Neomaterialismo

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A un certo punto del suo Psiconeuroimmunologia, Francesco Bottaccioli (fondatore e primo presidente della Società italiana di psiconeuroendocrinoimmunologia) scrive: “La “croce” della ricerca psicosomatica critica (quella per intenderci che non pensa di aver trovato la causa dell’artrite reumatoide nella madre tirannica) è stata, tradizionalmente, l’impossibilità di spiegare, in termini scientifici, il passaggio dalle emozioni alla malattia, dallo psichico al somatico. La descrizione, che fin qui questo libro ha presentato, del funzionamento complesso e integrato dei tre grandi sistemi di regolazione generale dell’organismo penso avrà convinto anche il lettore più scettico che il “salto” dallo psichico al somatico non è più un salto mortale scientifico. Le vie di comunicazione, a doppio senso, tra il cervello e il resto del corpo sono state ben identificate e con esse il linguaggio, le parole e le frasi che permettono la comunicazione psiconeuroendocrinoimmunitaria” (1).
Proprio queste affermazioni stanno però a dimostrare che se la ricerca psicosomatica “critica” non riesce a spiegare il passaggio “dallo psichico al somatico”, la ricerca psiconeuroimmunologica non riesce dal canto suo a spiegare il passaggio dal somatico allo psichico. Identificando “le vie di comunicazione, a doppio senso, tra il cervello e il resto del corpo”, altro infatti non si spiega (a dispetto delle metafore antropomorfiche) che il passaggio dal somatico al somatico; e se si è con ciò convinti di aver spiegato anche il passaggio dal somatico allo psichico, vuol dire allora che non si ragiona “in termini scientifici”, bensì in termini materialistici.
La conclusione cui si giunge descrivendo il “funzionamento complesso e integrato dei tre grandi sistemi di regolazione dell’organismo” (nervoso, endocrino e immunitario – rispettivamente collegati, secondo la scienza dello spirito, al corpo senziente, al corpo eterico e all’Io) rappresenta dunque un “salto mortale” filosofico, e non scientifico; a meno che – ma vogliamo sperare che non sia così – non si parta dal presupposto (o, per meglio dire, dal pregiudizio) che si pensa scientificamente solo se si pensa materialisticamente.
Parlando della “reazione di paura”, Bottaccioli osserva: “Come ognuno di noi sa, in casi del genere, il battito cardiaco si fa più accelerato, il respiro più corto, i muscoli si contraggono, spesso si suda freddo (…) La visione del pericolo mette in funzione quella via direttissima (…) che collega il cervello, tramite il sistema nervoso simpatico, alla midollare del surrene, le cui cellule vengono indotte a produrre, in quantità dieci volte maggiore del normale, una miscela eccitante composta per l’80% di adrenalina e per il 20% di noradrenalina”(2).
Ma è la paura, ossia la reazione alla “visione del pericolo”, e non la mera “visione del pericolo”, a suscitare tali processi. Ma che cos’è la paura? Un’emozione; e che cos’è un’emozione? E’ in sé (3) un’entità extransensibile o un’idea vivente capace (come peraltro la vergogna e la collera) di attivare o produrre dei processi sensibili (4).
Anche gli animali hanno allora delle idee? Certo che le hanno, ma possono sperimentarle unicamente quali oscure sensazioni e in modo conforme alla specie, e non anche – come gli esseri umani – quali chiari pensieri e in modo conforme all’individualità (quali rappresentazioni).
Fatto si è che occorrerebbe distinguere le idee presenti e operanti nella realtà (in re) da quelle di cui l’uomo, in virtù dell’intelletto (o della mente), prende in modo riflesso coscienza (post rem). Nel mondo ci sono infatti idee morte (reggenti la realtà inorganica) che l’uomo ha già imparato a pensare, e idee viventi (reggenti la realtà organica) che l’uomo non riesce ancora a pensare, poiché, per farlo, dovrebbe andare loro incontro con un tipo di pensiero diverso da quello intellettuale: con quel tipo di pensiero, ad esempio, col quale Goethe ha accostato la vita delle piante o il fenomeno del colore.
Sostiene Edoardo Boncinelli che “le entità fondamentali che caratterizzano e regolano i fenomeni dell’universo fisico, indipendentemente dal fatto che si tratti di oggetti animati o di oggetti inanimati, sono tre: la materia, l’energia e l’informazione” (5).
Ma l’intelletto, che pensi la materia, che pensi l’energia o che pensi l’informazione, pensa sempre allo stesso modo e tratta ogni realtà quale “oggetto” o “cosa”. Può dunque variare la quantità dei pensati, ma non la qualità del pensare. Ai fini dello sviluppo del conoscere (e della coscienza umana) occorrerebbe però imparare a pensare l’energia diversamente da come si pensa la materia (vale a dire “immaginativamente”) e l’informazione diversamente da come si pensano la materia e l’energia (vale a dire “ispirativamente”), e non limitarsi ad aggiungere astrattamente all’idea della materia, quelle dell’energia e dell’informazione.
Scrive ancora Bottaccioli, in un paragrafo significativamente intitolato “Anche la pancia ha il suo cervello”: “Ricerche recenti hanno permesso di accertare che la rete nervosa delle pareti interne del tratto gastro-intestinale presenta una notevole quantità di neuroni, circa cento milioni, e svolge un ruolo in gran parte indipendente dal cervello centrale a cui è certamente collegata dal sistema nervoso autonomo, ma da cui non dipende per il suo funzionamento. E’ stato infatti visto che se s’interrompono le connessioni tra sistema nervoso autonomo e rete nervosa enterica, questa continua a svolgere i propri compiti. Questa rete nervosa, battezzata “sistema nervoso enterico” o “cervello enterico”, è in stretto collegamento con il sistema endocrino, che è molto diffuso all’interno dell’apparato digerente a opera di cellule endocrine sparse nella mucosa gastrointestinale. Ma lo è anche con il sistema immunitario, che in questa parte del nostro corpo assume anch’esso l’aspetto di un ampia rete linfatica, dove circolano i linfociti” (6).
Egli analizza ed evidenzia questi collegamenti poiché intende giustamente rompere – come dice – “le barriere tra i grandi sistemi di regolazione dell’organismo” (7). Apre infatti il suo lavoro con queste parole: “In una trattoria dalle parti di piazza Vittorio, davanti a un ottimo piatto di fettuccine, Claudio Franceschi e Ferdinando Bersani, immunologo il primo e fisico il secondo, mi spiegano il momento che sta vivendo la ricerca biomedica a livello mondiale. “E’ un momento felice. I vecchi muri che avevano separato discipline, creando gerarchie e ghettizzazioni, stanno crollando. Tra gli studiosi si sta largamente diffondendo l’idea che molte definizioni scientifiche in realtà sono distinzioni di comodo.” E aggiungono: “Dobbiamo abbandonare quello sguardo dell’anatomista che, da secoli, taglia e separa l’organismo umano in compartimenti, edificando discipline scientifiche e pratiche cliniche non comunicanti tra loro”” (8).
Peccato, dunque, che questo “momento felice” sia rovinato dal fatto che non si ha il coraggio di abbandonare, insieme allo “sguardo dell’anatomista”, quello del materialista.
Se si riconosce, ad esempio, che “il sistema immunitario può essere definito un vero e proprio organo di senso”, e che “le reazioni vitali nell’organismo umano includono funzioni cognitive a cui partecipano organi e molecole di origine non nervosa”, perché allora non chiedersi, nel primo caso, chi è che percepisce mediante tale organo, e perché non distinguere, nel secondo, le “funzioni cognitive” (extrasensibili in quanto funzionali) dal “sistema nervoso enterico” (sensibile in quanto sostanziale)? E perché poi adeguarsi banalmente alla moda, assimilando il funzionamento vivo e naturale del sistema immunitario a quello morto e artificiale di un network ? (9)
Vero è che se si parlasse – come fa Steiner – di una “organizzazione cosciente dell’Io” (collegata all’encefalo e ai dodici nervi cranici) e di una “organizzazione incosciente dell’Io” (collegata al sistema nervoso autonomo, e quindi – come insegna Battaccioli – anche al sistema endocrino e a quello immunitario), e per di più si considerasse una intermedia “organizzazione subcosciente dell’Io” (collegata al midollo e ai trentuno nervi spinali) (10), non si potrebbe più allora tacere di quel soggetto, o appunto di quell’Io, che, a diversi livelli di coscienza, governa in modo unitario e sapiente l’intero organismo (11).
Chi è – ci si dovrebbe pur chiedere – che regola il “funzionamento complesso e integrato dei tre grandi sistemi di regolazione dell’organismo”? Chi è insomma a regolare i regolatori?
Vale infatti (e a maggior ragione) per gli “organismi” quanto dice Kant dei “sistemi”: “Si ha un sistema quando l’idea del tutto precede le parti. Quando le parti precedono il tutto, si ottiene un aggregato. Un sistema di conoscenze forma una scienza. In ogni scienza l’idea del tutto deve venire per prima; dalla suddivisione del tutto hanno origine le parti. E per sapere quali parti appartengono al tutto, bisogna prima conoscere il tutto” (12).
Come si è di norma capaci, tuttavia, di osservare gli effetti sensibili (traumatici o stressanti) della paura, ma non la paura, così si è di norma capaci di osservare gli effetti sensibili (regolatori o armonizzanti) del “tutto” (dell’Io), ma non il “tutto” (l’Io).
Per poter osservare e conoscere l’Io, sarebbe necessario infatti integrare lo sguardo statico dell’anatomista, non solo con lo sguardo dinamico del fisiologo e con quello qualitativo dello psicologo, ma anche con quello intuitivo dello scienziato dello spirito: ovverosia, con livelli di pensiero e di coscienza che occorrerebbe anzitutto educare e sviluppare.
“Compito dell’intervento terapeutico – dice Bottaccioli – è quello di favorire il ripristino della comunicazione equilibrata tra i tre sistemi” (13). Se si facessero però rientrare il sistema nervoso autonomo, il sistema endocrino e quello immunitario in quel “sotto-sistema” che Steiner chiama l'”organizzazione incosciente dell’Io” e il sistema nervoso centrale (talamo-corticale) in quel “sotto-sistema” che sempre Steiner chiama l'”organizzazione cosciente dell’Io”, presto ci si avvedrebbe che “compito dell’intervento terapeutico” dovrebbe essere invero quello di ripristinare la “comunicazione equilibrata” non solo tra tali due “sotto-sistemi”, ma anche tra questi e quel terzo “sotto-sistema” che presiede, nella sfera mediana, alle attività ritmiche della respirazione e della circolazione.
Va bene quindi dire – come fa l’autore – che “compito dell’intervento terapeutico è quello di favorire il ripristino della comunicazione equilibrata tra i tre sistemi”, a condizione, però, che questi vengano intesi – come indicato da Steiner – quali sistema neuro-sensoriale, sistema ritmico e sistema metabolico e degli arti (sul piano corporeo), quali pensare, sentire e volere (sul piano animico), e quali veglia, sogno e sonno (sul piano spirituale) (14).
Sostiene sempre Bottaccioli che le “nuove idee” stanno decretando “la fine della vecchia medicina ottocentesca, quella ancorata sul modello meccanicista, che vede la malattia come prodotto lineare di un’aggressione esterna, batterica o virale. Medicina che aveva staccato la testa dal corpo dell’essere umano, rigorosamente maschile (se non per la parentesi della vita riproduttiva), che aveva sezionato questi monconi in tanti organi e patologie specialistiche non comunicanti tra loro e che aveva affidato tutto il proprio potenziale terapeutico alla tecnologia chirurgica e a quella chimica” (15).
Si tratta – è vero – di un progresso: di un progresso illusorio, tuttavia, se alla medicina che “aveva staccato la testa dal corpo” si sostituirà – come tutto lascia prevedere – una medicina che persevera nello staccare dal corpo la vita, l’anima e lo spirito.

Note:

01) F.Bottaccioli: Psiconeuroimmunologia – red, Novara 2003, pp.115-116;
02) ibid., pp.51-52;
03) chi si chiede – come fa Bottaccioli – “quali sono le vie dove transitano emozioni, pensieri, ricordi?” (ibid.,p.39), non dovrebbe trovare strano che qualcuno si domandi allora cosa siano in sé quelle emozioni, quei pensieri e quei ricordi che “transitano” per tali vie;
04) cfr. K.König: L’anima umana – Natura e Cultura, Alassio (SV) 1996;
05) E.Boncinelli: Il cervello, la mente e l’anima – Mondadori, Milano 2000, p.11;
06) F.Bottaccioli: op.cit., p.18;
07) ibid., p.17;
08) ibid., p.13;
09) ibid., p.21;
10) cfr. R.Steiner: Una fisiologia occulta – Antroposofica, Milano 1981; Steiner non fa qui menzione di tale “organizzazione” intermedia poiché intende mettere soprattutto in rilievo il contrasto tra la natura del nervo (che caratterizza la ”organizzazione cosciente dell’Io”) e quella del sangue (che caratterizza quella “incosciente”);
11) dal punto di vista scientifico-spirituale, tutto il sistema nervoso è espressione del corpo senziente, ma nell’encefalo e nei nervi cranici l’attività dell’Io prevale su quella del corpo astrale, nel sistema nervoso autonomo o vegetativo l’attività del corpo eterico prevale su quella del corpo astrale, e nel midollo e nei nervi spinali l’attività del corpo astrale prevale tanto su quella dell’Io che su quella del corpo eterico. Cfr. L.Russo: Dei cosiddetti nervi “sensori” e “motori” in Kairòs (“Giornale per la fraternità nell’economia, il vero incontro dell’altro e la spiritualizzazione della cultura”), n° 8, marzo-aprile 1998;
12) I.Kant: Enciclopedia filosofica – Bompiani, Milano 2000, p.99;
13) F.Bottaccioli: op.cit., p.24;
14) può essere interessante notare che anche il cervello si mostra triarticolato. Abbiamo – scrive infatti Bottaccioli – “tre cervelli in uno: quello primitivo, o “cervello di rettile”, deputato alla realizzazione di comportamenti elementari, quello antico, che compare con l’avvento dei primi mammiferi, che coincide con il sistema limbico o dell’affettività, quello recente, rappresentato dalla neocorteccia, sede delle attività intellettive superiori” (ibid., p.33);
15) ibid., p.23.

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Di Francesco Giorgi
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