22/07/2015

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Poniamoci, dice Steiner, questa domanda: “In quale condizione si trovano due persone di cui una, a causa del karma che le deriva dalla precedente incarnazione, non è in grado di sviluppare la dote della chiaroveggenza e che, perciò, deve accontentarsi di acquisire delle conoscenze antroposofiche applicandosi ad uno studio diligente che le consenta di comprendere come siano da intendersi tali nozioni -, e l’altra ha, invece, la possibilità di sviluppare le sue doti chiaroveggenti e di entrare nel mondo spirituale?”. Lo stato d’animo di questa seconda persona potrebbe essere il seguente: “Io vedo il mondo spirituale, vedo le entità spirituali, perché dovrei allora mettermi a studiare anche dei libri? Io so che c’è un mondo spirituale, perché dovrei studiare anche l’antroposofia? Non ce n’è il motivo, e poi sarebbe noioso”. Accade di frequente che persone che hanno karmicamente la fortuna di essere chiaroveggenti, dicano: “Ora non voglio imparare più niente; perché dovremmo metterci adesso a studiare delle cose che ci vengono comunicate solo in forma di aridi concetti?” Mentre la prima persona sa applicarsi allo studio con cura ancora più sollecita e assidua, l’altra disdegna lo studio, ma il suo karma è così positivo da consentirle di divenire chiaroveggente. In quali condizioni vengono a trovarsi, dunque, queste persone dopo la morte? Come si configura complessivamente la loro condizione? La persona che aveva acquisito la chiaroveggenza tra la nascita e la morte, che poteva penetrare con lo sguardo nel mondo spirituale e contemplarne i vari aspetti, ma che si era rifiutata di apprendere i concetti teorici, che non aveva voluto compenetrare i dati scientifico-spirituali con il pensiero logico, ebbene, questa persona che ha disdegnato tutto ciò, dopo la morte non potrà trarre alcun beneficio dalla sua chiaroveggenza; la sua capacità di orientarsi nel mondo spirituale non sarà migliore di quella che avrebbe avuto senza la chiaroveggenza che aveva acquisito in vita. In condizioni addirittura migliori verrà a trovarsi, invece, l’altra persona, quella che nella vita fisica non aveva avuto la facoltà chiaroveggente, ma che non aveva trovato alcun impedimento nell’acquisire con la lettura un concetto logico del mondo spirituale. Questo non vuol essere certo un invito a essere pigri e a non far nulla per lo sviluppo dei sensi spirituali. Potrebbe anche darsi, infatti – ma nessuno è in grado di saperlo – che l’uomo, prima della morte, riesca ancora a sviluppare il talento della chiaroveggenza. Chi ha studiato la concezione del mondo scientifico-spirituale, sperimenta in sé la metamorfosi di tali concetti in reali visioni spirituali. Ciò che si consegue in tal modo per mezzo dei concetti, non va più perduto, permane. C’è un obbligo, un impegno: per quanto elevata sia l’iniziazione, per quanto alta sia la visione, non se ne potrebbe trarre alcun beneficio, se non si sapesse compenetrare di concetti la visione. L’uomo non deve fermarsi alla visione, è suo dovere trasfondere tutto in concetti tratti dalla vita fisica” (R.Steiner: Risposte a enigmi della vita – Antroposofica, Milano 2012, pp. 108-109).
A buon intenditor…

Di Lucio Russo
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