umanità, perché occorreva svilupparvi il suo campo d’azione, e cioè “misura, numero e peso” ” (p. 152).
Il campo d’azione della “misura”, del “numero” e del “peso” è il campo dell’opera compiuta.
Ebbene, l’opera compiuta sta all’uomo come il piedistallo sta alla statua. L’opera compiuta è infatti la base sulla quale cominciamo a costruire l’autocoscienza, e che tanto più nobilitiamo (e redimiamo) quanto più, in virtù dell’impulso del Cristo, vi edifichiamo sopra l’homo.
Potremmo quindi dire, tornando agli ostacolatori, che Arimane vorrebbe ridurci piedistalli senza statua, Lucifero statue senza piedistallo.
E’ in ragione dell’equilibrio che dovrebbe invece regnare tra ciò che sta al di sopra della soglia (la statua) e ciò che ne sta al di sotto (il piedistallo) che Michele viene a volte rappresentato, come forse sapete, con in mano una bilancia, anziché una spada.
“Solo chi, dovunque, comprende l’universo quale spirito e corpo, lo comprende realmente. Di questo va tenuto conto fin dentro alla natura, sia in relazione alle potenze divino-spirituali operanti per amore, sia in relazione a quelle arimaniche operanti per odio. Dobbiamo scorgere nel calore universale naturale, che inizia a primavera e agisce verso l’estate, l’amore naturale degli esseri divino-spirituali; dobbiamo invece scorgere l’azione di Arimane nel gelido soffio invernale” (pp. 152-153).
Abbiamo visto che Lucifero e Arimane diventano ostacolatori solo quando varcano il limite assegnato loro dalle forze creatrici, e che lo varcano perché l’uomo non ha ancora sviluppato le forze necessarie a contenerli.
(Scrive Scaligero: non “si deve credere che i produttori del male siano Lucifero o Ahrimane; in tal senso essi sono davvero innocenti. L’autentico produttore del male è l’uomo, per il fatto che inconsciamente fa un uso errato delle forze di Lucifero e di Ahrimane, non distinguendo da esse la propria inalterabile forza: quella insita nell’Io” [21].)
Abbiamo qui l’esempio delle stagioni. Durante la primavera e l’autunno, attraverso il tepore e la frescura, agiscono le entità spirituali regolari, mentre durante l’estate e l’inverno, attraverso gli opposti eccessi del solleone e del gelo, agiscono Lucifero e Arimane.
Dire che “non ci sono più le mezze stagioni” è diventato un luogo comune. Resta comunque un brutto segno. Il passare sempre più rapidamente dall’estate all’inverno, e viceversa, significa infatti passare sempre più rapidamente dalla sfera ipotecata da Lucifero a quella ipotecata da Arimane, trattenendosi perciò sempre meno in quelle “temperate”, più propriamente umane.
“Nel culmine dell’estate la forza di Lucifero si intesse nell’amore naturale, nel calore. Nell’epoca natalizia la forza degli esseri divino-spirituali con cui l’uomo è collegato sin dai primordi si rivolge contro il gelido odio di Arimane. E verso la primavera l’amore naturale divino mitiga continuamente l’odio naturale di Arimane.
L’apparire di questo amore divino che sorge annualmente è il momento che ricorda come col Cristo entrò, nel calcolabile elemento terrestre, il libero elemento divino. Cristo opera in piena libertà nel calcolabile, e rende così innocuo l’elemento arimanico che solo brama il calcolabile” (p. 153).
Anni fa, andai ad Assisi per assistere alla messa di Natale nell’eremo delle carceri, sul monte Subasio. A mezzanotte in punto, i frati, reggendo ciascuno un lume, portarono in processione il bambinello sino all’altare.
Ebbene, tanto mi colpì il contrasto tra la luce e il lieve tepore che circondavano e accompagnavano il bambinello e il gelido buio della notte invernale, che non solo pensai al “Sole di mezzanotte”, ma mi tornò anche alla mente questa piccola poesia di Rinaldo Küfferle (su un motivo di Angelo Silesio) (22):
E’ sceso in terra il sole nel buio dicembrino:
raggiando, in una greppia sorride un bel bambino.
La terra, non più sola, guarda al domani in festa:
per volontà d’amore, con lei quel bimbo resta.
E’ nato in una greppia il nostro Salvatore,
congiunto s’è alla terra per volontà d’amore.
Ma il cuor tuo stesso, o uomo, fa che una greppia sia,
se vuoi che in te rinasca il frutto di Maria!
E’ nel culmine dell’inverno, che si accende dunque il Sole (cristico) di mezzanotte, mentre è nel culmine dell’estate che si accende il Sole (luciferico) di mezzogiorno.
“L’evento del Golgota è la libera azione cosmica dell’amore nella storia della terra; può essere compreso soltanto dall’amore che l’uomo è capace di sviluppare in sé al fine di comprenderlo” (p.153).
Il sacrificio del Golgota è stato un atto d’amore, e quindi un atto libero, e non necessario (determinato cioè da una causa).
Il Verbo si è fatto carne solo per amore, solo perché ha avuto profonda pietà della sofferenza umana.
Mi avete sentito dire, altre volte, che chi ama davvero la realtà non può non arrivare, prima o poi, all’antroposofia, e non può non amare l’antroposofia tanto quanto ama la realtà: anche il suo semplice studio richiede infatti dedizione, abnegazione o dono di sé.
Fatto si è che amore è il pensare, amore è il sentire e amore è il volere, che l’amore quale pensare è lo Spirito Santo, che l’amore quale sentire è il Figlio, che l’amore quale volere è il Padre, e che come il pensare, il sentire e il volere sono “uno” nell’Io (nell’”Io sono umano”, goccia del mare divino), così lo Spirito Santo, il Figlio e il Padre sono “Uno” in Dio (nell’”Io sono” divino).
Questo amore (l’”amore-azione” e non l’”amore-passione”, direbbe Denis de Rougemont) (23) è naturalmente inviso, sia alle entità arimaniche, che lo sentono troppo caldo, sia a quelle luciferiche, che lo sentono troppo freddo.
Potremmo anche dire, servendoci ancora della distinzione fatta da Scaligero tra la flamma urens (la passione) e la flamma non-urens (l’amore), che la flamma non-urens è invisa ad Arimane perché è flamma, a Lucifero perché è non-urens (dice Parsifal a Kundry: “Te pur con me poss’io salvar / se vincer sai l’impuro ardor. / La pace che al tuo mal ti tolga / da quell’ardor venir non può; / la tua salvezza aspetti invano / se vivo ancor fiammeggia in te”).
Leggiamo adesso le massime.
140) “Il processo cosmico, nel quale è intessuta l’evoluzione dell’umanità e che si rispecchia nella coscienza umana come “storia” in senso lato, si divide nella lunga storia celeste, nella storia mitologica, più breve, e nella storia terrena, relativamente brevissima”.
Potremmo paragonare (con ovvia approssimazione) la storia celeste alla nostra vita intrauterina, la storia mitologica alla nostra vita infantile-adolescenziale (quella della cosiddetta “età evolutiva”), e la storia terrena alla nostra vita adulta.
Tutti noi riviviamo infatti (ontogeneticamente) queste fasi (filogenetiche), non avendo memoria della storia celeste dell’umanità nella stessa misura in cui non abbiamo memoria non solo della storia della nostra vita intrauterina, ma anche di quella della nostra prima infanzia.
141) “Questo processo cosmico si scinde oggi nell’attività “non calcolabile” di esseri divino-spirituali che operano in libertà d’intelligenza e di volere, e nel processo “calcolabile” del corpo del mondo”.
In termini cartesiani, l’attività “non calcolabile” di tali esseri è quella della res cogitans, mentre il “processo “calcolabile” del corpo del mondo” è quello della res extensa.
142) “Al calcolabile del corpo del mondo si oppongono le potenze luciferiche; a quanto opera in libertà d’intelligenza e di volere, le ari maniche”.
143) “L’evento del Golgota è un’azione cosmica libera che scaturisce dall’amore universale e può essere compresa soltanto dall’amore umano”.
Non possiamo capire l’amore se non amiamo, e non possiamo amare se non pensiamo.
Ascoltate quanto scrive Scaligero: “L’autocoscienza è il varco all’amore nella scena del mondo. La coscienza, attingendo la sua intima vita, s’illumina di pensiero d’amore, la sostanza indialettica del pensiero essendo amore. Il moto primo del pensiero è amore. Percepito nel suo scaturire, il pensiero conduce a quella sorgente incorporea d’onde l’amore scorre come idea creatrice. In verità ogni pensiero è in sé, nel suo moto sorgivo, pensiero d’amore” (24).
Note:
1) cfr. Intelletto d’amore, 20 giugno 2004;
2) R.Steiner: La storia alla luce dell’antroposofia – Antroposofica, Milano 1982, p. 38;
3) cfr. J.Hillman: La vana fuga dagli Dèi – Adelphi, Milano 1994;
4) R.Steiner: L’antroposofia e le scienze – Antroposofica, Milano 1995, pp. 136, 132;
5) cfr. H.Fritsche: Il primogenito – Bompiani, Milano 1946;
6) V. Solov’ëv: La crisi della filosofia occidentale – La Casa di Matriona, Milano 1986, pp. 84-85;
7) M.Scaligero: Graal – Tilopa, Roma 1982, p. 28;
8) cfr. R.Steiner: Lo studio dei sintomi storici – Antroposofica, Milano 1961;
9) F.Nietzsche: Sull’utilità e il danno della storia per la vita – Adelphi, Milano 2009, pp. 93-94;
10) ibid., p. 99;
11) Esiodo: Teogonia – Rizzoli, Milano 2010, pp. 36, 37, 39;
12) Erodoto: Storie – Mondadori, Milano 2000, vol. I, pp. 263-265;
13) E.Uehli: La nascita dell’individualità dal mito – Bocca, Milano 1939, pp. 76, 60;
14) L.Paggiaro: Il Modernismo a cinquanta anni dalla sua condanna – Quaderni del clero n° 9-10 – Presbyterium, Padova – Roma – Napoli 1957, pp. 19-20;
15) cfr. J.Campbell: L’eroe dai mille volti – Guanda, Milano 2008;
16) cfr. M.Eliade: Trattato di storia delle religioni – Bollati-Boringhieri, Milano 2008;
17) cfr. G.Vico: La scienza nuova – Rizzoli, Milano 1994;
18) cfr. E.Fromm: Fuga dalla libertà – Mondadori, Milano 2001;
19) cfr. A.Camus: L’uomo in rivolta – Bompiani, Milano 2002;
20) B.Croce: Storia d’Europa nel secolo decimo nono – Laterza, Roma-Bari 1981, p. 300;
21) M.Scaligero: Dallo Yoga alla Rosacroce – Perseo, Roma 1972, p. 185;
22) Antroposofia – Rivista mensile di scienza dello spirito, anno XII, n°12, dicembre 1957, p. 368;
23) cfr. D. de Rougemont: L’amore e l’Occidente – Rizzoli, Milano 1993;
24) M.Scaligero: Dell’amore immortale – Tilopa, Roma 1982, p. 20.