Occupiamoci adesso in breve delle massime, tenendo sempre conto che la natura degli argomenti che stiamo trattando ci permette di aggiungere ben poco a quanto detto da Steiner.
69) “La terza gerarchia si manifesta come puro animico-spirituale. Essa opera in ciò che l’uomo sperimenta in modo animico del tutto intimamente. Non potrebbe verificarsi alcun processo, né nell’eterico né nel fisico, se agisse solo questa gerarchia. Ci potrebbe essere soltanto quello che è animico”.
L’attività degli Angeli, degli Arcangeli e delle Archài si svolge nell’interiorità umana.
Consideriamo, tuttavia, che come gli Angeli sono messaggeri degli Arcangeli e gli Arcangeli sono messaggeri delle Archài, così la terza Gerarchia è messaggera della seconda, la seconda è messaggera della prima e la prima è messaggera della Trinità.
Affermare che “non potrebbe verificarsi alcun processo né nell’eterico né nel fisico se agisse solo questa gerarchia” significa pertanto affermare che se agisse solo la terza Gerarchia non potrebbe darsi alcuna manifestazione esteriore: cioè nessuna attività che, partendo dal piano animico-spirituale e varcando dall’alto in basso (creativamente) la soglia, giungesse a quello eterico-fisico.
70) “La seconda gerarchia si manifesta come un animico-spirituale che agisce nell’eterico. Tutto ciò che è eterico è manifestazione della seconda gerarchia. Essa però non si manifesta immediatamente nel fisico. La sua forza giunge solo fino ai processi eterici. Non sussisterebbero che animico ed eterico, se agissero soltanto la terza e la seconda gerarchia”.
Ci sono dunque delle entità animico-spirituali che agiscono sul piano astrale, altre (più elevate e potenti) che agiscono sul piano eterico e altre ancora (più elevate e potenti delle seconde) che agiscono sul piano fisico.
”Tutto ciò che è eterico – dice Steiner – è manifestazione della seconda gerarchia”. Basterebbe osservare, per cominciare a farsene un’idea, il mondo vegetale.
“Al nome tutto puro e profumato della Vergine e Madre”: questa è la dedica apposta da Pavel Florenskij al suo La colonna e il fondamento della verità (6).
Ebbene, il mondo vegetale, per il fatto di essere privo di istinti o di brame, non è appunto “tutto puro e profumato”?
Osservate, ad esempio, una rosa rossa; il colore dei suoi petali ricorda quello del sangue umano, di quel sangue caldo (“caliente”) che tende (soprattutto nei caratteri “isterici” o “stenici”, in specie se sottesi da un temperamento collerico), a “ribollire” o a “salire – come si usa dire – alla testa”.
(Ascoltate, al riguardo, quanto dice qui Steiner: “Se non con i mezzi chimici, ma con quelli messi a disposizione dalla scienza dello spirito, si esaminasse il sangue dell’uomo odierno e quello degli uomini che precedettero di qualche millennio la comparsa del Cristo, si troverebbe che il sangue si è trasformato, che ha assunto un carattere che lo rende sempre meno adatto ad essere il veicolo dell’amore” [7].)
Il rosso della rosa è però diverso: è piuttosto il colore di un “sangue freddo” (di una “flamma – dice Scaligero – non urens”), cioè di un sangue la cui purezza e castità dipendono dall’anima, che lo tocca, come un raggio di sole, dall’esterno.
E per quale ragione l’eterico-fisico della rosa (come di qualsiasi altro fiore) è puro e casto? Per la semplice ragione che il corpo astrale, non impregnandolo, non lo costringe a soddisfare le proprie brame o i propri appetiti.
Pensate alla sessualità. Il peccato, afferma Scaligero, non è il sesso (quale fatto eterico-fisico), ma la brama (astrale) che vi è connessa.
Sapete che cosa significa questo? Significa che la vera natura della sessualità (non – si badi – della “sensualità”) è “vegetale”, e non, come siamo soliti credere, “animale”. Restituire purezza e castità al sesso non vuol dire dunque soffocarlo o eliminarlo (magari evirandosi, come fece Klingsor, l’avversario dei cavalieri del Graal), bensì restituirlo allo spirito, e quindi all’amore.
Ascoltate queste parole di Scaligero: “L’atto è compiuto dall’essere che non è l’ego. Viene lasciato compiere dal corpo, dalla sua saggezza, dalla sua disinteressata funzionalità. L’anima gli è estranea, essendo esso il processo della corporeità [eterico-fisica]. Che l’anima può rispecchiare, senza partecipare, come lo specchio che immobile riflette il movimento” (8).
Dal momento che le brame attecchiscono sulla sessualità allo stesso modo in cui i parassiti attecchiscono sulle piante, per “spidocchiare” la sessualità occorre perciò cominciare con lo “spidocchiare” il pensiero e l’immaginazione.
“L’aberrazione sessuale – scrive infatti Scaligero – esercita il suo dominio mediante un potere immaginativo usurpato” (9).
71) “La prima gerarchia, la più forte, si manifesta come ciò che è spiritualmente operante nel fisico. Essa forma a cosmo il mondo fisico. La terza e seconda gerarchia sono qui le entità serventi”.
Sappiamo che l’uomo è costituito dall’Io, dal corpo astrale, dal corpo eterico e dal corpo fisico, ma non sempre ci ricordiamo che c’è un legame, per così dire, “privilegiato” tra l’Io e il corpo fisico, da una parte, e tra il corpo astrale e il corpo eterico, dall’altra.
Notate infatti che prima Steiner ha messo i Troni, i Cherubini e i Serafini in rapporto con l’Io (“Sulla base della conoscenza intuitiva essa [l’antroposofia] parla del “vero sé” o dell’”io”. Anche per questo essa trova un mondo circostante: è quello della prima gerarchia”) e che ora li mette invece in rapporto col fisico.
Domanda: Si può dire che la prima Gerarchia è in relazione con il volere puro, la seconda con il sentire puro e la terza con il pensare puro?
Risposta: Certo. Tra non molto, vedremo uno schema in cui Unger collega il pensare puro (che caratterizza come un “pensare nel pensare”) alla terza Gerarchia, il sentire puro (che caratterizza come un “sentire nel sentire”) alla seconda Gerarchia, e il volere puro (che caratterizza come un “volere nel volere”) alla prima Gerarchia.
Il volere puro è una forza libera dalle forme che le dà normalmente l’ego (dai desideri e dalle brame), e perciò pronta a prendere quelle che le dà l’Io e, attraverso l’Io, il mondo spirituale (“Fiat mihi secundum verbum tuum”).
Si potrebbe anche dire, volendo, che il volere puro sta al desiderio o alla brama come il concetto sta alla rappresentazione (come questa è infatti, dice Steiner, un “concetto individualizzato” o personalizzato, così il desiderio è un volere individualizzato o personalizzato, e quindi karmicamente determinato).
La prima Gerarchia, dice Steiner, “forma a cosmo il mondo fisico”.
Non so se sapete, a questo proposito, che Hegel parla della filosofia di Spinoza come di un “acosmismo”. Ma quand’è che si può parlare di “acosmismo? Quando ci si trova di fronte (come nel caso appunto di Spinoza) a un mònos che non è un in pari tempo un còsmos: vale a dire a un uno che non è in pari tempo un molteplice.
Per quale ragione, dunque, i Serafini, i Cherubini e i Troni (i veri e propri “creatori del creato”, dal momento che la Trinità è la “creatrice dei creatori”) formano “a cosmo il mondo fisico”? Perché generano per l’appunto esseri o entità, e quindi il molteplice dall’uno e nell’uno.
72) “Non appena ci si accosti alle superiori parti costitutive dell’entità umana: al corpo eterico, al corpo astrale e all’organizzazione dell’io, si è costretti a cercare il nesso dell’uomo con gli esseri dei regni spirituali. Solo l’organizzazione fisica del corpo può essere lumeggiata dai tre regni fisici della natura”.
Abbiamo già visto che il cammino dell’uomo moderno (dell’uomo dell’anima cosciente) deve prendere le mosse dall’antropologia, cioè dalla conoscenza dell’uomo, per arrivare alla teologia, cioè alla conoscenza del mondo divino-spirituale.
Chiunque riduca tutto al corpo fisico (che so, al cervello o al DNA), non accostandosi “alle superiori parti costitutive dell’entità umana”, non potrà pertanto riallacciare un rapporto con “gli esseri dei regni spirituali” (e non potrà quindi “guarire”, dal momento che un mancato o alterato rapporto con tali esseri si traduce in malattia).
Fatto sta che le forze arimaniche la sanno lunga: sanno, ad esempio, che una vera conoscenza della realtà della vita (dell’eterico) e di quella dell’anima (dell’astrale), aprirebbe inevitabilmente le porte a quella dello spirito (dell’Io), e ch’è pertanto necessario far credere (con le buone o con le cattive) che la vita e l’anima non sono che delle proprietà o delle manifestazioni della materia.
73) “Nel corpo eterico si congiunge all’essere umano l’intelligenza cosmica. Che ciò possa avvenire, presuppone la attività di esseri del cosmo che nella loro cooperazione configurano il corpo eterico umano, così come le forze fisiche il fisico”.
Una cosa è dunque l’intelligenza cosmica, altra l’intelligenza umana. Ma che cos’è l’intelligenza umana? Lo abbiamo già detto una sera: è la coscienza (intelligente) dell’intelligenza cosmica (dell’intelligibile).
Per Antonino Zichichi, ad esempio, Galilei è lo scopritore della “logica del creato”, e per ciò stesso dell’intelligenza che lo governa (10).
C’è però creato e creato, e quindi intelligenza e intelligenza. Un conto, infatti, è la logica che governa il creato minerale (fisico), altra quella che governa il creato vegetale (eterico-fisico), altra quella che governa il creato animale (astrale-eterico-fisico), e altra ancora quella che governa il creato umano (Io-astrale-eterico-fisico).
Se è vero, pertanto, che va riconosciuta a Galilei la scoperta della logica (matematica) del creato inorganico, altrettanto è vero che andrebbe riconosciuta a Goethe la scoperta della logica (immaginativa) del creato organico e a Steiner la scoperta delle logiche (ispirata e intuitiva) del creato animico e spirituale.
Ne riparleremo in seguito, allorché Steiner distinguerà appunto l’Entità divino-spirituale originaria dalla sua manifestazione (animica), dal suo effetto operante (organico) e dalla sua opera compiuta (inorganica).
Mi limiterò perciò a osservare che l’intelligenza, anziché misurarla (per ottenere il cosiddetto “quoziente intellettivo” o QI), dovremmo educarla e svilupparla, così da poter avere accesso, grazie al suo sviluppo qualitativo, alle logiche (e al Logos) che Galilei non ha indagato (e che non era stato chiamato a indagare).
Veniamo adesso alle ultime due massime.
74) “Nel corpo astrale il mondo spirituale imprime all’essere umano gli impulsi morali. Che questi si possano esplicare nell’organizzazione umana, dipende dall’attività di esseri capaci, non solo di pensare lo spirituale, ma anche di configurarlo sostanzialmente”.
75) “Nell’organizzazione dell’io l’uomo sperimenta se stesso quale spirito nel corpo fisico. Perché ciò possa avvenire, è necessaria l’attività di esseri che vivono essi stessi come spiriti nel mondo fisico”.
Come vedete, in queste massime si parla ancora delle Gerarchie: ossia di entità – teniamolo sempre presente – che furono un tempo, e in modo diverso da noi, “uomini”.
Faremo anche bene a ricordare che l’antroposofia muove dall’esperienza scientifica per sfociare, attraverso quella artistica, nell’esperienza religiosa, e che dobbiamo pertanto imparare a portare gradualmente e devotamente il nostro pensiero e la nostra coscienza all’altezza di tale meta.
Sentite che cosa dice Berdjaev: “La nostra epoca non imita più le forme della natura, non cerca più in esse la fonte della perfezione, come faceva il Rinascimento [e come faceva, aggiungiamo noi, Goethe]: essa dichiara guerra alla natura, poiché le è interiormente diventata estranea, la considera un meccanismo morto; tra la natura e l’uomo, essa erige la macchina (…) La struttura organica della vita è gerarchica, cioè cosmica. Nell’organismo cosmico, le parti sono subordinate al tutto, sono unite al centro. Nell’ordine gerarchico, il centro è considerato il fine della vita delle singole parti. Ogni organismo è una gerarchia” (11).
Ma l’intera realtà, e non solo “la sua struttura organica”, è “gerarchica” (“cosmica”, e non “acosmica”), in quanto è costituita da un insieme di livelli e di (corrispondenti) gradi di coscienza (“Origene – scrive Peter Dyckhoff – si sforza di colmare il divario tra Dio e il mondo mediante gradini e appigli [la scala celeste], sui quali l’anima bisognosa di redenzione cerca di arrampicarsi fino al cielo”) (12).
Ricorderete che quando ci occupammo de La filosofia della libertà paragonai i livelli di realtà e di coscienza ai piani di un palazzo e il pensiero alle scale che li congiungono, consentendoci così di salire o scendere dall’uno all’altro.
E’ dunque necessario educarsi a osservare le cose da molteplici punti di vista, a seguire il movimento (la vita o il divenire) della realtà e a salire o scendere i gradi della sua scala gerarchica.
E’ necessario, insomma, rendere forte, agile e “pratico” il nostro pensiero (Educazione pratica del pensiero) (13), rinunciando, per amore della realtà, al “nostro” (statico, soggettivo e karmicamente determinato) punto di vista (al nostro egoistico o vanesio “opinare”).
“L’individuo [l’ego] – osserva appunto Goethe – vuole affermarsi in tutta la sua pompa; e non c’è pericolo di incontrare chi abbia la nobile intenzione di far tacere il proprio sé per amore del tutto e delle cose” (14).
Solo un pensiero che abbia – come dice Steiner – “la padronanza delle cose”, in quanto illuminato da una coscienza viva, libera e articolata, può permetterci infatti di trovare, nell’hic et nunc (esistenziale), ciò di cui gli altri e il mondo hanno veramente e profondamente bisogno.
Note:
1) R.Steiner: L’uomo sintesi armonica delle attività creatrici universali – Antroposofica, Milano 1968, pp. 24-25;
2) R.Steiner: L’antroposofia e le scienze – Antroposofica, Milano 1995, p. 75;
3) R.Steiner: Considerazioni esoteriche su nessi karmici – Antroposofica, Milano 1985, vol. I, p. 89;
4) R.Steiner: Impulsi evolutivi interiori dell’umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo – Antroposofica, Milano 1976, p. 144;
5) cfr. S.Prokofieff: Le dodici notti sante e le Gerarchie spirituali – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1990;
6) cfr. P.Florenskij: La colonna e il fondamento della verità – Rusconi, Milano 1974;
7) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni in relazione con gli altri tre e specialmente con quello di Luca – Antroposofica, Milano 1970, p. 211;
8) M.Scaligero: Dell’amore immortale – Tilopa, Roma 1982, p. 46;
9) M.Scaligero: Graal. Saggio sul Mistero del Sacro Amore – Tilopa, Roma 1982, p. 55;
10) cfr. A.Zichichi: Galilei divin uomo – il Saggiatore – Milano 2001;
11) P.Dyckhoff: La preghiera cosmica. Alla scuola di Origene – Neri Pozza, Vicenza 1995, pp. 14-15;
12) N.Berdjaev: Nuovo Medioevo. Riflessioni sul destino della Russia e dell’Europa – Fazi, Roma 2000, pp. 33 e 32;
13) cfr. R.Steiner: Educazione pratica del pensiero – Antroposofica, Milano 1978;
14) G.P.Eckermann: Colloqui col Goethe – Laterza, Bari 1912, vol. I, p. 156.