18/05/2006

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In un articolo titolato: Il manager si ricarica col gregoriano (Libero, 23 aprile 2006), Francesco Specchia riferisce che, “secondo il quotidiano Avvenire”, è “Pierluigi Celli, direttore della Luiss (ex capo del personale di Enel e Olivetti ed ex direttore generale della Rai – nda), colui al quale si deve il lancio delle “meditazioni d’impresa”; ossia delle messe da lui e da altri frequentate prevalentemente nella cappella della villa del cardinale Guastavillani, gioiellino del ‘500 incastonato nelle colline bolognesi”.
“Le cerimonie cattoliche surrogano i corsi di yoga, di Reiki sul Monte Ator, di Shiatsu, Watsu, Waichi, e di tutti gli altri possibili organizzati, di solito, in pacchetti turismo e con indiscusso onere aziendale. Il concetto di base del pio Celli è che l’impresa è etica. Ha un’anima (…) “…L’impresa ha una dimensione collettiva composta dalla gente che vi lavora” ha dichiarato Federico Minoli, presidente della Ducati Motori di Bologna, anch’egli assiso tra i banchi “c’è una spiritualità dell’azienda che va compresa e vissuta…””.
D’accordo. Vorremmo però chiedere: è solo l’azienda, in quanto possiede, come la Chiesa, una “dimensione collettiva”, ad essere fatta di corpo, anima e spirito, o sono fatti di corpo, anima e spirito anche gli individui che vi lavorano? Ovvero, esiste solo lo spirito collettivo e trascendente dell’azienda o anche quello individuale e immanente di quanti vi operano?
Sarebbe bene chiarirlo per dissipare il sospetto che siano cambiati, sì, i suonatori (o i cantori), ma che la musica (o l’aria) sia sempre la stessa.

Di Lucio Russo
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