56) “Il periodo di permanenza fra morte e nuova nascita, nel quale si configura il karma dell’uomo, può venir descritto solo in base ai risultati dell’indagine spirituale. Ma è da tener sempre presente che questa descrizione riesce convincente alla ragione. Basta soltanto che quest’ultima osservi spregiudicatamente la natura della realtà sensibile per accorgersi che tale realtà indirizza ad un contenuto spirituale, così come la forma di un cadavere alla vita che vi dimorava”.
Come ci è dato conoscere, grazie alla scienza naturale, i risultati di una ricerca che può essere condotta solo da chi disponga degli organi di senso fisici e dell’intelletto, così ci è dato conoscere, grazie alla scienza spirituale, i risultati di una ricerca che può essere condotta solo da chi disponga degli organi di senso superiori: cioè a dire, del senso immaginativo (o del linguaggio), del senso ispirato (o del pensiero) e del senso intuitivo (o dell’Io).
Una cosa, come abbiamo spesso sottolineato, è dunque la ricerca, altra la comunicazione e la comprensione dei suoi risultati. Questi possono essere infatti accolti e compresi dall’intelletto o dalla coscienza ordinaria, sia nel caso della scienza naturale, sia in quello della scienza spirituale. E’ opportuno ribadirlo, giacché si potrebbe pensare che siano i limiti della coscienza ordinaria a impedirci di riconoscere determinate verità. Ma non è così; sono unicamente i nostri pregiudizi a impedircelo: ossia, quelle simpatie o antipatie (razionalizzate) che quasi sempre ci condizionano.
Sentite ciò che scrive Steiner: “Chi dubita delle verità della scienza dello spirito non le ha ancora “riconosciute”, come potrebbe dubitare che due per due fa quattro chi non lo avesse ancora riconosciuto. Anche se i due fatti si distinguono molto fra loro, perché l’ultimo è semplice e il primo complicato, pure la somiglianza esiste. Per altro non la si può afferrare fino a che non si entra di persona nella scienza dello spirito. Per questo non si può dare alcuna “prova” di questo fatto a chi non conosce la scienza dello spirito. Si può dire soltanto: “Imparate prima a conoscere la scienza dello spirito e vi sarà chiaro tutto il problema”” (1).
Fatto sta che la coscienza ordinaria potrebbe più di quanto in genere si creda. Non potrebbe, è vero, condurre ricerche spirituali, ma potrebbe vagliare spregiudicatamente (almeno in via d’ipotesi) i risultati che vengono comunicati dal ricercatore o dallo scienziato dello spirito. E perché allora non lo fa? Non lo fa perché non solo è condizionata, come abbiamo appena detto, da mille pregiudizi, ma anche perché, non amando a sufficienza la realtà, non ha interesse a conoscerla.
Solo chi ama la realtà (più di se stesso) può però arrivare alla scienza dello spirito. Quanti si accontentano di quel che passa il convento (il “conscio collettivo”) non mirano infatti all’essenza della realtà, ma a ciò che trovano piacevole, comodo o utile dal loro punto di vista.
Pensate, tanto per dirne una, allo studio. Ci sono oggi degli istituti che promettono il conseguimento di un diploma o di una laurea in brevissimo tempo. E perché? Perché sanno che più che allo studio e alla conoscenza si tiene al “pezzo di carta”. Quanti, ottenuto in un modo o nell’altro tale “pezzo di carta”, continuano infatti a studiare?
Ascoltate ancora Steiner: “Oggi un uomo, soprattutto se appartiene al cosiddetto ceto intellettuale, quando ha avuto un’istruzione qualsiasi nei suoi primi 27 anni di vita, vuol diventare qualcuno e pretende di usare per il rimanente della vita quanto ha appreso (…) Oggi è oltremodo raro trovare qualcuno che continui a studiare e rimanga capace di trasformarsi (…) Verso i quarant’anni invece, soltanto che lo si volesse, ci si potrebbe riannodare alla propria gioventù e imparare ancora! Mi chiedo però quanti oggi realmente lo vogliono, quanti vogliano comprendere che la cosa più necessaria per l’avvenire dell’umanità è il continuo apprendere, il non volersi mai arrestare” (2).
Questo precoce invecchiamento e inaridimento dell’anima è un risultato dell’azione di Arimane: di un’azione, come ci è dato constatare dolorosamente ogni giorno, che tende a mortificare, sterilizzare o distruggere la cultura (a succhiarne, al pari di Dracula, il sangue).
Diciamola tutta: lo studio dell’opera di Steiner fa paura perché si avverte o presagisce, in qualche modo, che porta alla morte dell’ego (in Christo morimur); è questo a indurre quanti ignorano che la morte dell’ego coincide con la nascita dell’Io (per Spiritum Sanctum reviviscimus) a evitare o abbandonare l’antroposofia, oppure (quel ch’è peggio) a edulcorarla, banalizzarla o imborghesirla, tradendone così lo spirito.
(Negli stessi giorni in cui stavo rielaborando il commento a questa massima, mi sono imbattuto in un’affermazione di Ljudmila Saraskina, biografa di Solženicyn, che può ben testimoniare, in aggiunta a quanto accennato in precedenza (massima 52), con quale lungimiranza il karma determini l’anno della nostra nascita: “Guardando retrospettivamente alla lunga vita di Aleksandr Solženicyn, sembra che l’autore della Ruota rossa non avrebbe potuto nascere in nessun altro anno, in nessuna’altra dimensione storica se non in quello stesso 1918: egli è geneticamente legato a questo momento dei Torbidi Russi. L’anno Diciotto fa rima col destino umano e creativo di Solženicyn, è la diagnosi del suo dolore insanabile per la Russia, è l’epigrafe alla sua scelta di scrittore” [3].)
57) “I risultati della scienza dello spirito mostrano che, fra morte e nascita, l’uomo appartiene ai regni dello spirito così come, fra nascita e morte, egli appartiene ai regni della natura: minerale, vegetale e animale”.
Fra nascita e morte, il regno minerale, il regno vegetale e quello animale, si presentano, in quanto visti dall’esterno, come regni naturali (sensibili), mentre fra morte e nuova nascita si presentano, in quanto visti dall’interno, come regni spirituali: ossia come i regni (nell’ordine) della prima, della seconda e della terza Gerarchia (o del Devachan superiore, del Devachan inferiore e dell’astrale).
(Approfitto per ricordare che Devachan sta per Devayana o “via agli Dèi”.)
Di questo, comunque, in parte abbiamo visto e in parte vedremo tra poco.
58) “Il regno minerale è da riconoscere nella forma effimera dell’uomo; il vegetale, quale corpo eterico, è la base del suo divenire e crescere; l’animale, quale corpo astrale, è l’impulso per l’esplicazione del sentimento e della volontà. Il coronamento della vita cosciente del sentimento e della volontà nella vita a u t o c o s c i e n t e dello spirito, palesa all’osservazione immediata il nesso dell’uomo col mondo dello spirito”.
Queste, alla luce di quanto abbiamo visto finora, non sono novità.
Può essere utile tuttavia ribadire la differenza tra la coscienza e l’autocoscienza, ricordando che invece di parlare di “anima senziente” (collegata a Marte), di “anima razionale-affettiva” (collegata a Mercurio) e di “anima cosciente” (collegata a Giove), potremmo benissimo parlare di “coscienza senziente”, di “coscienza razionale-affettiva” e di “coscienza cosciente”, e che “coscienza cosciente” significa “coscienza della coscienza”, e quindi “autocoscienza”.
L’autocoscienza è retta dal pensare (vigile). Quando ci riferiamo al sentimento (sognante) e alla volontà (dormiente), parliamo infatti di “coscienza” (di sogno e di sonno), e non di “autocoscienza” (di coscienza dell’Io).
Note:
1) R.Steiner: I punti essenziali della questione sociale – Antroposofica, Milano 1999, p. 133;
2) R.Steiner: Lo studio dei sintomi storici – Antroposofica, Milano 1961, p. 95;
3) L.Saraskina: Solženicyn – SAN PAOLO, Cinisello Balsamo (Mi) 2010, p. 31.