Alla fine del suo La matematica e la realtà. Capire il mondo con i numeri, Giorgio Israel scrive: “Nessuna forma di attività mentale umana è priva di capacità di portare conoscenza, non lo è neppure la letteratura, come pretende qualcuno; al contrario, la letteratura è una grande fonte di ricchezza conoscitiva. In tal senso, l’invito a coltivare l’umanesimo – a fondare un umanesimo post-digitale – è di grande valore” (Carocci, Roma 2015, pp. 150-151).
Non c’è speranza, però, di “fondare un umanesimo post-digitale” se si perpetua quella dicotomia tra cultura classica (luciferica) e cultura scientifica (arimanica) che ci consegna a un umanesimo non-scientifico e a una scienza non-umana.
Gli ormai sempre più rari uomini di cultura che conservano un po’ di buon senso non hanno comunque il coraggio di intraprendere una “terza” via, riconoscendo che quella (antroposofica) indicata da Rudolf Steiner è per l’appunto una sintesi di umanesimo e di scientificità o, per meglio dire, una scienza dello spirito, nonché dell’anima e della vita, animata dalla medesima obiettività e dal medesimo rigore che caratterizzano la scienza della realtà inorganica (galileiana).
Un altro esempio. In un articolo titolato (nientemeno che): Per un’insurrezione spirituale, Enrique Vila-Matas scrive: “Sogno un’insurrezione spirituale, un rinascimento europeo che pare impossibile per come stanno ora le cose, con lo sfascio morale che i migranti hanno messo così chiaramente in evidenza” (Corriere Della Sera / LA LETTURA, 27 settembre 2015).
Ma in nome di che cosa sogna una cotale “insurrezione” o un cotale “rinascimento”? In nome della letteratura.
“Per questa ragione – dice infatti – mi ha affascinato leggere Por las fronteras de Europa, il libro davvero esaustivo di Mercedes Monmany, con prefazione di Claudio Magris, sulla grande letteratura del vecchio continente”.
Credere che si possa debellare in questo modo (per quanto nobile sia) il male interiore ed esteriore che sta oggi mettendo a sempre più dura prova gli esseri umani equivale tuttavia a credere che si possa debellare un tumore maligno con un cioccolatino (*).
Si tratta infatti di un male (caotizzante e disgregante) che, avendo radici più profonde di quello finora sperimentato, si presta ancor meno a essere riconosciuto dal pensiero ordinario o arginato dalle cosiddette “buone letture”, dal cosiddetto “buon gusto”, dai semplici “buoni sentimenti” o dalla semplice “buona volontà” (cfr. S.Prokofieff: L’incontro con il male – Widar, Venezia-Marghera 2002).
(*) Steiner così ricorda la “Libera società di Letteratura” da lui frequentata nel 1897 a Berlino: “Qui si riunivano “letterati”, e i letterati si riunivano insieme letterariamente; persino nei migliori, dal carattere più nettamente delineato, la “letteratura” (ed era la stessa cosa per la pittura, per la scultura) s’infiltrava così a fondo nell’essenza dell’anima, che l’elemento umano ne veniva spinto nel retroscena” (R.Steiner: La mia vita – Antroposofica, Milano 1992, p. 264).
P.S.
Un articolo, titolato: Il Giappone rottama la cultura umanistica? dà notizia che una circolare del Ministero giapponese dell’educazione ha invitato tutti i rettori delle università nazionali a rendere maggiormente pratici, a limitare o ad abolire “i dipartimenti e le facoltà dedicati a studi umanistici e scienze sociali” (avvenire.it, 15 novembre 2015).
P.P.S.
Riguardo ai “segni” del nuovo male (e a integrazione di ciò che abbiamo detto, circa l’“arte” contemporanea, nella Noterella 4 novembre 2015), riportiamo quanto scrive Emanuele Ricucci, in un articolo titolato: Salvate Cristo dalle mani dell’arte e dell’Europa: “Scatta la corsa al (mas)sacro: chi come Abel Azcona, che con le ostie gettate a terra per comporre la parola “pedofilia”, chi come Andres Serrano che immerge il crocifisso nell’urina, chi come il giornale satirico Charlie Hebdo, che rappresenta la Trinità mentre fa sesso, chi organizza una festa gay a Bologna e mima pratiche sessuali con la croce, immortalandone le gesta, chi pubblicizza una mostra, l’“Internazionale Lgbte”, fotografando una grassa donna nuda che schiaccia col suo tacco la sacra effige di Gesù e della Vergine Maria; chi, con la scusa del teatro, mette in scena una pièce in cui alcuni ragazzi lanciano contro l’immagine carica di pietà e sofferenza del volto di Cristo, gigantografia dell’originale di Antonello da Messina, degli oggetti che hanno tutto l’aspetto di escrementi, visto anche l’odore inequivocabile che invade il teatro, mentre sul volto di Gesù appare la scritta: “Tu non sei il mio pastore”” (Contraerea: Il blog di Emanuele Ricucci – il Giornale.it, 27 novembre 2015).