09/06/2004

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Allorché è esploso il cosiddetto “scandalo della Glaxo” (la multinazionale farmaceutica inglese Glaxosmithkline) che ha coinvolto ben 4400 medici, il Giornale (27 maggio 2004) ha pubblicato due interviste: una di Paolo Bracalini a Marco Bobbio (direttore della Divisione universitaria di Cardiologia dell’ospedale Molinette di Torino) e una di Enza Cusmai a Silvio Garattini (direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano).
Ecco un paio di affermazioni degli intervistati.
Bobbio: “E’ dimostrato da molti studi, soprattutto americani: i medici che ricevono più visite dagli informatori scientifici del farmaco hanno un tasso più elevato di prescrizioni inappropriate. Sia in termini di dosaggio, sia per il tipo di farmaco prescritto”.
Garattini: “L’industria farmaceutica in questi ultimi tempi ha la tendenza ad abbandonare l’ispirazione medica per concentrarsi sugli aspetti del marketing. Così, il farmaco, da strumento di salute è diventato un bene di consumo”.
Orbene, eravamo più che certi che tutti quelli (come, ad esempio, Piero Angela, Franco Battaglia, Luigi Garlaschelli, Giuseppe Remuzzi, Edoardo Boncinelli, Umberto Veronesi, Renato Dulbecco o Rita Levi Montalcini) che mostrano di avere tanto a cuore la salute di noi ignoranti cittadini, da non mancare, un giorno sì e l’altro pure, di avvertirci dei pericoli che corriamo utilizzando i farmaci omeopatici o antroposofici, si sarebbero indignati, e sarebbero insorti, nell’apprendere che i farmaci allopatici sono diventati dei “beni di consumo” e che alcuni medici li prescrivono inappropriatamente, “sia in termini di dosaggio, sia per il tipo di farmaco prescritto”, in vista dell’offerta, da parte delle ditte produttrici, (stando a quanto afferma Garattini) di “frigoriferi, computer, televisioni” oppure “viaggi ai congressi in località amene estese a tutta la famiglia”.
Ci siamo purtroppo sbagliati.
Non solo, infatti, non c’è stata alcuna visibile indignazione o insurrezione, ma, nel timore che possa essere approvato un disegno di legge inteso ad aprire le porte della Facoltà di medicina all’insegnamento delle cosiddette medicine “non convenzionali”, c’è anzi stato un ulteriore attacco diretto a queste e, in particolare (come sempre), a quella omeopatica e a quella antroposofica.
Sul mensile Le scienze (n°430, giugno 2004) e sul mensile Quark (n°41, giugno 2004) sono ad esempio apparsi due editoriali, firmati, rispettivamente, da Enrico Bellone e da Francesco D’Agostino (Professore di Filosofia del Diritto e Presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica) in cui vengono messi addirittura in discussione il “pluralismo scientifico” e la “libertà di scelta terapeutica del paziente”.
Abbiamo ampiamente trattato di questi aspetti in diverse nostre note e “noterelle” e non abbiamo perciò voglia di stare qui a ripeterci. C’interessa sottolineare, piuttosto, che proprio nel momento in cui Beppe Nocera rende noto, sempre su il Giornale, che “la Glaxo, nell’attività di sostegno delle vendite, tra il 1999 e il 2002, risulta aver investito oltre 228 milioni di euro” e che “la promozione – come rivela Garattini – ormai assorbe fino al 30% del costo di un farmaco”, Enrico Bellone, con sovrano sprezzo del ridicolo, scrive: “Un eccesso di libertà individuale (sic!) finisce dunque per incidere negativamente sui bilanci del servizio pubblico, mentre incide quanto mai positivamente sui bilanci dei produttori di farmaci alternativi”.

Di Lucio Russo
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