Della “rinuncia creativa” (1)

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Al lettore:

nel febbraio del 2018, Lucio Russo ha commentato, per un piccolo gruppo di amici, una lettera delle Massime antroposofiche, dal titolo: L’uomo nella sua entità macrocosmica (8 marzo 1925). Il commento è stato registrato e poi trascritto. Sperando di fare cosa gradita agli amici dell’“Osservatorio”, abbiamo deciso, d’accordo con l’autore, di pubblicarne un ampio stralcio (diviso in tre parti), anche perché può integrare quanto esposto, dallo stesso Russo, nell’articolo intitolato: Due lettere delle Massime antroposofiche (2 novembre 2017).
Abbiamo cercato, per quanto possibile, di conservargli il carattere della esposizione orale.

Il cosmo si manifesta all’uomo dal lato della terra e dal lato del mondo extraterrestre, stellare. L’uomo si sente affine con la terra e con le sue forze. La vita lo istruisce con grande evidenza su tale sua affinità”.

Perché “l’uomo si sente affine con la Terra e con le sue forze”? Perché è solo sulla Terra, e grazie al corpo fisico, che può distinguersi, quale soggetto (quale io), dall’oggetto (dal non-io).
Le sfere della soggettività sono propriamente quelle del sentire e del volere, di un sentire e di un volere karmicamente signati, e non perciò del sentire puro e del volere puro. Al di sopra di queste, del cosiddetto “restante organismo”, c’è la sfera del pensare (della testa) in cui ci è dato sperimentare l’oggettività, ossia un quid che ha carattere impersonale. La matematica ne costituisce il migliore esempio. Dire, come si usa, che “la matematica non è un’opinione” significa dire ch’è estranea alla soggettività (al karma). Se consente però, per un verso, di affrancarsi dalla sfera della soggettività, non è in grado, per l’altro, di nutrire l’anima (“La matematica – dice Goethe – non può eliminare un pregiudizio, non può mitigare la testardaggine, calmare la faziosità, non può far nulla in campo etico”).
Nostro compito è passare, muovendo da tale neutra oggettività, una sorta di limbo, che non è più l’“inferno” della soggettività (delle opinioni), ma non ancora il “paradiso” della spiritualità (della verità), da una soggettività naturale (psichica) a una individualità spirituale, ossia al vero Io.

Non così, nell’era presente, egli si sente affine al mondo delle stelle che lo circonda.
Ma ciò dura solo fino a tanto che l’uomo non è cosciente del suo corpo eterico. Afferrare il corpo eterico in immaginazioni significa sviluppare un sentimento di appartenenza col mondo stellare, come lo si ha con la terra per mezzo della coscienza del corpo fisico
”.

Di questa polarità abbiamo trattato all’inizio del nostro studio delle Massime: nella sfera terrestre agisce la gravità, una forza centripeta che scende verso il centro della Terra; in quella stellare, all’opposto, agisce una forza centrifuga che sale verso il cielo. Le piante vivono appunto tra cielo e Terra, e abbiamo visto, a suo tempo, che vengono estratte dal suolo dalle forze eteriche che contrastano, dall’alto, quelle della gravità.
Non avendo coscienza del nostro corpo eterico, giacché il “tallone di ferro” di Arimane preme su di noi, in specie sugli uomini di scienza, per convincerci che la vita è una proprietà della materia (ch’è come dire che la vita è una proprietà della morte), siamo ancora ben lontani dall’aver sviluppato “un sentimento di appartenenza col mondo stellare”.
Anni fa, andai ad ascoltare la conferenza di un botanico che esordì dicendo: “Non chiedetemi, per favore, che cos’è una pianta”.

Le forze che inseriscono nel mondo il corpo eterico provengono dalla periferia dell’universo, come le forze del corpo fisico irraggiano dal centro della terra. Ma con le forze eteriche affluenti sulla terra dalla periferia del cosmo affluiscono anche quegli impulsi cosmici che operano nel corpo astrale dell’uomo”.

Ho fatto altre volte quest’esempio: immaginate di avere in mano un pezzetto di piombo. Si tratta di un oggetto che potete vedere e toccare. Ciò che vedete e toccate è però il risultato del processo che l’ha formato, e che, formandolo, si è esaurito. Ciò vale per il piombo, ma potrebbe valere anche per l’argento o per qualunque altro metallo, dal momento che il processo, dal punto di vista puramente dinamico o energetico, non è diverso. Una cosa, tuttavia, è il piombo, altra l’argento. Questo che cosa vuol dire? Vuol dire che a un livello gerarchicamente superiore a quello del processo, c’è la qualità (l’essenza): in un caso, quella del piombo, nell’altro, quella dell’argento.
Le qualità o le essenze, che sono al di là della “soglia”, cioè al di là del tempo e dello spazio, prima di mutarsi in realtà fisiche devono divenire (“svolgersi”, direbbe Hegel) nella sfera processuale del tempo.
Anche gli “impulsi cosmici” (qualitativi) diretti al corpo astrale dell’uomo possono arrivare sulla Terra (nello spazio) soltanto in virtù della mediazione del corpo eterico (del tempo).

L’etere è simile ad un mare nel quale le forze astrali, nuotando da ogni lato dagli spazi cosmici, si avvicinano alla terra. Nell’attuale epoca cosmica soltanto il regno minerale e quello vegetale possono entrare in un rapporto immediato con l’astrale che affluisce verso la terra sulle onde dell’etere. Non lo possono né il regno animale, né il regno umano”.

Dobbiamo ricordare qui alcune cose di cui ci siamo occupati anni fa.
Nel primo dei volumi dedicati ai Nessi karmici, Steiner ricorda che non si può parlare del karma senza parlare del rapporto di causa-effetto. Osserva, tuttavia, che questo rapporto, nel regno minerale, nel regno vegetale, nel regno animale e in quello umano, si presenta in modo diverso. Cause ed effetti rimangono tali, ma si danno pure delle importanti differenze. Cercherò in breve di ricordarle, un po’ con le parole di Steiner, un po’ con le mie.
Partiamo dal regno minerale. C’è un tavolo da biliardo; una biglia ne colpisce un’altra, e questa si mette in movimento. E’ il classico rapporto di causa-effetto. Il movimento della prima biglia è “causa”, quello della seconda “effetto”. Importa però osservare che si danno, in questo caso, cause fisiche nel presente che producono effetti fisici nel presente.
Anche le piante non si nutrono del Sole del passato, ma di quello presente. Ma che cosa succede qui? Succede che cambia lo spazio, dal momento che sono cause sopra-fisiche nel presente a produrre effetti fisici nel presente. Causa ed effetto sono entrambi nel presente, come nel regno minerale, ma la causa non è più fisica, bensì sopra-fisica.
Quando arriviamo al regno animale abbiamo cause sopra-fisiche del passato che producono effetti fisici nel presente. Il comportamento degli animali non è dovuto a forze (astrali) che operano nel presente, nell’hic et nunc, ma a forze che provengono dal passato.
Passando dal regno minerale a quello vegetale, passiamo dunque dallo spazio fisico allo spazio sopra-fisico, mentre, passando dal regno vegetale a quello animale, passiamo tanto dallo spazio fisico a quello sopra-fisico quanto dal presente al passato.
Quando arriviamo infine all’uomo, abbiamo cause fisiche del passato che producono effetti fisici nel presente. Abbiamo, in una parola, il karma. Questo dipende infatti dalle esperienze che abbiamo fatto sulla Terra nelle nostre precedenti incarnazioni.
Non dimentichiamo che la sfera del karma è la sfera del corpo astrale (dice Steiner: “Come la memoria sta al corpo eterico, così il karma sta al corpo astrale”).
Ricordate come comincia la “Preghiera per i defunti” da lui formulata? Comincia così: “Voi che vegliate sulle anime nelle sfere del cosmo, voi che tessete la sostanza delle anime nelle sfere del cosmo…”. E’ questa la tessitura del karma, una trama e un ordito frutto del lavoro (della “fantasia morale”) della seconda Gerarchia (alla prima Gerarchia, la più alta e potente, compete poi di concretizzare tale tessitura nella successiva incarnazione).
Che “nell’attuale epoca cosmica soltanto il regno minerale e quello vegetale possono entrare in un rapporto immediato con l’astrale” si spiega con quanto abbiamo appena detto: nel regno minerale e in quello vegetale, la contemporaneità delle cause e degli effetti è dovuta al fatto che questi due regni hanno un rapporto immediato col mondo astrale. In loro, il corpo astrale non è incarnato, e quindi “trascendente”. Nel regno animale, in cui è invece incarnato, e quindi “immanente”, il corpo astrale opera in modo mediato e in forma di brama.

La veggenza spirituale mostra che nel regno animale, durante il periodo embrionale, non vive l’astrale che fluisce presentemente sulla terra, ma quello che vi fluì nell’antica epoca lunare.
Nel regno vegetale si vede come vengano plasmate le molteplici mirabili forme, mentre l’astrale si stacca dall’etere ed allarga la sua azione su tutto il mondo delle piante. Nel regno animale si vede come dallo spirituale sia stato conservato l’astrale che fu attivo anticamente – durante l’evoluzione lunare – e come, conservatosi tale, esso agisca rimanendo attualmente nel mondo dello spirito e non manifestandosi nel mondo eterico
”.

Il regno animale, lo abbiamo detto infinite volte, è il regno della necessità: un gallo non può vivere e comportarsi che da gallo, un gatto non può vivere e comportarsi che da gatto, un leone non può vivere e comportarsi che da leone, e così via. Per queste creature non c’è alcuna possibilità di cambiamento, di trasformazione, di rinnovamento.
Da che cosa dipende? Dipende dal fatto che il mondo lunare è il mondo di quelle note della musica celeste, di quei concetti o lògoi (parto, per dirla con Giustino, del Lògos spermatikòs) che governano con saggezza e in forma di leggi il comportamento animale (studiato dagli etologi).
Nella nostra odierna cultura tanto è presente il mondo delle leggi (naturali e morali) quanto è assente il passaggio dalla legge (veterotestamentaria) all’amore (neotestamentario). Preferisco dire, di solito, “dalla legge alla libertà”, perché è vero, come dice Steiner, che la missione della Terra è l’amore, ma è anche vero che scrive La filosofia della libertà e non, come ad esempio Rosmini, una Storia dell’amore.
Senza la libertà, l’amore è impossibile, perché solo un essere libero può far dono, amando, della propria libertà.
Osservare il regno animale vuol dire dunque osservare il vero essere dei concetti, perché ogni specie animale è un concetto (“Il soggetto animale – dice Hegel – rappresenta il concetto, nelle sue determinazioni sviluppate e in quanto esistono in lui.”).
Ricorderete che in Antropologia (prima parte dell’Arte dell’educazione) c’è un passo in cui Steiner afferma che se dipendesse dalla testa, e se questa non venisse contrastata dal restante organismo, prenderemmo forma animale.
Sarà meglio, a scanso di equivoci, che ve lo rilegga: “Possiamo forse dire che la testa formi la nostra vera e propria figura umana? No, essa non fa questo. Dovete ora accogliere l’idea che la testa cerca, continuamente e misteriosamente, di fare di voi qualcosa di diverso da quello che siete. Vi sono dei momenti in cui la testa vorrebbe configurarvi in modo da farvi apparire dei lupi. Vi sono altri momenti in cui la testa vorrebbe plasmarvi in maniera da sembrare degli agnelli. Altri momenti ancora in cui vorrebbe fare di voi, dei vermi, dei draghi. Voi trovate fuori, nella natura, le differenti forme animali che la vostra testa progetta di realizzare con voi stessi”.
Si possono intendere giustamente queste parole, solo se si ha presente che nella neo-corteccia (cerebrale) si riflettono i concetti, e che ogni concetto, come abbiamo detto, è un’essenza o una specie animale.

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Di Lucio Russo
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