Riprendiamo la lettura.
“E l’inizio di questa comprensione [del Mistero del Golgota] sta nell’afferrare con amore il significato del sacro Natale universale che ogni anno viene solennemente ricordato. Il rafforzamento dell’anima cosciente avviene infatti in modo che essa, mentre dapprima accoglie l’intellettualità, faccia entrare il caldo amore in questo freddissimo elemento dell’anima; quel caldo amore che scorre più sublime che mai quando si rivolge al Bambino Gesù che nella sacra notte del Natale universale compare sulla terra. Con ciò l’uomo fa agire sulla propria anima il più sublime fatto spirituale terreno, che è insieme fatto fisico; egli si mette sulla via di accogliere in sé il Cristo” (p. 144).
L’anima cosciente, come dirà tra poco Steiner, non è “per sua natura” fredda.
E’ solo nel corso della sua prima fase di sviluppo (scientifico-naturale) ch’è necessario che lo sia (in forma matematica e geometrica). E perché? Perché i nervi che le fanno da supporto in questa fase verrebbero altrimenti investiti dal calore luciferico e “ipnoinducente” del sangue (flamma urens).
Si tratta dunque di una freddezza temporanea che mira a un preciso scopo: a quello, come abbiamo visto, e come mi pare di aver già detto una sera, di operare una de-luciferizzazione.
Una volta raggiunto questo scopo, l’anima cosciente è però chiamata a superare la freddezza, ritrovando un nuovo calore (quello del sangue del Cristo, flamma non urens).
Ricordate l’ultimo verso de La Divina Commedia? “L’amor che move il sole e l’altre stelle”. Anche i materialisti riconoscono ch’è bello! Ma sarebbero disposti a riconoscere ch’è anche vero? Non credo.
Direbbero forse: “E’ bello, magari fosse vero!”; ma difficilmente: “E’ bello, perché è vero!”. Arimane impedisce loro di riconoscere ch’è vero, mentre Lucifero permette loro di godere della bellezza, ma avulsa dalla verità.
Vedete, dietro la brama c’è la volontà, e l’essenza della volontà è amore. Dobbiamo perciò superare la brama per ritrovare la volontà, e, ritrovando la volontà, ritrovare l’amore: l’amore che non solo “move il sole e l’altre stelle”, ma anche i nostri corpi (checché ne pensino quanti parlano di “nervi motori”).
Ringraziamo dunque Dio di averci dato una “mente fredda”, senza la quale saremmo solo delle “teste calde” in preda ai più svariati capricci.
Dobbiamo anche ringraziarlo, però, di averci dato la possibilità, muovendo proprio dalla “mente fredda”, di ritrovare un calore che non è più quello della natura, ma quello dello spirito o, per l’appunto, dell’amore (“L’amore – scrive Scaligero – è l’essere dello spirito”) (21).
Già l’esperienza del pensiero michaelita (vivente o immaginativo) è un’esperienza calda. Michele è infatti il “fiammeggiante” e non l’“algido” principe del pensiero. Il suo fuoco è soprattutto il fuoco della volontà (del volere nel pensare): ossia il fuoco di quel coraggio che anima ogni combattimento spirituale.
Il Cristo (come usava ricordare Scaligero) vince invece senza combattere. Steiner, illustrando il gruppo ligneo di Dornach, dedicato al “Rappresentante dell’umanità”, fa appunto notare che Lucifero (in alto) perde le ali e che Arimane (in basso) si paralizza perché il Cristo è presente e non perché lotti con loro.
Al potere di questa sua mite e santa presenza apre il varco la lotta di Michele, in qualità di “principe delle milizie celesti”.
Tra Michele che vince combattendo e il Cristo che vince senza combattere c’è la Vergine-Sophia.
Ho più volte ricordato, per quanto riguarda Michele, il famoso dipinto di Guido Reni, e ho testé menzionato, per quanto riguarda il Cristo, il gruppo ligneo scolpito da Steiner. Che cosa potrei indicare, per quanto riguarda invece la Vergine-Sophia? E’ presto detto: l’orientale Icona della Madre di Dio della tenerezza o l’occidentale Madonna Sistina.
“Contemplando la Madonna Sistina – dice Vasilij Grossman – manteniamo la nostra fede nel fatto che vita e libertà siano inscindibili e non vi sia nulla di più alto dell’umanità dell’uomo. Questa umanità sopravviverà in eterno, e vincerà” (22); e Scaligero afferma: “La Vergine sorge come gioia della presenza del Logos. Tecnicamente questa gioia è necessaria come addolcimento e attitudine di recezione graduale di una Forza troppo forte, che, se avesse presa diretta, distruggerebbe l’umano ancora incapace di sopportarne la perfezione” (23).
Conoscete tutti questa meditazione: “Cristo-Sole / Luce divina / Illumina le nostre menti / Riscalda i nostri cuori”.
Vedete, il calore e la luce devono agire insieme (“Il Signore è con te”), se non si vuole che Arimane illumini la mente, ma non riscaldi il cuore, e che Lucifero riscaldi il cuore, ma non illumini la mente.
“La natura deve essere riconosciuta in modo che essa riveli in Proserpina, o nell’entità alla quale ancora si guardava nell’alto medioevo quando si parlava della “natura”, la primordiale ed eterna forza divino-spirituale dal cui grembo la natura stessa è nata e nasce di continuo, quale base fondamentale dell’esistenza umana.
Il mondo umano deve essere riconosciuto in modo che esso riveli in Cristo il logos primordiale ed eterno che, nella sfera dell’entità divino-spirituale inizialmente legata con l’uomo, lavora all’evoluzione dell’entità spirituale umana” (p. 144).
Dunque: coscienza del corpo della natura (di Proserpina/Persefone), scienza naturale; coscienza della vita della natura, scienza immaginativa; coscienza dell’anima della natura, scienza ispirata; coscienza dello spirito della natura, scienza intuitiva.
(Per quanto riguarda la vita e l’anima della natura, potete consultare Il linguaggio delle forme vegetali, di Ernst Michael Kranich [24] e A new zoology, di Hermann Poppelbaum [25].)
Come si vede, il movimento (d’amore o cristico) cominciato dalla scienza naturale non va rinnegato, bensì portato avanti.
Dice appunto Steiner: “L’antroposofia parte in effetti dai bisogni della stessa scienza, quale si è andata formando nella nostra epoca, dopo aver conseguito negli ultimi tre o quattro secoli quelle che possiamo ben chiamare le sue grandi e poderose vittorie. L’antroposofia deriva da quella scientificità, avendo in pari tempo cercato di occuparsi di ciò che la concezione goethiana del mondo poteva fornire per poter fecondare lo spirito scientifico del presente” (26).
“Dirigere con amore il cuore umano a questi grandi nessi cosmici è il vero contenuto di quella festa del ricordo che annualmente si ripresenta all’uomo in occasione del sacro Natale universale. Se un amore siffatto vive nei cuori umani, esso accende del suo fuoco la fredda luce dell’anima cosciente. Se questa dovesse rimanere priva di tale fuoco, l’uomo non arriverebbe mai a permearla di spirito. Egli morrebbe nel gelo della coscienza intellettuale, oppure dovrebbe rimanere in una vita spirituale che non arriverebbe allo sviluppo dell’anima cosciente. Si arresterebbe allora allo sviluppo dell’anima razionale o affettiva.
Per sua natura l’anima cosciente non è però fredda. Appare tale soltanto agli inizi del suo sviluppo, perché allora può manifestare solo la luce del proprio contenuto, non ancora il calore cosmico da cui pure ha origine” (p. 144-145).
L’abbiamo appena detto: il pensiero della scienza naturale è un pensiero d’amore, in quanto va a tal punto incontro al corpo morto del mondo, da arrivare, come abbiamo visto studiando La filosofia della libertà, a dimenticare se stesso.
Dimenticando se stesso, o non avendo più coscienza di se stesso, dimentica o non ha più coscienza di essere una forza d’amore volta a incontrare, al di là del corpo del mondo, l’essere del mondo.
“L’amore – scrive infatti Scaligero – è lo spirito che vuole lo spirito nell’altro: senza ancora saperlo. Vuole se stesso nell’altro, da prima identificandolo con il suo apparire” (27): ossia, appunto, con il suo corpo.
Se l’anima cosciente, dice Steiner, “dovesse rimanere priva di tale fuoco [del fuoco dell’amore], l’uomo non arriverebbe mai a permearla di spirito. Egli morrebbe nel gelo della coscienza intellettuale, oppure dovrebbe rimanere in una vita spirituale che non arriverebbe allo sviluppo dell’anima cosciente”: nel primo caso, “morrebbe” infatti nel regno di Arimane; nel secondo, si arresterebbe invece (fissandovisi o regredendovi) in quello di Lucifero o dell’anima razionale-affettiva.
“Per sua natura – dice ancora – l’anima cosciente non è però fredda. Appare tale soltanto agli inizi del suo sviluppo, perché allora può manifestare solo la luce del proprio contenuto, non ancora il calore cosmico da cui pure ha origine”.
Nella prima fase del suo sviluppo, l’anima cosciente manifesta “solo la luce del suo proprio contenuto”, perché pensa e conosce un mondo che, in quanto inorganico o morto, non ha bisogno del suo calore.
Ne avranno bisogno, invece, i mondi della vita, dell’anima e dello spirito, che penserà e conoscerà, allorché passerà dalla sua fase di sviluppo scientifico-naturale a quella scientifico-spirituale.
“Sentire e sperimentare il Natale in questo modo può rendere presente all’anima come si annunci all’uomo la gloria degli esseri divino-spirituali che nelle loro immagini si rivelano negli spazi stellari, e come entro la sede terrena avvenga la liberazione dell’uomo dalle potenze che vogliono allontanarlo dalla sua origine primordiale” (p. 145).
Domanda: Se l’anima cosciente è l’anima dell’Io, e quindi dello spirito, perché Steiner afferma che, se dovesse rimanere priva del fuoco dell’amore, l’uomo non arriverebbe mai a permearla di spirito?
Risposta: Perché nella sua prima fase fredda è permeata dallo spirito morto (dal nervo), vale a dire dal pensiero intellettuale o rappresentativo, ma non ancora dallo spirito vivente o dal pensiero immaginativo, ispirato e intuitivo.
Leggiamo adesso le massime.
137) “L’attività che si effettua nell’evoluzione del mondo e dell’umanità, per mezzo delle forze di Michele, si ripete ritmicamente, seppure in forma tramutata e progrediente, prima e dopo il mistero del Golgota”.
138) “Il mistero del Golgota è il massimo, u n i c o evento nell’evoluzione dell’umanità. Qui non si può parlare di una ripetizione ritmica, perché anche se l’evoluzione dell’umanità è inserita in un grandioso ritmo universale, non è tuttavia che un dilatato elemento in questo ritmo. Prima di diventare questo singolo elemento, l’umanità era qualcosa di essenzialmente diverso; dopo, sarà di nuovo qualcos’altro. Durante l’evoluzione dell’umanità si verificano dunque molti eventi di Michele, ma soltanto un evento del Golgota”.
Capita, anche nel nostro ambiente, di sentir dire che l’insegnamento di Steiner, essendo trascorso un secolo, ha ormai perso, in tutto o in parte, la sua validità.
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.
Che cosa sono infatti cento anni rispetto ai circa duemilacentosessanta della fase evolutiva dell’anima cosciente (1413-3573)?
Non solo, ma che cosa sono cento anni se si tiene conto, come illustrato ad esempio nel ciclo su L’Apocalisse (28), che per passare da uno “stato di coscienza” all’altro, devono trascorrere sette “stati di vita”; che per passare da uno stato di vita all’altro, devono trascorrere sette “stati di forma”; che per passare da uno stato di forma all’altro, devono trascorrere sette “epoche” (delle quali la nostra, “postatlantica”, è la quinta); e che per passare infine da un’epoca all’altra, devono trascorrere sette “periodi di civiltà” (dei quali il nostro è il quinto)?
Non badiamo dunque a queste sciocchezze, ma concentriamoci sui compiti del nostro particolare “periodo di civiltà”, avendo al contempo presente che l’evento del Golgota, “unico” nell’evoluzione dell’umanità, riguarda l’intera evoluzione, e non soltanto quella del nostro particolare “periodo”.
Voglio leggervi, a proposito di “compiti”, queste parole di Steiner: “Oh, un dolore profondo può gravare sull’anima di colui che contempla il nostro tempo, e vede i compiti ch’esso avrebbe, e la poca comprensione che di questi compiti hanno, in generale, gli uomini. Chi vede come si giudica appunto oggi nel mondo, come si pensa e sente, e come questo pensare e sentire siano generatori di eventi, e dagli eventi gli uomini poco o nulla imparino, chi vede tutto ciò sente un dolore immenso e significativo gravare sull’anima” (29).
139) “Nella rapida ripetizione ritmica di un anno, l’essere divino-spirituale [Proserpina/Persefone], che è disceso nelle profondità della terra per compenetrare di spiritualità il processo naturale, adempie questo processo. Rappresenta la compenetrazione animica della natura con le forze eterne e primordiali che devono restare attive, come il Cristo disceso rappresenta la compenetrazione animica dell’umanità col logos eterno e primordiale che, per la salvezza dell’umanità, non deve mai desistere dalla sua attività”.
Ascoltate, in proposito, che cosa dice qui Steiner: “Ciò che l’universo manifesta nel corso del tempo, corrisponde nell’essere umano ad un moto pendolare che non si svolge nell’elemento del tempo. L’uomo può peraltro sentire la propria entità, dedita ai sensi e alle percezioni sensoriali, come corrispondente alla natura dell’estate, intessuta di luce e calore. Mentre il fondarsi in se stesso ed il vivere nel mondo del proprio pensiero e della propria volontà, egli può sentirli come esistenza invernale. Così ciò che nella natura si presenta in alterna vicenda temporale come estate e come inverno, si trasforma dentro di lui in ritmo di vita esteriore e di vita interiore. Se però egli mette adeguatamente in rapporto il proprio ritmo atemporale di percezione e di pensiero con il ritmo temporale della natura, grandi segreti dell’esistenza possono dischiuderglisi. In questo modo l’anno diventa l’archetipo dell’attività dell’anima umana e quindi una feconda fonte di vera autoconoscenza” (30).
Note:
1) R.Steiner: L’impulso-Cristo nel Faust di Goethe – Antroposofica, Milano 2008, p. 17;
2) R.Steiner: Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo in Saggi filosofici – Antroposofica, Milano 1974, p. 102;
3) Lao-Tze: Il libro del Principio e della sua azione – Mediterranee, Roma 1972, p. 131;
4) Miti e personaggi del mondo classico. Dizionario di storia, letteratura, arte, musica – Bruno Mondadori, Milano 1997, p. 585;
5) cfr. R.Steiner: Miti e misteri dell’Egitto – Antroposofica, Milano 2000;
6) cfr. R.Steiner: Leggende e misteri antichi, nella loro occulta verità – Antroposofica, Milano 2008;
7) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni in relazione con gli altri tre e specialmente col Vangelo di Luca – Antroposofica, Milano 1970, p. 226;
8) R.Steiner: Antropologia scientifico-spirituale – Antroposofica, Milano 2009, vol. II, p. 163;
9) J.W.Goethe: Faust – Urfaust – UTET, Torino, 1975, pp. 63-64;
10) cfr. A. Solženicyn: Vivere senza menzogna – La casa di Matriona, Milano 2010;
11) R.Steiner: Il quinto Vangelo – Antroposofica, Milano 1989, p. 92;
12) cfr. R.Steiner: Da Gesù a Cristo – Antroposofica, Milano 1972;
13) cfr. R.Steiner: Come ritrovare il Cristo? – Antroposofica, Milano 1988;
14) R.Steiner: Teosofia – Antroposofica, Milano 1957, p. 50;
15) G.W.F.Hegel: Scienza della logica – Laterza, Roma-Bari 1974, vol. II, p. 686;
16) R.Steiner: Il legame fra i vivi e i morti – Antroposofica, Milano 2010, p. 201;
17) cfr. R.Steiner: Economia spirituale e reincarnazione – Antroposofica, Milano 2008;
18) R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969, p. 221;
19) R.Steiner: Aforismi e dediche – Antroposofica, Milano 2012, p. 39;
20) cfr. C.Michelstaedter: La persuasione e la retorica – Adelphi, Milano 1982;
21) M.Scaligero: Dell’amore immortale – Tilopa, Roma 1982, p. 11;
22) V.Grossman: La Madonna a Treblinka – Medusa, Milano 2007, p. 39;
23) M.Scaligero: Iside-Sophia – La Dea ignota – Mediterranee, Roma 1980, p. 50;
24) cfr. E.M. Kranich,: Il linguaggio delle forme vegetali – Antroposofica, Milano 1988;
25) cfr. H.Poppelbaum: A new zoology – Philosophic-Anthroposophic Press, Dornach / Switzerland 1961;
26) R.Steiner: Cultura e antroposofia – Antroposofica, Milano 1996, p. 7;
27) M.Scaligero: Dell’amore immortale, p. 23;
28) R.Steiner: L’Apocalisse – Antroposofica, Milano 1963, p. 198;
29) R.Steiner: L’impulso-Cristo nel Faust di Goethe, p.73;
30) R.Steiner: Calendario dell’anima (prefazione alla prima edizione del 1912-13) – Antroposofica, Milano 1987, p. 5.