“Le archai ricevono l’uomo dalle mani degli exusiai. Questi, nel pensiero, avevano già creato un’unità dalla pluralità umana. Ma per gli exusiai tale unità era ancora una figura ideale, una figura di pensiero universale. Le archai ne formarono la figura eterica, ma in modo che essa contenesse già le forze atte a produrre la figura fisica” (pp. 161-162).
Gli Exusiai (gli Spiriti della forma) sono le entità immediatamente superiori alle Archài (agli Spiriti della personalità).
Il passaggio di consegne di cui parla qui Steiner è dunque quello dalle entità più basse della seconda Gerarchia a quelle più alte della terza.
Dire che gli Exusiai “avevano già creato un’unità dalla pluralità umana” equivale a dire che avevano già creato l’Io.
Che cosa abbiamo infatti appreso da La scienza occulta? Che siamo degli Io grazie appunto agli Spiriti della Forma o Elohim, che uno degli Elohim è Jahvè, e che proprio a Jahvè si deve la nascita del “monoteismo”: ossia, di una religione dell’Io che si contrappone, significativamente, a quelle pagane e “politeistiche” del corpo astrale.
“Un quadro possente ci si rivela contemplando quei processi. L’uomo è l’ideale degli dèi, la mèta degli dèi. Ma il riconoscerlo non può essere per l’uomo fonte di orgoglio o presunzione, perché a lui è lecito attribuirsi, come generato da sé, solamente ciò che nelle sue vite terrene egli ha fatto di sé con la sua autocoscienza. E questo, espresso in proporzioni cosmiche, è ben poca cosa di fronte a ciò che, come base del suo proprio essere, gli dèi, dal macrocosmo che sono gli dèi stessi, hanno creato come microcosmo, vale a dire l’uomo stesso. Gli esseri divino-spirituali stanno nel cosmo gli uni di fronte agli altri. Di ciò è espressione visibile la configurazione del cielo stellato. Essi vollero creare in una unità, come uomo, ciò che essi sono, in quanto così riuniti” (p. 162).
Riconoscere che “l’uomo è l’ideale degli dèi, la mèta degli dèi” deve accrescere il nostro senso di responsabilità (essere uomo, dice Steiner, significa “un impegno nei confronti dello spirito”) (9), e non inorgoglirci o esaltarci.
Abbiamo detto che il macrocosmo si contrae nel microcosmo, affinché il microcosmo possa poi ri-espandersi in un nuovo macrocosmo. Ma questo secondo movimento (reso possibile dall’incarnazione del Logos) rappresenta un compito che noi, in quanto liberi, possiamo accettare (per amore) o rifiutare (per paura), rimanendo arroccati nell’ego.
Ho fatto notare, una sera, che se si mettesse su un piatto della bilancia tutto quello che Steiner ha detto del passato e sull’altro tutto quello che ha detto del futuro, ci si accorgerebbe che il peso che grava sul primo supera di gran lunga quello che grava sul secondo.
E perché? L’abbiamo detto: perché se sappiamo da dove veniamo, sappiamo pure dove dobbiamo andare. Per sapere da dove veniamo, dobbiamo però far riemergere dall’inconscio il ricordo della nostra vera storia (ripensiamo di nuovo a questi passi della preghiera per i defunti: “Alle origini era la forza del ricordo, / la forza del ricordo deve diventare divina, / un essere divino /… / Le tenebre di oggi possano afferrare la luce / del ricordo diventato divino!”).
E’ noto, ad esempio, che gli psicoanalisti (soprattutto freudiani), per capire il presente, risalgono all’infanzia.
C’è però un’infanzia dell’individuo e c’è un’infanzia dell’umanità, ed è impossibile capire davvero il presente se non si risale anche a questa.
Solo conoscendo il nostro vero passato o la nostra vera storia ci sarà possibile infatti capire qual è il nostro compito attuale o la nostra presente responsabilità.
Dice Steiner: “Gli esseri divino-spirituali stanno nel cosmo gli uni di fronte agli altri. Di ciò è espressione visibile la configurazione del cielo stellato. Essi vollero creare in una unità, come uomo, ciò che essi sono, in quanto così riuniti”.
Torniamo, ancora una volta, all’esempio del ritmo di espansione-contrazione, e immaginiamo, pensando al cuore, che la diastole sia la manifestazione di un essere in grado solo di espandersi, e che la sistole sia la manifestazione di un essere in grado solo di contrarsi, sicché, se fosse per il primo, non si darebbero mai contrazioni, mentre, se fosse per il secondo, non si darebbero mai espansioni.
Come si fa, dunque, a “far nascere” l’uomo (e a fare quindi del molteplice un uno)? E’ presto detto: si prende l’essere dell’espansione, si prende l’essere della contrazione, e li si collega in modo tale da costringere l’uno a limitare l’azione dell’altro, e viceversa.
Nasce così un terzo essere (“umano”) in cui si svolge un’attività (ritmica) che non obbedisce né all’essere (alla legge) della sola espansione, né all’essere (alla legge) della sola contrazione.
Sentite, in proposito, quanto scrive Pico della Mirandola (1463-1494) nel suo celebre Discorso sulla dignità dell’uomo: “Stabilì finalmente l’ottimo artefice [Dio] che a colui cui nulla poteva dare di proprio fosse comune tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri. Perciò accolse l’uomo come opera di natura indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: “Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu, non costretto da nessuna barriera, la determinerai secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo perché di là meglio tu scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine”” (10).
“Gli esseri divino-spirituali – dice Steiner – stanno nel cosmo gli uni di fronte agli altri. Di ciò è espressione visibile la configurazione del cielo stellato”: nello Zodiaco, infatti, l’Ariete sta di fronte alla Bilancia, i Pesci alla Vergine, l’Acquario al Leone, il Capricorno al Cancro, il Sagittario ai Gemelli e lo Scorpione al Toro.
(Le relazioni tra queste regioni zodiacali e le Gerarchie vengono brevemente illustrate da Prokofieff ne Le dodici notti sante e le Gerarchie Spirituali [11].)
Sono queste entità che “vollero creare in una unità, come uomo, ciò che essi sono, in quanto così riuniti”, e che vorrebbero convivere nell’uomo (nell’homo zodiacalis) in piena armonia, così come in piena armonia vivono nel cosmo (“come in cielo, così in terra”).
(Riguardo alla figura umana e all’homo zodiacalis, si consulti, in particolare, L’uomo alla luce di occultismo, teosofia e filosofia. Vi si troverà, tra l’altro, questa importante considerazione: “Se si prende come punto di partenza l’uomo interiore, vi è una certa insicurezza: non si è certi di liberarsi senza dubbio dalle forze luciferiche e arimaniche e di non rimanere impigliati in ciò che da esse può penetrare nelle nostre visioni occulte. Perché è molto, moltissimo, quello che può penetrare e amalgamarsi nell’anima, senza che ce ne accorgiamo, per influsso delle forze luciferiche e arimaniche. In realtà, di molte cose crediamo che siano contenuti straordinariamente buoni per l’anima, mentre invece non lo sono affatto, perché in realtà sono intrisi delle forze esercitate sull’uomo da Arimane e da Lucifero. Per questo, in assoluto, il fondarsi sulla figura umana resta il punto di partenza più sicuro per il discepolo dell’occultismo. Essa è ciò su cui ha avuto meno presa l’influsso di ciò che chiamiamo forze luciferiche e arimaniche. Anche se vi prego di notare la parola “meno”, perché la figura umana ha subito a sua volta tali influenze, ma appunto nel minimo grado” [12].)
“Per ben comprendere ciò che la gerarchia delle archai compiè quando creò coralmente la figura umana, si deve considerare che esiste una differenza considerevole fra questa figura e il corpo fisico dell’uomo. Corpo fisico è ciò che si svolge nell’essere umano fisicamente e chimicamente. Questo avviene per l’uomo attuale entro la figura umana. Ma questa, per sé stessa, è in tutto e per tutto spirituale” (p. 162).
Lo abbiamo detto e ripetuto: una cosa è la figura umana spirituale, altra la sostanza che la riempie. La prima (il phantòma) è infatti, “per sé stessa”, un’idea, un’ispirazione e un’immaginazione degli Dèi (“Le archai ricevono l’uomo dalle mani degli exusiai. Questi, nel pensiero, avevano già creato un’unità dalla pluralità umana”).
(Per il phantòma, si consulti, di Steiner, Da Gesù a Cristo [13].)
“Dovrebbe compenetrarci di solennità lo scorgere, nel mondo fisico e con sensi fisici, un ente spirituale come figura umana. Chi è dotato di veggenza spirituale vede nella figura dell’uomo una vera immaginazione che è discesa nel mondo fisico. Per vedere delle immaginazioni, occorre passare dal mondo fisico nel mondo spirituale più vicino. Così facendo ci si accorge come la figura umana sia affine a quelle immaginazioni” (p. 162).
La Pietà di Michelangelo o il David di Donatello sono creazioni umane, mentre la figura umana è una creazione divina (il “tempio di Dio”). Può però vederla così (e compenetrarsi perciò “di solennità”) solo chi abbia riunito, in sé, l’elemento conoscitivo e l’elemento artistico: solo chi abbia sviluppato, cioè, il senso immaginativo.
“Lo sguardo animico dell’uomo, se osserva retrospettivamente la vita fra morte e nuova nascita, come primo periodo trova questo sorgere della figura umana. E insieme scopre allora quale profonda relazione esista fra l’uomo e la gerarchia delle archai.
In questo periodo si può già parlare di un accenno di differenziazione fra la vita sulla terra e la vita tra la morte e una nuova nascita. La gerarchia delle archai lavora infatti al divenire della figura umana in periodi ritmici. In un dato periodo dirige più verso il cosmo extraterrestre i pensieri che guidano le volontà del singolo. In un altro periodo guarda giù verso la terra. E dalla collaborazione fra quello che viene stimolato dal cosmo extraterrestre e dalla terra, viene a formarsi la figura umana; essa è così l’espressione del fatto che l’uomo è insieme essere della terra ed essere del cosmo extraterrestre.
La figura umana, quale è qui descritta come creazione della gerarchia delle archai, non comprende però soltanto i contorni esteriori dell’uomo e la conformazione della superficie delimitata dalla sua pelle, ma comprende anche la configurazione delle forze inerenti al suo portamento, alla sua facoltà di movimento adattata alle condizioni terrestri, e alla facoltà di adoperare il suo corpo come mezzo di espressione per la sua interiorità.
Che l’uomo possa inserirsi in posizione eretta nelle condizioni dovute alla gravità della terra, che in quelle condizioni egli possa mantenersi in equilibrio muovendosi liberamente, che egli possa strappare alle forze di gravità braccia e mani, adoperandole in libertà, questo ed altro ancora che è sì all’interno, ma pure dipende dalla conformazione, tutto questo l’uomo deve alla creazione della gerarchia delle archai. Tutto questo viene preparato nella vita che anche per il detto periodo possiamo chiamare fra morte e nuova nascita. E vi viene preparato in modo che nel terzo periodo, nell’epoca presente, l’uomo abbia egli stesso la facoltà di lavorare a questa sua conformazione per la vita terrena, durante la sua vita fra morte e nuova nascita” (pp. 162-163).
Il “primo periodo” in cui “lo sguardo animico dell’uomo”, osservando “la vita fra morte e nuova nascita” trova il “sorgere della figura umana” è quello della “storia celeste”.
E’ in questo periodo che la Gerarchia delle Archài, ora dirigendo “verso il cosmo extraterrestre i pensieri che guidano le volontà del singolo”, ora guardando “giù verso la terra”, forma, “dalla collaborazione fra quello che viene stimolato dal cosmo extraterrestre e dalla terra”, la figura umana.
Tutto viene predisposto affinché l’uomo stesso, nel corso della “storia terrena” (“nel terzo periodo, nell’epoca presente”), abbia “la facoltà di lavorare a questa sua conformazione per la vita terrena, durante la sua vita fra morte e nuova nascita”.
Come i figli imparano quello che hanno visto fare dai genitori, così noi impariamo quello che abbiamo visto fare dalle Archài o Spiriti della personalità.
Siamo dunque qui perché altri hanno lavorato per noi, ma siamo noi, adesso, a dover lavorare per gli altri.
Pensate, ad esempio, all’Angelo Custode: quando ci saremo un giorno portati al suo livello (a quello del “Sé spirituale”), lo libereremo dal compito di custodirci, dandogli così modo di portare avanti la sua evoluzione.
Possiamo quindi, progredendo, liberarlo, ma possiamo pure, regredendo, portarlo con noi alla rovina.
Leggiamo adesso le massime.
147) “Anche le vite fra la morte e una nuova nascita palesano tre periodi. In un primo periodo l’uomo vive del tutto nella gerarchia delle archai. Da queste viene preparata la sua successiva figura umana per il mondo fisico”.
Lo abbiamo detto e ripetuto: i “tre periodi” palesati dalle vite “fra la morte e una nuova nascita” vanno collegati a quelli della “storia celeste”, della “storia mitologica” e della “storia terrena”.
148) “Le archai preparano così l’essere umano ad esplicare più tardi la libera autocoscienza, perché quest’ultima può svilupparsi soltanto in esseri i quali possono manifestarla per un intimo impulso dell’anima, attraverso la figura che vien creata qui”.
L’Io (dono degli Spiriti della forma) conferisce carattere unitario alla forma umana, e la forma umana (dono delle Archài) conferisce carattere unitario alla coscienza dell’Io (all’autocoscienza).
Ricordate come comincia la “santa orazione” di Bernardo di Chiaravalle? “Vergine Madre, figlia del tuo figlio”.
Perché “figlia del tuo figlio”? Rileggiamo, prima di rispondere, questo passo de La filosofia della libertà: “Non si può naturalmente far nascere il pensare, prima di aver fatto sorgere la coscienza. Ma per il filosofo non si tratta di creare il mondo, bensì di comprenderlo. Egli deve perciò cercare i punti di partenza non per la creazione, ma per la comprensione del mondo (…) Il creatore del mondo doveva anzitutto sapere come trovare un portatore per il pensiero, ma il filosofo deve cercare un fondamento sicuro su cui appoggiarsi per comprendere ciò che già esiste” (14).
Ebbene, ciò che qui viene detto del rapporto tra il pensare e la coscienza vale anche per il rapporto tra la coscienza e l’Io.
Dal punto di vista creativo (che va, per così dire, dall’alto in basso), l’esistenza della coscienza dell’Io (della “figlia”) presuppone infatti quella dell’Io (della “madre”), mentre, dal punto di vista conoscitivo (che va, di contro, dal basso in alto) l’esistenza dell’Io (del “figlio”) presuppone quella della coscienza dell’Io (della “madre”).
Recita l’Ave Maria: “Et benedictus fructus ventris tui, Iesus; e Steiner dice: “Per l’io non è indifferente quel che il pensiero puro fa, perché il pensiero puro è il creatore dell’io” (15).
149) “Così si vede come i germi delle qualità e delle forze dell’umanità, che si rivelano nella nostra epoca, vengano predisposti in epoche da gran tempo trascorse, e come il microcosmo germogli dal macrocosmo”.
Note:
1) Sant’Agostino: Le confessioni – Rizzoli, Milano 1996, p. 273;
2) R.Steiner: Lezioni esoteriche – Antroposofia – Rivista di Scienza dello Spirito, anno LXV, n° 5, p.5;
3) Sant’Agostino: Le confessioni, pp. 21, 22-23;
4) H. Wiesberger: Postfazione a R.Steiner: Storia e contenuti della prima sezione della scuola esoterica 1904-1914 – Antroposofica, Milano 2013, pp. 230-231;
5) R.Steiner: Una fisiologia occulta – Antroposofica, Milano 1981, p. 131;
6) cfr. R.Steiner: Corso di pedagogia curativa – Antroposofica, Milano 2007;
7) cfr. R.Steiner: Miti e misteri dell’antico Egitto – Antroposofica, Milano 2000;
8) K.König: Eterna infanzia – Aedel, Torino 2011, p. 40;
9) cit. in H.Hahn: Pedagogia e religione – Antroposofica, Milano 2000, p. 178;
10) G.Pico della Mirandola: Discorso sulla dignità dell’uomo – La Scuola, Brescia 1987, pp. 5-7;
11) cfr. S.Prokofieff: Le dodici notti sante e le Gerarchie Spirituali – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1990;
12) R.Steiner: L’uomo alla luce di occultismo, teosofia e filosofia – Antroposofica, Milano 2011, p. 149;
13) cfr. R.Steiner: Da Gesù a Cristo – Antroposofica, Milano 1972;
14) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, p. 43;
15) R.Steiner: Filosofia e antroposofia – Antroposofica, Milano 1980, p. 32.