15/05/2017

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Scrive Hegel: “La religione è una con l’amore. L’amato non ci è opposto, è uno con la nostra essenza: in lui vediamo solo noi stessi, e tuttavia non è noi: miracolo che non siamo in grado di capire” (G.W.F.Hegel: Scritti giovanili – Orthotes, Napoli-Salerno 2015, p. 475).
Non siamo in grado di capirlo perché non siamo di norma in grado (se non ci si vuole illudere) di comprendere il Cristo.
Il miracolo è l’amore, e l’amore è il Cristo (un Soggetto, non un oggetto o una cosa).
Per sperare di poter comprendere il Cristo è indispensabile avere ben chiaro che una cosa è l’io ordinario (l’ego o la personalità, quale riflesso dell’Io spirituale nel mondo fisico-sensibile), che vive una volta sola, e per il quale l’altro è un non-io (un tu-oggetto) (*), altra l’Io spirituale (dono degli Spiriti della forma), che passa da un’incarnazione all’altra, e per il quale l’altro è un altro Io (un altro soggetto), altra ancora l’“Io sono” o il Cristo (appartenente alla Trinità) (**), nel quale l’amante e l’amato sono uno pur restando due (soggetti); è una comunione che non cancella i due soggetti (i due Io), ma li trascende e riunisce in un Terzo, quale Uno dei due (“Nell’amore rimane ancora il separato, ma non più come separato bensì come unito”) (ibid., p. 472).
(Dire: “Non Io, ma il Cristo in me” equivale a dire: Non Io, ma l’amore in me”, così come dire: “Ci unisce l’amore” equivale a dire: “Ci unisce il Cristo”.)
Scrive Scaligero: “La potenza dell’Io è essere nel fondamento, ma esso lo è quando s’immerge nel mondo, perde se stesso nell’altro, essendo l’Io che l’altro cerca come fondamento. Perciò, nel donarsi, l’Io attua la sua infinità: riempie di suo movimento lo spazio che lo separa dall’altro e per cui l’altro è altro” (M.Scaligero: Dell’amore immortale – Tilopa, Roma 1982, p. 16).
Per non fraintendere quest’affermazione si deve capire che “essere nel fondamento” significa “essere nel Cristo”, e che “essere nel Cristo” significa trovare se stessi e l’altro nel Cristo (“L’unità originaria dei molti “Io” – scrive sempre Scaligero – è la sorgente metafisica che nel mondo si attua come amore” – ibid., p. 14).
Non è pertanto l’uno o l’altro dei due Io ad attuare “la sua infinità”, bensì è il Cristo, inabitante entrambi, che “riempie di suo movimento”, o riempie di sé, lo spazio che li separa.

(*) “Liberata dalla tensione di mantenere ostinatamente in vita un oggetto-Dio, la coscienza cartesiana rimane nondimeno imprigionata in se stessa. Di qui il bisogno di evadere dal proprio io [ego] e di andare verso “gli altri” in “incontri”, “aperture”, “solidarietà”, “comunione”. Ma il grande problema è che per la coscienza cartesiana anche l’“altro” è oggetto” (T.Merton: Lo Zen e gli uccelli rapaci – Garzanti, Milano 1970, p. 32).

(**) “Ciò che i Bodhisattva hanno donato all’umanità era ispirato dagli Spiriti del movimento. L’elemento inferiore che irraggiava dal Cristo proveniva dalla sfera gerarchica degli Spiriti della saggezza. Il Cristo [Egli stesso] si trova al di sopra di tutte le gerarchie – appartiene alla Trinità” (R.Steiner: Lezioni esoteriche. Volume II: 1910-1912 – Marzo 2017, p. 278 – Titolo originale: Aus den Inhalten der esoterischen Stunden Band II: 1910-1912 – GA 266/2 [traduzione di Alberto Avezzù, Paolo Fuga, Lidoina Polati]. Per informazioni: tablerondeitalia@yahoo.it).

P.S.
Nel nostro Il femminile, il maschile e l’umano (18 settembre 2003) si osserva che i mistici, per il fatto di condurre l’io ordinario, saltando la mediazione dell’Io spirituale, al diretto cospetto dell’“Io sono”, approdano all’esperienza lunare di un soggetto che si abbandona a un’entità superiore, per perdersi o dissolversi in essa, e non a quella solare di un soggetto che trova sé nell’“Io sono” (Io sono in Dio) e l’“Io sono” in sé (Dio è in me).

Di Lucio Russo
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