Cervelli “grassi” e cervelli “magri”

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Scrive Elena Dusi: “A cosa serve dormire? A riposare, si direbbe. Ma è una risposta troppo generica. Secondo le teorie più recenti, il sonno contribuirebbe a rafforzare i circuiti della memoria. Ma come questi circuiti funzionino, e cosa accada loro esattamente durante la notte, rimane ancora un mistero. Sulla rivista scientifica Nature viene proposta una nuova ipotesi. Gli autori sono tre italiani (Lice Ghilardi, Marcello Massimini e Giulio Tononi) e uno svizzero (Reto Huber) che lavorano per l’università del Wisconsin. Il sonno, secondo loro, servirebbe a “fare pulizia” di tutte le conoscenze inutili acquisite durante il giorno, a riordinare gli stimoli che abbiamo ricevuto e a selezionare le esperienze vissute. Da svegli impariamo nozioni, movimenti e procedure. E tutto questo si traduce in un cambiamento reale, fisico, nel nostro cervello, che grazie alla sua plasticità è in grado di creare continuamente nuove connessioni fra neuroni”.
La stessa Dusi intervista poi il coordinatore della ricerca (Giulio Tononi), che dice: “I neuroni dialogano continuamente l’uno con l’altro. E quando dialogano, formano delle connessioni tra loro (…) Alla fine della giornata, quando abbiamo visto, sentito e fatto molte cose nuove, il nostro cervello si è modificato. Approssimativamente, possiamo dire che tra la mattina e la sera le connessioni fra neuroni si irrobustiscono di un buon 20-30 per cento”.
Non è una crescita straordinaria?”, domanda l’intervistatrice; e Tononi risponde: “In realtà si tratta di un problema, per il cervello. Da solo quest’organo consuma circa il 20 per cento dell’energia del corpo. Ci sono anche problemi di spazio, perché la scatola cranica è un ambiente molto affollato di cellule. Come si può pensare di sostenere una crescita del 20-30 per cento tutti i giorni? Occorre fare pulizia e razionalizzare lo spazio eliminando le connessioni inutili. E noi crediamo che il sonno serva proprio a questo: a far dimagrire il cervello e a farlo ripartire più agile e snello il mattino dopo”.
Ma sulla base di quale osservazione si è giunti a tale conclusione? Lo dice lo stesso Tononi: “Siamo riusciti a dimostrare che l’attività del cervello durante la notte è più intensa nelle aree che durante il giorno sono state impegnate in un compito di apprendimento” (1).
A noi sembra, tuttavia, che un’osservazione del genere non giustifichi affatto la conclusione raggiunta dai ricercatori.
Che l’attività del cervello (“nelle aree che durante il giorno sono state impegnate in un compito di apprendimento”) si mostri durante la notte più “intensa” è infatti un dato quantitativo che, di per sé, non consente ancora di stabilire se detta attività abbia natura “catabolica”, e quindi distruttrice, o “anabolica”, e quindi “costruttrice”.
Perché Tononi ritiene allora che sia “catabolica” o distruttrice? Perché – come dice – ”occorre fare pulizia e razionalizzare lo spazio eliminando le connessioni inutili”, in quanto la scatola cranica è “un ambiente molto affollato di cellule” che non può “sostenere una crescita del 20-30 per cento tutti i giorni”.
Durante il sonno, l’attività “catabolica” o distruttrice del cervello si farebbe dunque più intensa per “eliminare le connessioni inutili”, per “fare pulizia” e per “razionalizzare lo spazio” (all’interno della scatola cranica).
L’umana e universale esperienza del sonno rigeneratore o risanatore sarebbe quindi prodotta da un “dimagramento”, e non da un “ingrassamento”, del cervello.
Per quale ragione? Per la semplice ragione che i materialisti, convinti come sono che un cervello “grasso” di sostanza (di connessioni) sia per ciò stesso “grasso” di pensiero (d’idee) e che un cervello “magro” di sostanza (di connessioni) sia per ciò stesso “magro” di pensiero (d’idee), non possono neanche immaginare che sia vero esattamente il contrario: che lo spirito (l’intelletto, la mente) sia cioè una “malattia della carne” e che perciò, durante la veglia, il pensiero non “ingrassi” (o ingrossi) il cervello, bensì lo “dimagrisca”.
Nel cervello, in realtà, si svolgono tanto processi “anabolici” (vegetativi o costruttivi) quanto processi “catabolici” (distruttivi); sono soltanto i secondi, però, a permettere le vigili attività del pensiero e della coscienza.
L’organizzazione corporeo-animica dell’uomo – spiega appunto Steiner – “non può agire sull’essere del pensiero. In un primo tempo, lo stato manifesto dei fatti sembra contraddire a ciò: il pensare umano non sorge, per l’esperienza comune, altro che dentro e attraverso quell’organizzazione. Il sorgere del pensare è un fatto che s’impone così fortemente che soltanto chi abbia riconosciuto come nessun elemento dell’organismo umano intervenga in ciò che vi è di essenziale nel pensare, è in grado di intenderne il vero significato. A costui però non può neppure più sfuggire quanto peculiarmente sia foggiato il rapporto fra l’organismo umano e il pensare. Quello, infatti, non influisce assolutamente sull’essenza del pensare, ma anzi si ritrae quando sorge l’attività del pensare; sospende la propria attività, lascia il campo libero; e sul campo, così divenuto libero, sorge il pensare” (2).
Dimostrare, come hanno fatto la Ghilardi, Massimini, Tonioni e Huber, che “l’attività del cervello durante la notte è più intensa nelle aree che durante il giorno sono state impegnate in un compito di apprendimento”, equivale dunque a dimostrare – come sostiene la scienza dello spirito – che quanto è stato logorato o distrutto nel corso della veglia viene continuamente rigenerato o ricostruito durante il sonno.
Per questo, – fanno notare Rudolf Steiner e Ita Wegman – “sonno e veglia non debbono superare un determinato limite di attività. Se ciò avvenisse per il sonno (…) avrebbe origine uno stato patologico nel senso di un eccessivo rigoglio dell’elemento vegetale. Se avvenisse per la veglia (…) si formerebbe uno stato patologico per sopravvento dell’elemento minerale” (3). In altri termini, troppo sonno comporterebbe un eccesso di attività “anaboliche” a discapito di quelle “cataboliche” (come accade, ad esempio, nell’ipotiroidismo), mentre troppa veglia comporterebbe un eccesso di attività “cataboliche” a discapito di quelle “anaboliche” (come accade, ad esempio, nell’ipertiroidismo). Diceva appunto la Regola sanitaria salernitana: “Sei ore di sonno bastano al giovane e al vecchio; a stento ne concediamo sette al pigro, otto a nessuno”.
Dal momento che Tonioni e i suoi colleghi hanno condotto i loro esperimenti invitando dei volontari a cimentarsi con un videogioco, la Dusi conclude la sua intervista domandando: “Diventare bravi al vostro videogioco vuol dire creare molte nuove connessioni, quindi potenziare il cervello. Ma questo potenziamento sarà utile anche per altre attività, magari più importanti? ”; al che Tonioni replica: “Difficile rispondere. Probabilmente alcune connessioni si adattano a molti usi, altre no. Non credo che il nostro gioco si riveli molto utile per la vita di tutti i giorni”.
Dunque, direbbe Shakespeare: “Molto rumore per nulla”.
“Il male più grande della fisica recente – ha affermato del resto Heisenberg – è che gli esperimenti sono separati dall’uomo stesso e che la natura è vista solo in ciò che mostrano gli strumenti artificiali: cioè essi vogliono provarla e limitano con questi la sua comprensione” (4).
Di questo male, tuttavia, non soffre solo la “fisica recente”, ma tutta la scienza contemporanea. “I fisiologi moderni – sostiene ad esempio Oswald (uno dei maggiori studiosi del sonno) – sono in grado di spiegarci perché sudiamo, respiriamo o eliminiamo l’urina, ma non sanno dirci perché dobbiamo dormire” (5).
E’ d’altro canto difficile farsi una corretta idea del sonno e dell’incoscienza se non ci si fa una corretta idea della veglia e della coscienza. Studiare il sonno e l’incoscienza, prescindendo dal loro rapporto con la veglia e la coscienza, è come infatti studiare l’esalazione prescindendo dall’inalazione o la diastole prescindendo dalla sistole. Addirittura impossibile è poi orientarsi correttamente in questi ambiti se non si ha la capacità di distinguere la realtà sostanziale e sensibile del cervello da quella dinamica ed extrasensibile dell’attività che in esso si svolge e, all’interno di quest’ultima, quanto si mostra affine alla qualità del “perire” da quanto si mostra viceversa affine alla qualità del “nascere”.
Prima di studiare il sonno, sarebbe dunque bene studiare la veglia. Ma come studiarla? Cominciando con l’osservare l’attività del pensiero sulla quale si fonda e sorregge. E come osservarla? Adottando i metodi scientifico-spirituali messi a punto da Steiner: metodi o tecniche di esperienza interiore che chiunque può salutarmente far suoi, a meno che non sia schiavo di pregiudizi materialistici, naturalistici o informatici.

Note:

01) la Repubblica, 1 luglio 2004;
02) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, pp.123-124;
03) R.Steiner – I.Wegman: Elementi fondamentali per un ampliamento dell’arte medica – Antroposofica, Milano 1977, p.37;
04) W.Heisenberg: La concezione della natura di Goethe e il mondo della scienza e della tecnologia in Oltre le frontiere della scienza – Editori Riuniti, Roma 1984, p.153;
05) I.Oswald: Sonno e sogno – De Donato, Bari 1968, p.9.

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Di Francesco Giorgi
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