Massime antroposofiche
153/154/155 – 1°

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Massime 153/154/155 – 1°

Questo gruppo di massime segue la lettera intitolata: Che cos’è in realtà la Terra nel macrocosmo? (1 febbraio 1925).
Cominciamo subito a leggere.

Il divenire del cosmo e dell’umanità è stato esaminato in queste considerazioni dai punti di vista più diversi. Ci si è mostrato come l’uomo riceva le forze del suo essere dal cosmo extraterreno, tranne quelle che gli dànno la sua autocoscienza. Queste gli vengono dalla terra” (p. 172).

Perché le forze che ci danno l’autocoscienza le riceviamo dalla Terra? Perché la Terra ci fornisce quella “materia-specchio” in cui l’Io (il nostro “essere”), riflettendosi, prende coscienza di sé.
Affinché nasca l’autocoscienza (dell’Io quale ego) abbiamo bisogno di un corpo fisico e di un apparato neurosensoriale che ci permettano una chiara percezione sensibile (delle nitide immagini percettive).
Lo sviluppo dell’autocoscienza, ossia della coscienza che il soggetto ha di sé, va infatti di pari passo con lo sviluppo della coscienza che il soggetto ha dell’oggetto.
Non a caso, è con l’avvento dell’anima cosciente, supportata dal corpo fisico, che l’Io riesce a mettere distintamente a fuoco tanto l’oggetto quanto il soggetto, vale a dire se stesso, seppure nella sola forma consentitagli dalla natura di tale specchio (nella forma dell’ego).

Con ciò è stata esposta l’importanza dell’elemento terrestre per l’uomo. Deve ora riallacciarvisi la domanda: “Quale importanza ha l’elemento terrestre per il macrocosmo?”.
Per meglio rispondere a questa domanda dobbiamo riesaminare ciò che già abbiamo esposto.
La coscienza veggente trova il macrocosmo in uno stato di vitalità tanto maggiore, quanto più lo sguardo risale verso il passato. In un passato remotissimo, il macrocosmo viveva in modo che termina ogni possibilità di calcolare le sue manifestazioni vitali. Da quello stato di vitalità viene separato l’uomo. Il macrocosmo entra sempre più nella sfera del calcolabile.
Ma con ciò il macrocosmo muore a poco a poco. Nella misura in cui l’uomo, il microcosmo, sorge come entità indipendente dal macrocosmo, quest’ultimo muore.
Nel presente cosmico esiste un macrocosmo morto. Ma nel suo divenire non si è generato soltanto l’uomo. Anche la terra fu generata dal macrocosmo
” (p. 172).

Riprendiamo le due meditazioni date da Steiner per la sera e la mattina.
La sera, prima di addormentarci, pensiamo: “Dio è in me”, poiché ci accingiamo a espanderci e a farci, da centro, circonferenza. Possiamo dire: “Dio è in me”, giacché Dio, nel contempo, si è fatto, da circonferenza, centro.
La mattina, al risveglio, pensiamo invece: “Io sono in Dio”, poiché, contraendoci, ci siamo fatti, da circonferenza, centro, mentre Dio, nel contempo, si è fatto, da centro, circonferenza.
Dunque, durante il sonno, Dio è in me, mentre, durante la veglia, Io sono in Dio.
E’ importante sperimentare questi moti di espansione e contrazione, giacché si tratta di movimenti analoghi non solo a quelli dell’esalazione e dell’inalazione o della diastole e della sistole, ma anche, per quanto riguarda la sola contrazione, a quello in virtù del quale il macrocosmo si è ridotto a microcosmo, diventando opera compiuta o realtà “calcolabile”.
Se ciò non fosse avvenuto, se cioè il macrocosmo, anziché arrestarsi e fissarsi alla fase di contrazione, si fosse ri-espanso, mai si sarebbe data un’opera compiuta, e mai sarebbe stato perciò possibile (come fa la scienza) calcolare e prevedere alcunché.
E’ stato in vista di questo arresto, di questa stasi o di questa morte, che il macrocosmo si è fatto Terra; ed è stato in vista del suo superamento che “il Verbo si è fatto carne”.
In grazia dell’incarnazione del Logos, la Terra (il microcosmo) può tornare infatti a espandersi per generare un nuovo macrocosmo, così come l’uomo può tornare a espandersi, non solo durante il sonno, ma anche durante la veglia, per generare il “Figlio dell’uomo” o il “nuovo Adamo”.
Nel cuore della morte o dell’”inverno”, è stato dunque posto il germe di una nuova vita o di una nuova “primavera”.
Pensate a una pianta che appassisce e muore, ma dai cui semi rinascerà una nuova pianta. In questo caso, la pianta che rinascerà sarà come quella morta, mentre il macrocosmo che rinascerà (risorgerà) sarà diverso e più evoluto di quello che lo ha preceduto.
Tutto ciò ha naturalmente a che fare con l’autocoscienza: c’è stato infatti un Io sono (un macrocosmo) che, contraendosi, è divenuto un ego (un microcosmo), e c’è un ego ch’è chiamato, espandendosi, a divenire (in virtù dell’impulso del Cristo) un Io sono.

L’uomo che riceve dalla terra le forze per la sua autocoscienza, è troppo intimamente legato ad essa per penetrare nell’essere della terra. Nell’epoca dell’anima cosciente, in cui l’autocoscienza viene a completo sviluppo, ci siamo abituati a rivolgere lo sguardo alla grandezza spaziale dell’universo, ed a considerare la terra come un granello di polvere, insignificante di fronte all’universo spaziale fisico.
A tutta prima sembrerà quindi strana la rivelazione che la veggenza spirituale può darci intorno alla vera importanza cosmica di questo cosiddetto “granello di polvere”.
Nella base minerale della terra sono immersi gli altri regni: il vegetale e l’animale.
In tutto ciò vivono le forze che durante il corso dell’anno si mostrano nelle loro diverse forme di manifestazione. Si guardi il mondo vegetale. In autunno e in inverno esso mostra forze fisiche morenti. La coscienza veggente percepisce in questa forma di manifestazione l’essere delle forze che hanno portato il macrocosmo a morire
” (pp. 172-173).

Non siamo stati purtroppo educati a conoscere la natura per conoscere noi stessi, e a conoscere noi stessi per conoscere la natura.
Chi ci ha insegnato, ad esempio (se non Steiner), che, nel mondo animale, dobbiamo l’esistenza degli uccelli, dei felini e dei bovini alle medesime entità che operano, rispettivamente, nel nostro capo (nel pensare), nel nostro sistema mediano o ritmico (nel sentire) e nel nostro apparato metabolico e degli arti (nel volere)?
Sentite che cosa dice Steiner degli uccelli, e in particolare dell’aquila: “Le stesse forze che sul piano fisico determinano la formazione del piumaggio, sul piano astrale determinano la formazione di pensieri. Esse danno all’aquila la formazione del piumaggio, e ciò rappresenta l’aspetto fisico della formazione dei pensieri. All’uomo danno i pensieri; questo è l’aspetto astrale della formazione del piumaggio” (1).
E sentite come conclude: “Volontà, sentimento e pensiero possono venir cercati fuori nel cosmo e nella loro corrispondenza nel microcosmo” (2).

In primavera ed in estate, nella vita vegetale si mostrano forze di germinazione e di crescenza. In questo germogliare e crescere, la coscienza veggente percepisce non soltanto la forza che produce la messe vegetale dell’annata, ma anche un’eccedenza. Ed è una eccedenza di forza germinativa. Le piante contengono maggior forza germinativa di quanta non ne consumino per la crescita di foglie, fiori e frutti. Per la coscienza veggente questa eccedenza di forza germinativa si espande fuori, nel macrocosmo extraterreno” (p. 173).

Al moto centripeto che porta, nel corso dell’autunno e dell’inverno, alla morte delle piante, succede, soprattutto nel corso della primavera, un moto centrifugo, carico di una “eccedenza di forza germinativa”, che “si espande fuori, nel macrocosmo extraterreno”.
A che cosa si deve questa “eccedenza” eterico-fisica? E’ presto detto: al fatto che il Cristo, incarnandosi, è divenuto lo Spirito, il Sole e il lievito della Terra, e che la Terra è divenuta per ciò stesso corpus domini.
E’ questo il germe di una ri-creazione, non nel senso di una periodica ri-produzione di quanto già esiste (quale mero effetto operante), ma nel senso di una nuova creazione, della quale l’uomo è chiamato a essere parte attiva, per consentire così al Cristo (in virtù delle mediazioni di Michele, della Vergine-Sophia e dello Spirito Santo) di agire non solo nella sfera eterico-fisica incosciente, ma anche in quella animico-spirituale cosciente.

Ma anche dal regno minerale fluisce parimenti una forza eccedente nel cosmo extraterreno. Questa forza ha il compito di portare ai giusti luoghi nel macrocosmo le forze provenienti dalle piante. Dalle forze vegetali viene generata, sotto l’influsso delle forze minerali, una nuova immagine di un macrocosmo” (p. 173).

Per questo ho detto, poc’anzi, che l’”eccedenza” ha in primo luogo natura eterico-fisica.
La forza ”eccedente” dei minerali fa, per così dire, da guida macrocosmica o zodiacale alla forza “eccedente” dei vegetali. Dice appunto Steiner: “Questa forza ha il compito di portare ai giusti luoghi nel macrocosmo le forze provenienti dalle piante”.

Allo stesso modo vi sono forze che emanano dall’elemento animale. Queste non agiscono però nel senso delle forze minerali e vegetali, irradiando dalla terra, ma agiscono in modo che gli elementi vegetali i quali, conformati da forze minerali, vengono portati nell’universo, prendano forma sferica, e sorga così l’immagine di un macrocosmo chiuso da ogni lato” (pp. 173-174).

Sappiamo che le piante, in quanto radicate nella Terra, possono crescere, ma non muoversi, mentre gli animali, in quanto sradicati (grazie al corpo astrale) dalla Terra, possono crescere e muoversi, nonché godere di sensibilità (“l’animale – dice Victor Bott – è l’essere animato per eccellenza”).
Ascoltate, al riguardo, queste due strofe:

“Guarda la pianta!
Essa è la farfalla
imprigionata dalla terra.

Guarda la farfalla!
Essa è la pianta
liberata dal cosmo” (3).

“Il soggetto animale – afferma Hegel – è figura in quanto è un tutto, che è in relazione solo con sé stesso. Esso rappresenta il concetto, nelle sue determinazioni sviluppate e in quanto esistono in lui” (4).
Come per tutti i triangoli del mondo c’è un solo concetto di triangolo, così per tutti i gatti del mondo c’è un solo concetto di gatto: quel solo concetto che chiamiamo “Io di gruppo” o “specie”.
Che questo essere, come dice Hegel, “sia in relazione solo con sé stesso” sta a significare ch’è un “soggetto” (un “carattere” o una “personalità” e non, si badi, un’“individualità”, come illustrano ad esempio le favole di Esopo e di Fedro), e quindi un essere che poggia (animicamente) su di sé.
Le forze “eccedenti” dei minerali sono dunque forze orientatrici, le forze “eccedenti” dei vegetali sono forze vivificanti, e le forze “eccedenti” degli animali sono forze qualificanti e strutturanti (in “forma sferica”, simile, in qualche modo, a quella dei blastomeri, le cellule “totipotenti” della morula) quelle essenze o quelle soggettività destinate a svilupparsi nel futuro organismo macrocosmico.
Per quanto riguarda il rapporto tra le forme animali e i pensieri (i concetti, collegati, ricordiamolo, agli Spiriti della personalità), vi raccomando di tornare a meditare, di Steiner, la dodicesima conferenza del primo volume dell’Arte dell’educazione (Antropologia).
Ve ne rileggo solo questo passo: “Forme animali soprasensibili si muovono continuamente nell’uomo, e vengono disciolte. Che cosa accadrebbe se vi fosse un fotografo soprasensibile, capace di fissare questo processo, cioè di registrare le fasi dell’intero processo su delle lastre fotografiche? Che cosa si vedrebbe su queste lastre? Si vedrebbero i pensieri dell’uomo. Tali pensieri sono il corrispettivo soprasensibile di ciò che non arriva ad espressione sul piano sensibile. Questa continua metamorfosi di quanto di animalesco scorre dalla testa verso il basso, non viene ad espressione sul piano fisico, ma agisce nell’uomo in modo soprasensibile, dando luogo al processo del pensiero. Ciò si verifica realmente quale processo d’ordine soprasensibile. La testa non è soltanto quella pigrona che riposa sulle vostre spalle, ma è anche quella parte di voi che vorrebbe trattenervi nell’animalità” (5): che vorrebbe trattenerci, cioè, nel concetto, nell’idea, nella legge o nell’”Io di gruppo”, e per ciò stesso al di qua dell’Io individuale e della libertà.
Come dunque non ricordare, di nuovo, le ultime parole de La filosofia della libertà? “Dobbiamo poterci mettere di fronte all’idea in modo vivente; altrimenti si diventa schiavi di essa” (6).

Così la coscienza che riconosce lo spirito vede l’essere della terra. Questo sta, dentro al macrocosmo morto, come elemento di nuova vivificazione.
Come dal seme, spazialmente così piccolo e insignificante, si forma nuovamente tutta la grande pianta, quando la vecchia morendo si disgrega, così, dal “granello” terra, nasce un nuovo macrocosmo mentre si disgrega il vecchio che è morto
” (p. 174).

Tutto deve ormai passare attraverso l’uomo. In tanto l’uomo è “la meta delle Gerarchie”, in quanto è soltanto attraverso di lui che può essere rigenerato il macrocosmo.

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Di Lucio Russo
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