Riprendiamo la lettura.
“Con ragione solo apparente si dice: “A che mi serve apprendere tante notizie intorno ai mondi spirituali, se non posso percepirli io stesso?”. Nel dir così non si considera che la veggenza dei mondo spirituali viene avvantaggiata se, intorno all’elaborazione del contenuto antroposofico, si pensa nel modo qui indicato (…) Non si dovrebbe dire: “Ascolto il contenuto delle conferenze, ma conquisto la conoscenza dei mondi spirituali mediante la meditazione”. Così non si potrà mai progredire nel giusto senso. Le due cose devono agire assieme nell’anima. Il continuare a pensare e sentire il contenuto antroposofico è anche un esercizio dell’anima. Trattando tale contenuto nel modo detto qui, si impara a penetrare veggentemente nel mondo spirituale” (pp. 50-51).
Se si sapesse che la scienza naturale ci aiuta a pensare ciò che percepiamo sensibilmente (a trasformare i percetti in concetti o i fatti in idee), mentre la scienza spirituale ci aiuta a percepire extrasensibilmente ciò che pensiamo (a trasformare i concetti in percetti o le idee in fatti), nessuno porrebbe la domanda riferita da Steiner.
Non è vero che i mondi spirituali non li percepiamo: è vero, invece, che li percepiamo senza averne, di norma, la benché minima consapevolezza.
Non sperimentiamo infatti di continuo pensieri, sentimenti e impulsi di volontà? E non sono questi, come abbiamo visto, realtà o entità spirituali? Non ne siamo però consapevoli e finiamo così col credere (come insegna la scienza materialistica) che siano fatti cerebrali, biochimici, genetici, e quindi fisici.
E’ solo da uno sviluppo superiore della coscienza che possiamo perciò attenderci una reale esperienza del mondo dello spirito.
Dice Scaligero che la verità non è una notizia. E’ vero, verissimo. Proprio per questo, non la si può apprendere come si apprendono le notizie o come si ottengono le informazioni.
Abbiamo già visto che la terza è la Gerarchia della verità; il nostro rapporto con la verità è dunque un rapporto con gli Angeli, gli Arcangeli e le Archài.
Ciò vuol dire che finché non lasciamo entrare nelle nostre anime la verità, non lasciamo entrare queste entità: non le lasciamo entrare perché avvertiamo, seppure oscuramente, che il loro ingresso coincide con la nostra uscita (con l’uscita dell’ego).
Fatto si è che come c’è un “intelletto d’amore”, così c’è pure uno “studio d’amore”, e solo uno “studio d’amore” è un vero studio.
“Purtroppo in seno alla Società Antroposofica non si considera abbastanza che l’antroposofia non deve essere grigia teoria, ma vita vera. Vita vera: questo è il suo essere; e se vien ridotta a grigia teoria, allora essa è sovente una teoria non migliore, ma peggiore di altre (…) Viene ancora troppo poco considerato che l’antroposofia è una concezione del mondo, non solo diversa dalle altre, ma tale da dover anche venir accolta diversamente (…)” (p. 51).
Pensate a uno spartito. Chi non conoscesse la musica potrebbe mai immaginare che da quegli strani segni sul pentagramma sarebbe possibile estrarre magari un Notturno di Chopin?
Tuttavia, come per estrarre il suono da uno spartito non basta leggerlo, ma bisogna anche imparare a suonare uno strumento, così per estrarre dall’antroposofia una superiore vita dell’anima non basta leggerla, ma bisogna anche imparare a pensare e sentire in modo diverso dal solito.
Il che vuol dire, in breve, che è necessario imparare a farla passare dalla testa (con la quale non possiamo non approcciarla) al cuore, o dai nervi al sangue.
Abbiamo già detto, a questo proposito, che Lucifero ci trattiene al di qua della testa (o ci fa andare “fuori di testa”) perché vuole che tutto venga sperimentato e consumato nella sfera del sentimento, e quindi in una sfera crepuscolare od oniroide, mentre Arimane ci trattiene invece nella testa o nella corteccia cerebrale, e quindi nella sfera della sola intelligenza quantitativa (del numero, della misura e del peso).
Potremmo anche dire che Lucifero (il “Ribelle”) è un’anima senza testa, che Arimane (il “Tiranno”) è una testa senz’anima, e che Michele (il “Cavaliere della Vergine”) è invece una testa che ha un’anima o un’anima che ha una testa.
(Ne La missione di Michele, Steiner afferma che le forze luciferiche “non desiderano altro che rendere il mondo infedele alle entità divine” [“che l’uomo può sentire come proprie”], rendendo “il nostro capo altrettanto vivente quanto lo è il restante organismo”, mentre quelle arimaniche “hanno l’intenzione deliberata di prendere nella loro sfera di potere specialmente il regno umano, e con esso la Terra, di renderli dipendenti da sé, ma prima di tutto vogliono dominare gli uomini”, mandando “in senso contrario entro le forze vitali del restante organismo le forze di morte, quelle che appartengono al capo, secondo il disegno divino” [12].)
Dice Steiner che “l’antroposofia è una concezione del mondo, non solo diversa dalle altre, ma tale da dover anche venir accolta diversamente”.
Dal momento che disponiamo di un pensiero che si muove in un modo che Steiner definisce “combinatorio”, in quanto raccoglie e combina appunto tra loro i dati, le informazioni o le notizie, non possiamo far altro, all’inizio, che pensare in questo modo anche l’antroposofia. A un certo punto, però, dobbiamo assolutamente realizzare che per riconoscere determinate verità è necessario imparare a muovere il pensiero diversamente: non più, cioè, in modo “discreto” (rappresentativo), bensì in modo “continuo” (immaginativo).
Dobbiamo assolutamente realizzare, insomma, che non si tratta d’impadronirsi, per mezzo dell’antroposofia, di “pensati” diversi, ma di educarsi a un “pensare” diverso.
Sapete, ad esempio, che oggi si parla molto degli embrioni, delle cellule staminali, e dunque della vita. Ma sappiamo pensarla davvero la vita, o non c’è invece una profonda discrasia tra la natura di questo fenomeno e quella della logica (analitica) con il quale lo si vorrebbe spiegare?
La capacità di pensare la vita con la logica della vita (con la logica vivente), e non con la logica della morte, dobbiamo tuttavia guadagnarcela; solo così potremo cominciare a capire l’antroposofia, ch’è, per l’appunto, una vivente entità spirituale.
“Si giunge allo spirito – scrive Scaligero – in quanto esso è l’amore più forte: in quanto altri amori non distolgono il ricercatore, tenendolo in profondità” (13).
Leggiamo adesso le massime 76, 77 e 78, notando che si collegano, rispettivamente, alla 71, alla 70 e alla 69.
76) “Volendo suscitare una rappresentazione della prima gerarchia (serafini, cherubini, troni), si dovrà cercare di formare immagini in cui lo spirituale (solo soprasensibilmente osservabile) si manifesta attivo nelle forme che appaiano nel mondo dei sensi. Spirituale in raffigurazione percettibile ai sensi deve essere il contenuto dei pensieri sulla prima gerarchia”.
I Serafini sono gli Spiriti dell’amore, i Cherubini sono gli Spiriti delle armonie, i Troni sono gli Spiriti della volontà. Si tratta della Gerarchia più vicina alla Trinità, e quindi della più elevata e potente, tanto potente da essere in grado di operare spiritualmente nel fisico (come dice Steiner, nella massima 71).
Qual è dunque il torto del materialismo? Quello di non conoscere la materia, e proprio per questo d’idolatrarla.
Fatto si è che il materialismo è diabolico (“satanocratico”, dice Berdjaev), mentre la materia è santa, giacché non fa che servire umilmente lo spirito.
77) “Volendo suscitare una rappresentazione della seconda gerarchia (dominazioni, virtù, potestà), si dovrà cercare di formare immagini in cui lo spirituale non si manifesta in forme percettibili ai sensi, ma in modo puramente spirituale. Spirituale in raffigurazione non percettibile ai sensi, ma puramente spirituale, deve essere il contenuto dei pensieri sulla seconda gerarchia”.
Nel ciclo di conferenze intitolato L’enigma dell’uomo (14), Steiner prima presenta l’uomo come un’entità duplice, avente, da un lato, la testa e, dall’altro, il restante organismo, e poi, parlando della verità, della bellezza e del bene, afferma che la verità compete alla testa, mentre il bene compete alla sfera metabolica e degli arti. Tra queste due sfere c’è quella ritmica, ch’è la sfera della bellezza, collegata alla seconda Gerarchia.
Ebbene, sapete che cosa afferma riguardo a questo? Che si dà l’esperienza della bellezza, vuoi quando la testa sogna il restante organismo, vuoi quando il restante organismo sogna la testa. Nel primo caso, si dà un piacere estetico superiore (morale); nel secondo, uno inferiore (sensibile).
Quando si passa a considerare il bene, ossia l’elemento morale, ci si trova invece in presenza di un impulso – afferma sempre Steiner – che comprende tanto la testa che il restante organismo, e quindi l’uomo intero.
Nel caso della verità, abbiamo dunque a che fare con la sola testa, in quello della bellezza abbiamo invece a che fare con i rapporti tra la testa e il restante organismo, e nel caso del bene abbiamo infine a che fare con tutto l’uomo.
Mi è parso bene ricordarlo, perché ciò conferma non solo il rapporto tra l’esperienza della bellezza e quella della seconda Gerarchia, ma anche la necessità, come abbiamo detto, di concepire la bellezza quale “bellezza della verità” e il bene quale “moralità della bellezza della verità”.
Teniamo comunque presente che la seconda Gerarchia “agisce nell’eterico” e “non si manifesta immediatamente nel fisico” (come precisa la massima 70).
78) “Volendo suscitare una rappresentazione della terza gerarchia (archai, arcangeli, angeli), si dovrà cercare di formare immagini in cui lo spirituale non si manifesta in forme percettibili ai sensi, ma neanche in modo puramente spirituale, bensì allo stesso modo in cui pensare, sentire e volere si esplicano nell’anima umana. Spirituale in raffigurazione di natura animica deve essere il contenuto dei pensieri sulla terza gerarchia”.
Guardando fuori di noi, vediamo la natura fisica, governata dalla prima Gerarchia, e la natura eterica, governata dalla seconda (tramite, ovviamente, gli esseri elementari). L’una e l’altra, però, si trovano tanto al di fuori di noi quanto in noi, “al di qua” o “al di sotto”, diciamo, di quella realtà animica in cui è attiva la terza Gerarchia.
E’ dunque in virtù della terza Gerarchia che possiamo avere cognizione di quanto operano, ai loro rispettivi livelli, la seconda e la prima.
In proposito, ho richiamato a suo tempo (15) la vostra attenzione sul fatto che Hegel, nella sua Scienza della logica (16), distingue tre logiche: la “logica dell’essere”, la “logica dell’essenza” e la “logica del concetto”.
Ebbene, tralasciando per un attimo la prima, domandiamoci: quale differenza c’è tra la “logica dell’essenza” e la “logica del concetto”? E’ presto detto: che la prima è la logica del mondo (operante nell’oggetto), mentre la seconda è la logica dell’uomo (operante nel soggetto).
E come può, allora, la “logica del concetto”, che vive nell’anima dell’uomo, cogliere la “logica dell’essenza” (quella kantiana dei “noumeni”), che vive nel mondo? Lo può – e vi raccomando di tenerlo ben presente – perché la terza Gerarchia (collegata alla “logica del concetto”) è messaggera, come abbiamo visto, della seconda (collegata alla “logica dell’essenza”), così come questa è messaggera, a sua volta, della prima Gerarchia (collegata alla “logica dell’essere”).
Eccoci così arrivati alla fine della prima parte.
Note:
1) cfr. R.Steiner: Gerarchie spirituali – Antroposofica, Milano 1995;
2) cfr. R.Steiner: Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – Antroposofica, Milano 1985;
3) cfr. R.Steiner: Le individualità spirituali del sistema solare – Antroposofica, Milano 1995;
4) cfr. R.Steiner: L’uomo, sintesi armonica delle attività creatrici universali – Antroposofica, Milano 1968;
5) cfr. Intelletto d’amore, 20 giugno 2004;
6) R.Steiner: Lettere ai soci. 1924 – Antroposofica, Milano 1989, p. 46;
7) R.Steiner: Conoscenza vivente della natura – Antroposofica, Milano 1993, p. 135;
8) R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969, p. 42;
9) R.Steiner: L’iniziazione – Antroposofica, Milano 1971, p. 34;
10) R.Steiner: Impulsi evolutivi interiori dell’umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo – Antroposofica, Milano 1976, p. 64;
11) R.Steiner: Il ponte fra la spiritualità cosmica e l’elemento fisico umano. La ricerca della nuova Iside, la divina Sophia – Antroposofica, Milano 1979, p. 21;
12) R.Steiner: La missione di Michele – Antroposofica, 1981, pp. 13, 43, 45;
13) M.Scaligero: La luce. Introduzione all’immaginazione creatrice – Tilopa, Roma 1964, p. 75;
14) cfr. R.Steiner: L’enigma dell’uomo – Antroposofica, Milano 1973;
15) cfr. La logica hegeliana e le Gerarchie spirituali, 7 dicembre 2003;
16) cfr. G.W.F.Hegel: Scienza della logica – Laterza, Roma-Bari, 1974.