Al lettore:
nel 1997, in preparazione del convegno della Società Antroposofica Italiana, dedicato al “Mistero della Sofia”, Lucio Russo ha tenuto, presso la sede della Società Antroposofica Romana, tre conferenze dal titolo: Note per una riflessione sulla “Vergine Sofia” . Queste sono state pubblicate, nello stesso anno, nei numeri 3 e 4 della rivista Kairós. Ne presentiamo qui un estratto, rielaborato dall’autore.
Madonna Antropo-Sophia
“Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno. ”
Scrive Scaligero: “Sapienza delle cose divine, Intelligenza del cuore, Virtù dell’Amore celeste, sono le immagini con le quali alludono alla Vergine Sophia taluni autori, gnostici, mistici o poeti. Occorre invero essere poeti riguardo a un simile tema” (1).
La donna “vestita di sole” dell’Apocalisse (in veste di “Filo-Sophia”, come appare all’anima razionale-affettiva, e non ancora di “Antropo-Sophia”, come appare all’anima cosciente), viene infatti cantata dai poeti del “dolce stil novo”: quale “gloriosa donna della mente” da Dante, quale “amorosa Madonna Intelligenza” da Dino Compagni, che di lei dice: “Ell’è sovrana donna di valore, che l’anima notrica e pasce ‘l core e chi l’è servidor giammai non erra” (2), e quale “donna gentile” da Guido Cavalcanti, che scrive:
“Non è la sua beltate canosciuta
da gente vile, ché lo suo colore
chiama intelletto di troppo valore” (3).
In realtà, “vile” o prosaico è il pensiero ordinario: ossia quel pensiero che si “regola secondo la carne” (Paolo), e che Scaligero chiama “dialettico”.
Che cosa è infatti il pensiero dialettico? E’ il pensiero senza vita che parla della vita; il pensiero senz’anima che parla dell’anima; il pensiero senza spirito che parla dello spirito. E’ insomma il non-essere che parla dell’essere, il nulla che parla del tutto.
Scrive Alexandr Blok:
“Il celeste non si misura con la mente,
l’azzurro è occulto agli intelletti.
Solo di rado i serafini portano
Un sacro sogno agli eletti dei mondi” (4).
E Pavel Evdokimov aggiunge: “Quando il “conoscere” non è più un atteggiamento di adorazione, una comunione orante, la conoscenza si separa dalla contemplazione. Si rinuncia all’approfondimento dell’interiorità che va fino all’incontro del Trascendente e in lui di tutta la realtà fremente di vita, a profitto del “sapere per potere” e dell’accrescimento di questo potere sulle cose del mondo presente. Ma allora l’essere si svuota del suo contenuto essenziale, perde la sua radice celeste, si snatura, si desacralizza e la coscienza non scopre il “Dasein”, l’essere là, se non per rivelarlo come “essere per la morte”, stretto dal niente” (5).
Se è inutile, tuttavia, dire a un dormiente che è un dormiente o a un sognante che è un sognante, altrettanto inutile è dire a un dialettico che è un dialettico. Anche nel caso, assai raro, in cui fosse disposto a prendere in considerazione la debolezza, l’impotenza o la sterilità del suo pensiero, sarà portato infatti a dialettizzare anche il problema del superamento della dialettica (proponendo magari di organizzare sul tema un “incontro”, un “confronto”, un “dibattito”, se non addirittura un “convegno”).
Sarà pronto, insomma, a fare qualsiasi cosa, ma non ad assumersi la responsabilità di un’iniziativa individuale e di un’azione interiore.
“La dialettica – scrive infatti Scaligero – è la struttura della fittizia sicurezza mentale contro la paura che la virtù liberatrice si affermi” (6).
Non si tratta dunque di elucubrare e discutere, ma di crescere, e di rendersi così capaci e degni di ascoltare, nel profondo, quel che la Vergine-Sophia, ch’è anche la “Vergine del silenzio”, vuole ispirarci o rivelarci.
Decisiva, a tal fine, è la via del pensiero: ossia la via di Michele, che va dalla Sofia al Cristo. “Non a caso – scrive Prokofieff – è Michele lo spirito cosmico atto a rafforzare in noi le forze della Sofia, poiché esso è fin dall’antichità il reggente dell’intelligenza cosmica dei pensieri delle gerarchie, che formano la veste splendente della Sofia celeste. E’ proprio sulla base di questo legame tra Sofia e Michele nei misteri dell’antica Caldea e ancor prima nei misteri persiani, che Marduk-Michele veniva ovunque venerato come il figlio della Soph-Ea, Sofia, la saggezza universale che tutto compenetra” (7).
Ancora Origene, ad esempio, la vede “come un essere incorporeo nel quale si concentrano molteplici pensieri, i Logoi cioè dell’integrità universale” (8). E la vede così perché la Vergine-Sophia è la Sedes sapientae e la Regina angelorum: ovvero la Sede e la Regina degli intelligibili.
In Russia, nel 1904, Alexandr Blok dedica i suoi primi versi alla “Bellissima Dama”, ispirato da Vladimir Soloviev che, nel 1898, aveva cantato dei suoi mistici incontri con l’”Eterna Sposa” (a nove anni, a Mosca, nella cappella dell’Università; a ventidue anni, a Londra, nel British Museum; a ventitre anni, nel deserto egiziano, non lontano dal Cairo) (9):
“Avevo appena abbozzato il mio dire
e tutto il mondo cangiossi in azzurro
e dall’azzurro la vidi apparire
col solo volto, un volto in sussurro” (10).
Nel regno dell’Immacolata, che media, quale regno della “luce” (della seconda Gerarchia), tra quello delle “anime” (della terza) e quello delle “forze” (della prima), la bellezza è lo splendore del vero. E’ questa la bellezza (di norma ignota quanto il vero sentire) che salverà – come dice Dostoevskij – il mondo, poiché “Il cuore non ama – ricorda Grigòrij Skovorodà, filosofo e mistico ucraino – se non vede la bellezza” (11).
Salus è “salvezza”, ma anche “salute”. Perciò Dante dice: “Questa gentilissima salute salutava” (12), e Steiner afferma che l’immagine della Madonna, è “un farmaco risanatore” (13): ovvero, Salus infirmorum.
In quanto “Mediatrice”, l’immagine della Vergine-Sophia è quella della “Tenerezza” (icona “Jaroslavskaja”). Spiega infatti Scaligero: “La Vergine sorge come gioia della presenza del Logos. Tecnicamente questa gioia è necessaria come addolcimento e attitudine di recezione graduale di una Forza troppo forte che, se avesse presa diretta, distruggerebbe l’umano ancora incapace di sopportarne la perfezione” (14).
Sempre in Russia, nel 1914, Pavel Florenskij dedica la sua opera principale, La colonna e il fondamento della verità (15), “al nome tutto puro e profumato della Vergine e Madre”.
Fatto si è, afferma Steiner, che “non è il Cristo che ci manca, è la cognizione del Cristo, la Iside del Cristo, la Sofia del Cristo che ci manca” (16); e Scaligero ribadisce: “Lo Spirito può essere vittorioso nel mondo, solo se ha la comunione dinamica con la Iside-Sophia: senza tale comunione lo Spirito non ha presa né sull’anima né sulla corporeità (…) E’ l’anima che esige la Resurrezione, non lo Spirito, che non è mai caduto e ha solo il compito di sapersi Spirito: di esserlo” (17).
Ancor oggi, durante la messa, si recita: “Per Cristo, con Cristo, in Cristo”. Si tratta di una formula in cui si riflette l’antica conoscenza della costituzione tripartita dell’uomo: ossia di un uomo che, in quanto fatto “a immagine e somiglianza di Dio”, non può essere che “uno e trino”. Dicendo “per Cristo” ci si riferisce al corpo; dicendo “con Cristo” ci si riferisce all’anima; dicendo “in Cristo”, ci si riferisce allo Spirito.
Il Logos è dunque “nell’Io” umano per grazia divina, mentre dipende dall’uomo che l’anima sia o non sia “con” il Logos e che la vita materiale o corporea sia o non sia “per” il Logos.
E’ per questo che, recitando l’Ave Maria, diciamo: “Il signore è con te e tu sei benedetta tra le donne”; dice infatti Dante, della Mater admirabilis: “Vede perfettamente onne salute chi la mia donna tra le donne vede” (18).
Benedetta è dunque, tra quelle moderne, la “concezione immacolata” dell’Antropo-Sophia, poiché “benedetto è il frutto del seno” Suo: ovvero, il Cristo-Gesù (19).
Note:
01) M.Scaligero: Iside-Sophia, la dea ignota – Mediterranee, Roma 1980, p. 71;
02) cit. in Luigi Valli: Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’amore – Melita, Genova 1988, p. 53;
03) G.Cavalcanti: Rime – Rizzoli, Milano 1978, p. 112;
04) A.Blok: Poesie – Newton Compton, Roma 1977, p. 31;
05) P. Evdokimov: Teologia della bellezza – Paoline, Roma 1981, p. 91;
06) M.Scaligero: Guarire con il pensiero – Mediterranee, Roma 1988, p. 62;
07) S.Prokofieff: Il corso dell’anno come via di iniziazione all’esperienza dell’Entità del Cristo – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1990, p. 292;
08) E.Treu: introduzione a V.Soloviev: La Sofia – San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1997, p. 9;
09) V.Soloviev: Tre appuntamenti in Sulla Divinoumanità e altri scritti – Jaca Book, Milano 1971, p. 17;
10) A.Asnaghi: L’amante della Sofia – CENS, Cernusco sul Naviglio (Mi) 1990, p. 88;
11) ibid, p. 25;
12) D.Alighieri: Vita Nuova – Rizzoli, Milano 1952, p. 24;
13) R.Steiner: L’universo, la terra e l’uomo – Antroposofica, Milano 1983, p. 32;
14) M.Scaligero: Iside-Sophia, la dea ignota, p. 50;
15) cfr. P.Florenskij: La colonna e il fondamento della verità – Rusconi, Milano 1974;
16) cit. in S.Prokofieff: Le dodici notti sante e le Gerarchie spirituali – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1990, p. 112;
17) M.Scaligero: Iside-Sophia, la dea ignota, pp. 68 e 106;
18) D.Alighieri: Vita Nuova, p. 67;
19) cfr. R.Steiner: Come ritrovare il Cristo? – Antroposofica, Milano 1988.