“Nell’organizzazione neurosensoriale l’uomo è ancor oggi collegato col cosmo, come lo era quando, ancora in seno all’elemento divino-spirituale, egli si manifestava solo in germe” (p. 157).
Si usa dire, di quanti si mostrano un po’ svagati, che “stanno con la testa fra le nuvole”, e, di quanti si mostrano tutt’altro che svagati, che “stanno con i piedi per terra”.
Vedete il genio del linguaggio? In effetti, con la testa e con il pensiero stiamo nel cosmo, mentre con i piedi e con la volontà stiamo sulla Terra.
Ma qual è il problema? E’ che non stiamo col pensiero nella volontà e con la volontà nel pensiero e non riusciamo perciò a dare alle forze della Terra le forme del cosmo e alle forme del cosmo le forze della Terra.
Per riuscirci, dovremmo infatti riunire il pensare e il volere, restituendo così al sentire la sua natura originaria.
(Scaligero suggerisce la seguente meditazione: “L’accordo del Pensiero con la Volontà è la base dell’equilibrio e della forza dell’anima. L’equilibrio e la forza dell’anima aprono il varco al suo potere sovrasensibile. E’ il potere in cui risorge come Vita il sentimento, il più vasto e liberatore” [3].)
Fatto si è che come la primigenia unione del pensare col volere si manifestava quale armonia dei sentimenti, così la loro attuale separazione si manifesta quale contrasto o conflitto dei sentimenti (come usano dire gli psicologi, quale “ambivalenza”).
Pensate all’arte contemporanea (ma non solo all’arte): non scorgiamo ovunque delle forze volitive che non riuscendo a incontrarsi e coniugarsi con nuove forme (nuovi gradi) di pensiero, e non potendo perciò diventare creative, non fanno altro che ri-visitare o ri-leggere, in modo parassitario e più o meno in-forme o de-forme, quelle del passato?
Nella danza classica, tanto per dirne una (che so, in Giselle o ne Il lago dei cigni), l’equilibrio tra il pensare e il volere si traduce in movenze eleganti, aggraziate e armoniche, mentre in quella moderna o contemporanea (accompagnata spesso dal “rumore” più che dalla “musica”) il prevalere del pensare intellettualistico sul volere si traduce in movimenti meccanici o robotici, mentre il prevalere del volere istintivo sul pensare si traduce in movimenti sgraziati, convulsi, se non addirittura epilettoidi. (Vi consiglio di leggere quanto dice Steiner della danza in una conferenza tenuta a Berlino il 28 ottobre del 1909 [4].)
Diceva Beethoven che “soltanto l’arte e la scienza innalzano l’uomo fino alla divinità”. Che cosa pensare, allora, di un’arte e di una scienza che non “innalzano l’uomo fino alla divinità”, bensì lo abbassano fino all’animalità?
(L’uomo astratto o “teoretico”, scrive Nietzsche, ossia “il “critico” senza piacere e senza forza, l’uomo alessandrino, che è in fondo un bibliotecario e un emendatore, e si acceca miseramente sulla polvere dei libri e sugli errori di stampa” è “l’uomo artisticamente impotente” che “si crea una specie d’arte, proprio in quanto è l’uomo non artistico in sé” [5]; e Steiner afferma: “L’arte, che nella sua essenza deve scaturire dal mondo del sentimento, diventa essa stessa non verace quando alla sua base vi sia un mondo non verace del sentimento, un mondo del sentimento che è sentimentale o animale” [6]. Nel suo L’inverno della cultura [7], il noto critico d’arte Jean Clair presenta un raccapricciante elenco delle aberrazioni zoologiche e della “caduta escrementizia” dell’arte contemporanea.)
“Nella sua organizzazione ritmica l’uomo vive ancora oggi nel cosmo, come viveva quando già esisteva come uomo, ma non era ancora separato dall’elemento divino-spirituale.
Nella sua organizzazione delle membra e del ricambio, quale base dell’attività volitiva, l’uomo vive in modo che questa organizzazione riecheggia tutto quanto egli ha sperimentato dall’inizio delle sue vite terrene personali-individuali in poi, sia nel corso di esse, sia nella vita fra morte e nuova nascita.
Dalle forze della terra l’uomo trae soltanto ciò che gli conferisce l’autocoscienza. Anche la base fisica corporea dell’autocoscienza proviene dall’azione della terra. Tutto il resto, nell’essere umano, è di origine extraterrena, cosmica. Il corpo astrale, portatore del sentimento e del pensiero, e la sua base eterico-fisica, tutta l’attività vitale nel corpo eterico, persino ciò che ha azione fisico-chimica nel corpo fisico, è di origine extraterrena. Per strano che ciò possa apparire, gli elementi fisico-chimici attivi nell’uomo non hanno origine dalla terra” (pp. 157-158).
Arimane ha buon gioco nel renderci egoisti, giacché sono proprio le forze della terra a conferirci l’autocoscienza: ossia, la coscienza spaziale o materiale (egoica) dell’Io spirituale.
Sappiamo, grazie a Steiner, che alla nostra epoca postatlantica porrà fine non una catastrofe naturale (com’è stato, ad esempio, per quella atlantica), bensì una “guerra di tutti contro tutti”.
La “guerra di tutti contro tutti” non è però che la guerra degli ego contro gli ego (di cui possiamo già scorgere, purtroppo, le avvisaglie).
Sia chiaro: non si tratta di una “profezia”, bensì di una “previsione” o, ancor meglio, di una “prognosi”.
A quale altro futuro potrebbero andare del resto incontro degli ego che si siano rifiutati di combattere spiritualmente se stessi in nome dell’Io (e del Cristo che lo inabita), se non appunto a quello di combattere materialmente gli uni contro gli altri?
Dicemmo, studiando La filosofia della libertà, che l’autocoscienza nasce in virtù dell’opera compiuta, dello spazio, della corporeità, o delle forze della Terra, così come un frutto nasce in virtù dell’albero, ma che tanto l’una che l’altro, una volta maturi, devono essere colti, transustanziati e umanati, e non lasciati marcire.
Dobbiamo dunque ringraziare la Terra per averci dato il frutto dell’autocoscienza egoica, ma dobbiamo essere al contempo pronti ad afferrarla e trasformarla, così da sottrarla a Lucifero e Arimane e consegnarla al Cristo (all’”Io sono”).
Meditiamo, al riguardo, queste due affermazioni di Uehli: “L’uomo è divenuto storico, come risultato dell’evoluzione egoica luciferica. Grazie all’evento del Golgota è divenuta storica l’immortalità dell’uomo. Perciò questo è il sommo fatto biografico dell’umanità. E’ il più profondo e decisivo evento del suo destino”; “Da prima si compì la nascita dell’Io personale nel corpo dell’uomo, attraverso la discordia. Poi si compì la nascita dell’Io cosmico nel corpo della Terra, attraverso l’amore universale” (8).
“Che l’uomo sviluppi in sé questo elemento cosmico extra-terreno, è dovuto all’azione dei pianeti e delle altre stelle. Ciò che egli così sviluppa viene recato dal sole, con le sue forze, alla terra. L’elemento cosmico umano viene trasferito attraverso il sole nella sfera terrestre. Grazie al sole l’uomo vive sulla terra quale essere celeste. È invece dono della luna soltanto ciò mediante il quale l’uomo va al di là della sua propria formazione umana, cioè la facoltà di generare il suo simile” (p. 158).
Facciamo attenzione, perché il carattere della polarità Sole-Luna, così come quello di qualsiasi altra polarità, può variare al variare del punto di vista dal quale lo si considera.
Rimaniamo all’esempio che fa Steiner. In alto, abbiamo la testa; in basso, gli organi della riproduzione. Qual è il polo solare e qual è quello lunare? Dipende: dal punto di vista strutturale, la testa è lunare, mentre gli organi della riproduzione sono solari; dal punto di vista funzionale, la testa è solare, mentre gli organi della riproduzione sono lunari.
Si potrebbe anche dire: dove agisce fisicamente la Luna, agisce etericamente il Sole; dove agisce fisicamente il Sole, agisce etericamente la Luna.
Non dobbiamo mai perdere di vista queste dinamiche e questi rovesciamenti di particolare importanza, ad esempio, per la medicina antroposofica.
Vi consiglio di consultare, in proposito, il secondo dei due volumi di Medicina antroposofica di Victor Bott.
Ve ne do solo un assaggio (relativo alle polarità di Saturno-Luna, Giove-Mercurio, Marte-Venere, e dei corrispondenti metalli): “Tutto ciò che è vita è ritmo, costituito da due polarità le cui manifestazioni si alternano e si equilibrano. Così all’incarnazione segue la disincarnazione; alla nascita si contrappone la morte. Dopo la morte, noi riattraversiamo le sfere planetarie, ma in senso inverso al percorso che ha preceduto la nascita. Il processo di incarnazione non cessa improvvisamente alla nascita, esso si prolunga, pur attenuandosi, fino alla morte. Allo stesso modo, il processo di disincarnazione non comincia al momento della morte, ma sin dal momento della nascita; per noi il processo di morte comincia, se pur discretamente, sin dal nostro arrivo sulla terra. Questo processo si intensificherà nel corso della nostra esistenza. Ciò significa che la nascita costituisce l’inizio del processo di disincarnazione. Tra questi due processi si stabilisce un equilibrio, diverso per ogni età. Lo spostamento di questo equilibrio nell’uno o nell’altro senso costituirà una manifestazione patologica” (9).
“Naturalmente questi non sono gli unici effetti del sole e della luna. Da essi partono anche influssi altamente spirituali.
Quando il sole, intorno all’epoca di Natale, acquista sempre maggiori forze per la terra, si ha l’azione annuale che ritmicamente si manifesta nel campo fisico-terrestre, quale espressione dello spirito nella natura. L’evoluzione umana è un unico elemento, per così dire, di un gigantesco anno cosmico. Ciò riesce evidente da quanto abbiamo detto in precedenza. In quest’anno cosmico è Natale cosmico quando il sole non soltanto agisce sulla terra movendo dallo spirito della natura, ma quando l’anima del sole, lo spirito del Cristo, discende sulla terra.
Come nel singolo uomo le esperienze individuali sono collegate con la memoria cosmica, così il Natale di ogni anno viene sentito dall’anima umana nel giusto modo se l’evento celeste-cosmico del Cristo viene pensato come continuativo nella sua azione, e compreso come un ricordo non soltanto umano, ma cosmico. Non solo l’uomo rammemora solennemente a Natale la discesa del Cristo, ma anche il cosmo” (pp. 158-159).
A commento di questo passo, voglio leggervi due cose.
Primo, queste parole di Unger: “La Lettera dell’11 gen. 1925 termina con l’accenno al mistero di Natale la cui attualità si esprime nel versetto “Oggi è nato per noi il Redentore”. Oggi, e non solo 2000 anni or sono. In tal modo, nel risveglio del sé spirituale è importante prima di tutto la volontà. Partendo dalla volontà, l’uomo viene afferrato dalla forza trasformatrice dell’antroposofia; essa esige uomini di buona volontà” (10).
Secondo, questa “piccola leggenda” (riportata da Herbert Hahn): “Chi si inoltra in un bosco nella notte di S. Giovanni può incontrare in luoghi determinati delle grosse pietre, massi erratici caduti in epoche preistoriche o macigni abbandonati lì dopo essere stati estratti dalle cave. Essi giacciono, immobili e pesanti, e non possono raccontare alla gente ciò che provano durante i mesi freddi dell’inverno o nell’afa estiva. Neppure tra loro possono parlare. Solo una volta all’anno lo possono fare, nella notte di S. Giovanni. Se arriviamo in uno di questi luoghi non avendo mentito neppure una volta nell’ultima settimana, potremo intendere le parole sussurrate dalle pietre e ne saremo tanto commossi da non poter ripetere a nessuno ciò che abbiamo udito.
Chi attraversa il bosco in autunno, nel silenzio rotto solo dal fruscio delle foglie secche, tra gli alberi ormai spogli, potrà sentire, nell’attimo in cui cade l’ultima foglia, che l’albero comincia a tremare sommessamente lungo il tronco e a dire una parola. Chi ode questa parola sa che essa è sacra e la chiuderà nel suo cuore senza poterla comunicare a nessuno.
Ed ora ascoltiamo gli uccelli di passo: ciò che essi si dicono durante l’estate fischiando e cinguettando, è bello, rallegrante ed esaltante. Ma la parola sacra, il grande mistero non vive in quel canto, gli uccelli non lo conoscono ancora e lo apprenderanno soltanto in autunno quando si solleveranno per il grande volo verso il sud. Allora essi grideranno giubilanti, scomparendo in lontananza.
Ed ecco che arriva dicembre, il mese che porta l’inverno e il Natale. L’uomo si accosta al Presepio, sotto le luci radiose dell’albero. Quando, la vigilia di Natale, vedrà il sorriso di Gesù Bambino e udrà il canto di gloria degli angeli, allora finalmente sarà in grado di esprimere ciò che le pietre, le piante e gli animali avevano detto. Si erano rallegrati per la nascita del Bambino nella scura notte invernale: Le pietre a S. Giovanni, le piante in autunno, gli animali nel tardo autunno.
Se le pietre, le piante e gli animali hanno bisogno di tanto tempo per prepararsi alla gioia della notte santa, anche voi, cari bambini, non dovete farvi cogliere impreparati. Condividete l’attesa con le pietre, a S. Giovanni, con le piante, in autunno, con gli animali nel tardo autunno e pensate al Bambino che verrà nella notte di Natale; accoglietelo non solo per voi ma anche per la pietra, per la pianta e per l’animale” (11).
144) “Guardando alle ripetute vite terrene di un uomo, vi si distinguono tre stadi: il più antico è quello in cui l’uomo non esiste ancora come entità individuale, ma come germe nell’entità divino-spirituale. Qui, guardando indietro, non troviamo ancora l’uomo, bensì soltanto esseri divino-spirituali (principati, archai) ”.
E’ questo lo stadio (celeste) che abbiamo paragonato a quello della vita intrauterina.
145) “Segue a questo uno stadio di mezzo nel quale l’uomo esiste già come entità individuale, ma non è ancora sciolto dal pensare, volere ed essere del mondo divino-spirituale. Qui egli non ha ancora la sua personalità attuale che è dovuta al fatto che egli è un essere del tutto indipendente nella sua apparizione terrena, sciolto dal mondo divino-spirituale”.
E’ questo lo stadio (mitologico) che abbiamo paragonato a quello della vita infantile-adolescenziale.
146) “Lo stadio attuale appare soltanto come terzo. Qui l’uomo sperimenta se stesso nella sua forma umana, sciolto dal mondo divino-spirituale; e al mondo circostante si contrappone come personalità individuale. Questo stadio comincia nell’epoca atlantica”.
E’ questo lo stadio (terreno) che abbiamo paragonato a quello della vita adulta.
Note:
1) R.Steiner: Antroposofia: alcuni aspetti della vita soprasensibile – Antroposofica, Milano 2011, p. 109;
2) M.Scaligero: Iside-Sophia. La Dea ignota – Mediterranee, Roma 1980, p. 9;
3) M.Scaligero: Tecniche della concentrazione interiore – Mediterranee, Roma 1985, p. 23;
4) cfr. R.Steiner: Arte e conoscenza dell’arte – Antroposofica, Milano 1998;
5) F.Nietzsche: La nascita della tragedia – Adelphi, Milano 1982, pp. 123 e 127;
6) R.Steiner: Le basi conoscitive e i frutti dell’antroposofia – Antroposofica, Milano 1968, p. 13;
7) cfr. J.Clair: L’inverno della cultura – Skira, Milano 2011;
8) E.Uehli: La nascita dell’individualità dal mito – Bocca, Milano 1939, pp. 185-186, 189;
9) V.Bott: Medicina antroposofica – IPSA, Palermo 1991, vol. II, p. 193;
10) C.Unger: Il linguaggio dell’anima cosciente – Antroposofica, Milano 1970, p. 306;
11) H.Hahn: Pedagogia e religione – Antroposofica, Milano 2000, pp. 71-73.