Machiavelli, la destra e la sinistra

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Michael Ledeen (uno dei maggiori esponenti dei cosiddetti “neoconservatori” statunitensi), nel suo Il “Principe” dei neocons, tesse l’elogio di Niccolò Machiavelli (1469-1527) e auspica che gli attuali leader occidentali ed europei si decidano a fare tesoro della lezione impartita dal Segretario Fiorentino.
Così conclude infatti il suo libro: “Abbiamo bisogno della saggezza e della leadership di Machiavelli. Senza di essa, le nostre eccellenti istituzioni politiche, religiose, economiche e sportive andranno in rovina, come è accaduto in altri tempi e in altri luoghi” (1).
Orbene, lo spirito che animava l’autore de Il principe (1513) non è diverso da quello che anima oggi la cultura e la scienza materialistica.
Osserva ad esempio Steiner: “Catone il censore, cui premeva soprattutto di dare una solida struttura all’ordinamento statale romano, riteneva necessario, appunto per effettuare integralmente una tale solida struttura, di esiliare i seguaci della filosofia greca: “chiacchierano soltanto – egli diceva – e ciò disturba le decisioni delle nostre autorità”. Machiavelli, il grande fiorentino del Rinascimento, era anche lui d’accordo su questo; e lodava Catone in modo speciale perché si proponeva di eliminare dallo stato romano coloro che volevano intromettersi negli ordinamenti statali umani, partendo dal punto di vista di una conoscenza spirituale. Machiavelli approvava anche pienamente che, in certi periodi, nell’impero romano fosse stata applicata la pena di morte a chi si interessava della struttura dell’ordinamento sociale” (2).
E chi altri, se non lo spirito (arimanico) del materialismo, potrebbe voler eliminare, in un modo o nell’altro (e a tutti i livelli), coloro che partono “dal punto di vista di una conoscenza spirituale”?
Nella nota Il “terzo incomodo” (3), abbiamo visto che Claudio Magris è convinto (con Norberto Bobbio) che “l’uomo è malvagio e la vita è invivibile”. Ebbene, Ledeen, uomo di destra, non la pensa in modo molto diverso: afferma, infatti, che “non puoi alimentare la speranza che gli uomini facciano spontaneamente o volontariamente la cosa giusta, poiché il loro istinto va nella direzione opposta” (4); che “lottare per il bene comune è un imperativo che non viene dall’istinto dell’uomo” (5); che “non possiamo cambiare la nostra natura” (6); e che “perciò non dobbiamo essere lasciati ai nostri istinti” (7), bensì seguire quello che “De Grazia ha giustamente definito il fosco comandamento di Machiavelli: “Fai agli altri ciò che gli altri farebbero a te”” (8).
Come si vede, il pessimismo antropologico della sinistra è assai simile a quello della destra. Per quest’ultima, tuttavia, la natura umana è “cattiva” e non può essere cambiata (“sendo gli uomini più pronti al male che al bene”, dice Machiavelli) (9), mentre, per la sinistra marxista (ortodossa), in tanto è “cattiva” in quanto è tale l’ambiente che la circonda, e può essere quindi cambiata soltanto dall’esterno: cambiando, cioè, il sistema sociale (e in primo luogo la “struttura” economica) che la genera, e del quale non rappresenta che un effetto, un riflesso o un’impronta interiore.
Insomma, a destra si crede – come dice il proverbio – che “un legno torto non sarà mai dritto”, mentre a sinistra si crede che un “legno torto“ diventerà “dritto” solo se si agirà su di esso dal di fuori.
In questa contrapposizione, viene in qualche modo a riflettersi quella filosofica tra l’essere (di Parmenide) e il divenire (di Eraclito). “Machiavelli – osserva ad esempio Mario Bernardi Guardi, nella prefazione al testo di Ledeen – vuole scavare, al di fuori di qualsiasi illusione, nella “realtà effettuale”, proponendo al suo Principe di organizzarsi sulla base dell’”essere”, tenendo cioè conto del mondo così com’è, e non abbandonandosi alle sirene del “dover essere”, dunque scambiando le aspirazioni con la realtà e magari pretendendo che gli uomini siano diversi da come sono” (10).
Quello dei conservatori non è però l’essere vivente del divenire, bensì uno stato morto (11), così come quello dei progressisti non è il divenire dell’essere vivente, bensì un astratto, illusorio o fantasticato divenire della materia.
Nel suo L’anima cosciente e la modernità, Lucio Russo ha appunto messo in evidenza “il paradosso di una situazione nella quale i cosiddetti “progressisti”, negando l’essere, affermano un divenire aggiogato alla materia (ossia, a quanto, giacché morto, è incapace di progresso), mentre i cosiddetti “conservatori”, negando il divenire, affermano un essere aggiogato allo spirito (ossia, a quanto, giacché vivo, è incapace di conservazione)”.
Rammentando che Marcello Veneziani, nel corso del convegno “Destra/Destre” (tenuto a Milano nel 1998), ha sostenuto che “la destra è un luogo, ovvero (semplifico al massimo) la parte dove si trovano le radici, la sostanza di una cultura e di un popolo; la sinistra invece è un tempo, per definizione il regno dei cambiamenti” (12), ha poi aggiunto che la destra e la sinistra, in tanto si mostrano rispettivamente legate allo spazio e al tempo, in quanto lo spazio non è che il naturale riflesso (o la contro-immagine) dell’essere e il tempo il naturale riflesso (o la contro-immagine) del divenire, concludendo infine che “la destra e la sinistra, alla stessa stregua dei capponi di Renzo, si combattono tra loro senza minimamente avvedersi di essere ambedue prigioniere dell’al di qua di quella “soglia” che divide la coscienza naturale (legata all’esistenza: cioè, al fisico e all’eterico) da quella spirituale (legata all’essenza: cioè, all’astrale e all’Io): che si combattono, cioè senza affatto accorgersi di avere un comune denominatore materialistico. Denominatore comune che, nella destra, prende forma prevalentemente naturalistica o biologica (metastorica), mentre, nella sinistra, prende forma prevalentemente scientistica o socio-economica (storica)” (13).
Si potrebbe anche dire, tuttavia, che tanto la destra che la sinistra sono legate allo spazio e al tempo, ma che, per la prima, lo spazio è quello reale (effettuale) e il tempo quello passato, mentre, per la seconda, lo spazio è quello ideale (quello dell’utopia: ou-tòpos) e il tempo quello futuro.
Come si vede, le attività degli ostacolatori si intrecciano. Spiega appunto Steiner: “Quando con Lucifero in noi si comincia a vedere il mondo, osservandolo si incontra Arimane. I due infatti si cercano nella relazione umana col mondo” (14).
Per la destra, infatti, lo spazio reale (effettuale) è arimanico (sensibile) e il tempo passato luciferico (nostalgico), mentre, per la sinistra, lo spazio ideale (utopico) è luciferico (illusorio) e il tempo futuro arimanico (come ricorda ancora Russo, “ne Il correttore, un breve romanzo di George Steiner, il protagonista, rivolgendosi a un suo amico prete, dice appunto: “Sai che cos’è il socialismo, Reverendo? Sai cos’è realmente? E’ impazienza. Impazienza. E’ una furia dell’adesso” – cioè a dire, un’abnorme pressione del futuro sul presente) (15).
Come Giuseppe Prezzolini – stando a quanto asserisce Bernardi Guardi – “cercava Cristo, ma trovava sempre sulla strada il Segretario Fiorentino” (16), così la destra e la sinistra cercano l’homo, ma trovano sempre sulla strada gli ostacolatori.
“Il conflitto – sostiene ad esempio Ledeen – non è la conseguenza della ragionevole ricerca dell’interesse personale, né di quelli dello Stato né di quelli dell’individuo; sgorga direttamente dal più profondo di quella fonte perenne che è la natura umana. Non è un’aberrazione, non viene dal fallimento dell’intelligenza; è una parte integrale, ineluttabile di ciò che siamo” (17).
Ma è sicuro, Ledeen, di sapere “ciò che siamo”, o non confonde, piuttosto, ciò che siamo (la nostra essenza) con “ciò che siamo divenuti” (con il nostro attuale stato)?
Immaginiamo ad esempio un bambino che, nato bello e sano, e deformatosi in seguito a causa di una grave malattia, venga poi guarito da un farmaco che gli consente di tornare bello e sano come alla nascita.
Ebbene, come racconterebbe questa storia la destra? La racconterebbe facendo coincidere la nascita del bambino con l’instaurarsi della sua deformità e tacendo dell’esistenza del farmaco in grado di restituirlo alla salute. E come la racconterebbe la sinistra? La racconterebbe distinguendo, sì, la nascita del bambino dall’instaurarsi della sua deformità, ma denunciando poi qualcuno (una “classe” o un “sistema”) quale responsabile della malattia, e adottando quale terapia quella dell’eliminazione (più o meno violenta) del colpevole.
Noi la racconteremmo, invece, così come l’abbiamo raccontata, intendendo rappresentare, col bambino sano alla nascita, l’uomo creato dal Padre, col bambino divenuto deforme, l’uomo “caduto” e, col bambino guarito, l’uomo “risorto”, grazie al Figlio, nello Spirito Santo (ex Deo nascimur, in Christo morimur, per Spiritum Sanctum reviviscimus). Solo in virtù dell’incarnazione del Figlio è stata infatti inoculata, nello stato morto (come lo spazio) dell’umanità caduta, la forza viva (come il tempo) del divenire. Il Cristianesimo – afferma appunto Steiner – ha posto “un germe nuovo entro ciò che si esprimeva nello spazio: il germe di qualcosa che si esprime solo nel tempo. E’ il “divenire” che si presenta dopo l’”essere”” (lo “stato”) (18).
Chiunque conosca a fondo l’antroposofia ben sa che questa storia è molto più vera di tutte quelle narrateci dalla scienza materialistica, e che può essere riscoperta dal pensiero o dalla conoscenza (scientifico-spirituale), e non soltanto “creduta” dalla fede.
A questo proposito, il Corriere della Sera ha riportato ad esempio la notizia che “i paleontologi spagnoli hanno scoperto vicino a Barcellona i fossili di “Pau”, il “Pierolapithecus” vissuto 13 milioni di anni fa, alto un metro e 23, che è considerato l’anello di congiunzione tra l’uomo e la scimmia”. Orbene, Giulio Giorello, nel commentarla, prima ricorda la seguente affermazione di Darwin: “Tutto quello che si afferma dell’anima come principio di comprensione e di azione resta vero, purché si intenda questo termine come sinonimo di scimmia”, e poi, di tale ipotetico “antenato comune”, dice: “più “animale” o più “uomo” il nostro antenato di Barcellona? Domanda mal posta, come se gli uomini non fossero anche loro animali (per di più, troppo abituati a servirsi di classificazioni rigide)” (19).
O bella! Ma non è proprio a causa di una “classificazione rigida” (per non dire, di un “pregiudizio”) che gli uomini vengono raggruppati tra gli animali? E logica non vorrebbe, poi, che un “antenato comune”, in quanto appunto “comune”, non fosse né scimmia né uomo, bensì un terzo essere: vale a dire, un essere (extrasensibile) dal quale sono poi (sensibilmente) derivati, per evoluzione ascendente, l’uomo e, per evoluzione discendente o per involuzione, la scimmia?
Nella nota Il nichilismo (20), abbiamo visto Franco Volpi accennare a una odierna e “diffusa domanda di etica”. Ebbene, si è sul serio convinti di poterla appagare continuando a portare avanti e a offrire questo tipo di noetica? (“Chi tra di voi – dice infatti il Cristo – al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe?” – Mt 7,9-10).
Ancor vero, dunque, è quanto disse Steiner nel 1917: “Oggi si temono le rappresentazioni che penetrano a fondo nelle cose. Se anche oggi c’è molto coraggio nel mondo, nel campo della conoscenza non ce n’è certo! Più che ogni altra cosa manca il coraggio della conoscenza. L’umanità attuale non ha ancor oggi una reale volontà di mettersi di fronte alla realtà” (21).

Note:

01) M.Ledeen: Il “Principe” dei neocons – Nuove Idee, Roma 2004, p.185;
02) R.Steiner: Contributi alla conoscenza del Mistero del Golgota – Antroposofica, Milano 1977, p.149;
03) cfr. Il “terzo incomodo”, 25 novembre 2004;
04) M.Ledeen: op.cit., p.82;
05) ibid., p.118;
06) ibid., p.39;
07) ibid., p.104;
08) ibid., p.111;
09) ibid., p.31;
10) ibid., p.13;
11) cfr. Essere e stato, 19 marzo 2003;
12) cfr. G.B.Guerri: Nel nome della meritocrazia è ora di schierarsi contro l’egualitarismoIl Giornale, 31 maggio 1998;
13) L.Russo: L’anima cosciente e la modernità – pubblicazione fuori commercio a cura dell’Associazione culturale Source Onlus, 1999, p.25;
14) R.Steiner: Formazione del destino e vita dopo la morte – Antroposofica, Milano 1995, p.147;
15) cfr., in questo sito, La filosofia della libertà, 32° incontro;
16) M.Ledeen: op.cit., p.5;
17) ibid., p.43;
18) R.Steiner: Come ritrovare il Cristo – Antroposofica, Milano 1988, p.29;
19) Corriere della Sera, 20 novembre 2004;
20) cfr. Il nichilismo, 22 settembre 2004;
21) R.Steiner: Contributi alla conoscenza del mistero del Golgota, pp.148-149.

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Di Francesco Giorgi
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