Scrive Steiner: “Il creatore del mondo doveva anzitutto sapere come trovare un portatore per il pensiero, ma il filosofo deve cercare un fondamento sicuro su cui appoggiarsi per comprendere ciò che già esiste. Che cosa ci serve partire dalla coscienza e sottoporla all’analisi pensante, se prima nulla sappiamo attorno alla possibilità di ottenere una spiegazione delle cose per mezzo dell’analisi pensante? Dobbiamo dapprima considerare il pensare in modo del tutto neutrale, senza una relazione con un soggetto pensante o con un oggetto pensato” (1).
Abbiamo dunque un “soggetto pensante”, una “coscienza” (pensante), un “pensare” e un “oggetto pensato” ch’è possibile mettere rispettivamente in rapporto con l’Io e il calore, con il corpo astrale e la luce, con il corpo eterico e la vita, con il corpo fisico e la morte.
“L’amore – dice Scaligero – è l’essere dello spirito” (2): cioè a dire, l’essere dell’Io. Quell’essere – secondo quanto afferma il Vangelo di Giovanni – in cui “era la vita”, quella vita che “era la luce degli uomini”, quella “luce” che “risplende fra le tenebre”, ma che le tenebre non hanno “ricevuta” (Gv 1,3-5).
L’Io o lo spirito, dunque, come forza o calore della luce, la coscienza o l’anima come forma o luce della vita e il pensare come movimento o vita della luce.
Chi percorra il “sentiero della conoscenza” deve pertanto risalire prima dall’oggetto pensato (dalla rappresentazione) al pensare e poi, varcando la soglia (che divide il mondo eterico da quello astrale), dal pensare alla coscienza pensante: ovvero, al platonico “mondo delle idee”, al goethiano “regno delle Madri” o alla mariana Sedes Sapientiae (3).
Solo varcando la soglia, si può infatti passare dal regno inferiore dell’esistere (dello spazio e del tempo) a quello superiore dell’essere (dell’anima e dello spirito o delle essenze e dell’essere). L’Arcangelo Michele, il “fiammeggiante principe del pensiero”, operando nella sfera (eterica) della vita e del tempo, media quindi tra la sfera di Eva, quella terrestre dello spazio, e la sfera dell’Ave, quella celeste delle essenze (delle idee): Michele è pertanto il Cavaliere della Vergine o il Custode della Ianua Caeli.
“Attraverso il pensare – scrive Steiner – sorgono concetti e idee” (4). Pensando altro non facciamo infatti che cercare o il singolo concetto (relativo a una percezione), o quella relazione tra concetti che è la singola e determinata idea, o quella relazione tra le singole e determinate idee che è l’Idea: non facciamo insomma che cercare la luce e la coscienza.
Una cosa sono quindi i concetti o le idee (le singole luci o coscienze), altra l’Idea (la loro unità): ovvero, la Regina angelorum, l’“amorosa Madonna Intelligenza” (Dino Compagni) o la “gloriosa donna della mente” (Dante) che è “benedetta – appunto – fra le donne”.
Scrive Hegel: “L’assoluto è l’universale e unica idea, che, col giudicare, si specializza nel sistema delle idee determinate, che però tornano nell’unica idea, lor verità. In forza di questo giudizio, l’idea è dapprima soltanto l’unica ed universale sostanza; ma, nella sua forma vera e sviluppata, essa è come soggetto, e perciò spirito” (5).
Dice la Vergine: “Ecco l’ancella del Signore”; dice l’Idea: “Ecco l’ancella dell’Io”.
Se le idee – come afferma Steiner – sono “recipienti d’amore” (6), anche l’Idea è allora, e a maggior ragione, “Recipiente d’amore”, e per ciò stesso Vas spirituale, Vas honorabile o Vas insigne devotionis.
Dice ancora Steiner: “Non ci manca il Cristo, ci manca invece la Iside del Cristo, la Sofia del Cristo” (7).
“Le volpi hanno le loro tane – si legge infatti in Matteo – e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20).
Non ci manca dunque il Cristo, ma ci manca il Vas o il calice entro cui accogliere e raccogliere il suo sangue o la sua forza: ci manca, cioè, il Santo Graal.
Dice sempre Steiner – “La “sapienza occulta” (…) si può chiamare simbolicamente la conoscenza del “Graal”” e “gli iniziati moderni possono essere perciò chiamati “iniziati del Graal”” (8).
Nell’opus creativo, che va dall’alto in basso, dall’Io nasce la coscienza, dalla coscienza nasce il pensare e dal pensare nasce il pensato.
Nell’opus conoscitivo, che va viceversa dal basso in alto, è dal pensato che nasce il pensare, è dal pensare che nasce la coscienza ed è dalla coscienza che nasce l’Io.
Nell’opus creativo, la coscienza (pensante) è dunque figlia dell’Io, mentre, nell’opus conoscitivo, è madre dell’Io: ovvero, Mater Creatoris o Mater Salvatoris.
“In un codice farfense del secolo XI – riferisce Ildefonso Schuster – è disegnata l’immagine della Vergine in trono, col Bambino Gesù in seno. Nel Cielo appariscono due angeli in devota venerazione. Ai lati c’è la scritta:
“Es mihi, Nate, Pater” (Tu mi sei Padre, o Figlio);
“Sum tamen, filia, Mater” (Quantunque figlia, ti sono tuttavia anche Madre)” (9).
E’ il medesimo motivo della celebre preghiera di S.Bernardo con cui si apre il XXXIII canto del Paradiso dantesco: “Vergine madre, figlia del tuo figlio…”
Scrive al riguardo Steiner: “L’io vive in sé, in quanto produce il suo concetto puro e può vivere nel concetto come realtà. Per l’io non è indifferente quel che il pensiero puro fa, perché il pensiero puro è il creatore dell’io” (10).
La realtà del “concetto puro” (o dell’idea pura) è appunto la realtà della Mater purissima, della Mater castissima o di quella Rosa mystica cui Pavel Florenskij dedica il suo La colonna e il fondamento della verità con queste parole: “Al nome tutto puro e profumato della Vergine e Madre” (11).
Se Eva è l’anima caduta (la psiche neurofisiologica), e quindi la coscienza terrestre, corporea o egoica dell’Io, l’Ave (Maria) è dunque l’anima redenta, la Domus aurea, e quindi la coscienza solare, spirituale o universale dell’Io: nelle parole di Paolo, la coscienza astrale o cosmica da cui sgorga il “Non io, ma il Cristo in me”.
Dice Ildefonso Schuster: “Perché anche i più miserabili penetrino il sidereo regno, Maria è divenuta finestra del paradiso: Intrent ut astra flebiles / Coeli fenestra facta est ” (12).
Questa “finestra”, situata nella costellazione della Vergine e al settimo piano della Turris davidica o Turris eburnea costituita, partendo dal basso, dalle costellazioni dei Pesci, dell’Acquario, del Capricorno, del Sagittario dello Scorpione e della Bilancia, si affaccia su quelle del Leone, del Cancro, dei Gemelli del Toro e dell’Ariete: ossia sulle costellazioni che sono, insieme con quelle stesse della Bilancia e della Vergine, immediato veicolo dell’impulso del Cristo.
La forza dell’”Agnello mistico”, scaturente dal Padre, scende infatti verso la terra a partire dalla costellazione dell’Ariete e s’incontra e congiunge con quella della Sofia, risalente dall’umanità e dalla terra, nelle costellazioni della Bilancia e della Vergine.
Questa è appunto – osserva Prokofieff – “quella regione cosmica della quale si parla nell’Apocalisse, come del “luogo” in cui avviene il matrimonio della Vergine (Sofia) e dell’Agnello” (13).
Nell’Apocalisse, è detto infatti: “E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scender giù dal cielo d’appresso a Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (21,2); “Vieni e ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello” (21,9); “E lo Spirito e la sposa dicono: Vieni” (22,17).
Questo hierós gámos – commenta Scaligero – “si realizza come un iniziale rifiorire del mistero androginico: l’anima, quale Vergine Sophia, giunge a essere fecondata dallo Spirito. Questo momento dell’anima, conseguenza di una consapevole elaborazione karmica e di una disciplina del pensiero cosciente, è il reincontro del principio spirituale femminile con il principio maschile” (14).
Recita il Vangelo di Giovanni: “E il Verbo si è fatto carne, e abitò fra noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come d’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).
“Pieno di grazia” è dunque il Cristo e “piena di grazia”, in quanto “Vaso d’elezione”, è Maria, Mater Divinae Gratiae.
Come non manca di ricordare Steiner, la contemplazione dell’immagine della Madonna (ad esempio, della Madonna Sistina), può infatti avere (a ogni livello) un effetto salutare o terapeutico. Questa Maria è dunque Salus infirmorum, Refugium peccatorum, Consolatrix afflictorum o Auxilium christianorum.
La stessa Maria ch’è pure Virgo fidelis. Scrive appunto Scaligero: “Se si potesse indicare una qualità che riassuma tutte le virtù richieste al discepolo per la realizzazione della trascendenza del pensiero si dovrebbe dire: la fedeltà. La fedeltà all’idea prima e perciò all’insegnamento, la fedeltà alla verità intuita, all’amore intuito, la fedeltà al proprio maestro, la fedeltà alla direzione che ha indicato il giusto sentiero, la fedeltà alla propria tradizione interiore, la fedeltà all’essenza della fedeltà. Che è la Vergine Sophia” (14).
Note:
01) R.Steiner: La filosofia della Libertà – Antroposofica, Milano 1966, p.43;
02) M.Scaligero: Dell’Amore Immortale – Tilopa, Roma 1982, p.11;
03) tutti gli appellativi riportati in grassetto sono tratti dalle “Litanie Lauretane”: ovvero, dal testo, divenuto ufficiale nel 1587, delle invocazioni alla Vergine in uso nel santuario di Loreto;
04) R.Steiner: La filosofia della libertà, p.48;
05) G.W.F.Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche – Laterza, Roma-Bari 1989, pp.198-199;
06) R.Steiner: Formazione di comunità – Antroposofica, Milano 1992, p.12;
07) R.Steiner: La ricerca della nuova Iside, la divina Sofia – Antroposofica, Milano 1997, p.15;
08) R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969, p.330;
09) I.Schuster: Pensieri mariani sulle Litanie Lauretane – Ares, Milano 2003, p.53;
10) R.Steiner: Filosofia e antroposofia – Antroposofica, Milano 1980, p.32;
11) P.Florenskij: La colonna e il fondamento della verità – Rusconi, Milano 1974, p.31;
12) I.Schuster: op.cit., p.63;
13) S.Prokofieff: Le dodici notti sante e le gerarchie spirituali – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1990, p.106;
14) M.Scaligero: Iside-Sophia: la dea ignota – Mediterranee, Roma 1980, p.25;
15) ibid., p.91.