A Roma, un uomo di ottant’anni è stato colpito da un pugno (dato forse con un “tirapugni”) che gli ha sfondato l’orbita dell’occhio, lasciandolo a terra stordito e sanguinante (Il Messaggero, 21 novembre 2014).
E’ l’ennesimo risultato del knockout-game: un gioco importato dagli Stati Uniti.
In confronto a tutte le immani tragedie che si consumano oggi nel mondo, fatti del genere possono sembrare relativamente importanti. Ove si consideri, però, che sono frutto di un “gioco”, ossia di un’attività dalla quale s’intende ricavare divertimento e piacere, risultano oltremodo inquietanti.
L’uomo, diceva Schiller, è “completamente uomo” solo quando gioca. Tali fatti stanno tuttavia a dimostrare che dipende dallo spirito che anima il gioco che l’uomo sia “completamente uomo” (e, per il prossimo, una benedizione) oppure “completamente bestia” (e, per il prossimo, una maledizione).
E quale spirito anima il knockout-game? Uno spirito anti-umano (e per ciò stesso anti-cristico) che non si limita (come Arimane) a disidratare, raggelare o pietrificare la realtà, ma si diverte e gode a sfasciarla, distruggerla o disintegrarla.
Quanto più tali atti sono ludici, gratuiti o fini a se stessi, tanto più rivelano l’infera natura dello spirito che “possiede” il giocatore.
Si tratta dunque di ulteriori avvisaglie del fatto che se si continuerà a pensare, sentire e volere come si è fatto finora (cioè, nell’ordine, materialisticamente, narcisisticamente ed egoisticamente) si giungerà a temere, a fuggire e a odiare il prossimo, e infine a una “guerra di tutti contro tutti”.
Avvertiva Steiner (nel 1922): “Per la civiltà avviata alla distruzione, da null’altro può venire salvezza se non dalla vita spirituale quale può essere tratta dalle vere sorgenti spirituali. Non vi è altra salvezza, altrimenti appunto la civiltà moderna, fondata in Europa e giunta fino in America, va verso il suo tramonto” (R.Steiner: Antichi e moderni metodi d’iniziazione – Antroposofica, Milano 2006, p. 124).
11/12/2014
1