Massime antroposofiche
159/160/161 – 2°

M

Ma dietro a tutto questo stava il mondo dei misteri. In esso si custodiva fedelmente quanto ancora esisteva della gnosi dall’epoca dell’anima senziente. Le anime venivano educate a questa fedele custodia. Sulla via dell’evoluzione comune sorge l’anima razionale o affettiva. Mediante una disciplina speciale veniva vivificata l’anima senziente. Così, dietro alla vita culturale solita, appunto nell’epoca dell’anima razionale o affettiva, esisteva una vita dei misteri intensamente sviluppata.
Nei misteri vivevano le immagini delle divinità universali anche in quanto venivano fatte oggetto di culto. Guardando nell’intimo dei misteri, si ravvisa il mondo rispecchiato nelle più meravigliose funzioni del culto.
Gli uomini che sperimentavano questo, furono gli stessi che, al compiersi del mistero del Golgota, penetrarono anche di esso il profondo nesso cosmico. Ma nei misteri si coltivava una vita che si appartava completamente dai rumori mondani, per sviluppare in purezza il mondo delle immagini spirituali. E per le anime degli uomini ciò divenne sempre più difficile
” (p. 183).

Si sa che anticamente sono esistiti i misteri (o le “religioni misteriche”), ma non si ha la minima idea di quale fosse il loro contenuto: non si ha la minima idea, cioè, di quanto rivela qui Steiner.
Nel mondo dei misteri, scrive, “si custodiva fedelmente quanto ancora esisteva della gnosi dall’epoca dell’anima senziente”.
Come vedete, il passaggio dall’anima senziente all’anima razionale-affettiva, così come quello dall’anima razionale-affettiva all’anima cosciente, rappresentano, per un verso, una involuzione, e, per l’altro, una evoluzione; o, se volete, una involuzione della nostra coscienza del mondo che è al tempo stesso una evoluzione della nostra coscienza dell’Io.
Un tempo, insomma, c’era la saggezza, ma non c’era l’Io, mentre oggi c’è l’Io (l’ego), ma non c’è la saggezza. Solo se faremo quanto siamo chiamati a fare, ci saranno dunque, un giorno, la saggezza e l’Io, o ci sarà, il che è lo stesso, la saggezza dell’Io (la Sophia del Cristo).

Scesero allora dal cosmo spirituale, nelle sedi dei sommi misteri [detti, nella Scienza occulta, “solari”] , degli esseri spirituali che vennero in aiuto agli sforzi degli uomini lottanti per la conoscenza. Così gli impulsi dell’epoca dell’anima senziente si svilupparono ulteriormente sotto l’influsso degli “dèi” medesimi. Nacque una gnosi dei misteri di cui pochissimi non ebbero che un lontano sentore. Accanto a questa esisteva ciò che poteva venir accolto dagli uomini con l’anima razionale o affettiva. Era la gnosi exoterica, della quale è arrivato ai posteri qualche frammento” (pp. 183-184).

E’ di questi “frammenti” della gnosi essoterica che parla, come ho detto, la storia. Si tratta di frammenti che potevano ancora essere accolti dagli uomini dell’anima razionale-affettiva, ma che non possono più esserlo da quelli della prima fase evolutiva dell’anima cosciente (quella scientifico-naturale).

Nella gnosi esoterica dei misteri gli uomini diventarono sempre più incapaci di elevarsi allo sviluppo dell’anima senziente. Questa sapienza esoterica passò sempre più sotto la sola cura degli “dèi”. E questo è un segreto dell’evoluzione storica dell’umanità: che, dai primi secoli cristiani fino al medioevo, in certo modo in essa agirono dei “misteri divini”.
In questi “misteri divini” entità angeliche custodivano entro l’esistenza terrena ciò che gli uomini non erano più in grado di custodire. Così operava la gnosi dei misteri, mentre si lavorava ad estirpare la gnosi exoterica
” (p. 184).

Come sappiamo, gli Angeli custodiscono la memoria delle nostre precedenti vite terrene dal momento che il nostro attuale livello di autocoscienza non ci consente di farlo.
Il grado della loro autocoscienza ordinaria è quello immaginativo e il grado del loro Io è quello del “Sé spirituale”.
Rivestendo un grado gerarchico superiore al nostro è per loro quindi “ordinario” ciò che per noi è viceversa “straordinario” (extraordinario).
Se pensiamo a questo, ci risulterà meno difficile realizzare che alle “entità angeliche” è possibile custodire anche quei “misteri divini” che gli uomini di allora “non erano più in grado di comprendere”, e che gli uomini di oggi non sono ancora in grado di comprendere, giacché, per farlo, dovrebbero portare il loro grado di coscienza al livello angelico.

Ma il contenuto di immagini del mondo che nella gnosi dei misteri venne custodito in modo spirituale da esseri spirituali, per tutto il periodo durante il quale doveva operare nel corso del divenire dell’umanità, non poté venir conservato per la comprensione cosciente dell’anima dell’uomo. Dovette piuttosto esser conservata la capacità di sentimento. E nel giusto momento cosmico dovette essere data all’umanità a ciò preparata affinché, sotto il suo calore animico, l’anima cosciente potesse penetrare più tardi nei mondi dello spirito in modo nuovo. Esseri spirituali costruirono così il ponte tra l’antico contenuto del mondo e il nuovo” (p. 184).

“Il contenuto di immagini del mondo che nella gnosi dei misteri venne custodito in modo spirituale da esseri spirituali” fu dunque riposto nel subconscio (nel sentire), e non nel conscio (nel pensare) dell’umanità. Dice appunto Steiner: “Dovette piuttosto esser conservata la capacità di sentimento”.
Nel nostro subconscio vive dunque una saggezza che può agire nel sentimento, ma non nel pensiero (riflesso).
Nel corso della nostra vita (di veglia o di sogno) possiamo pertanto fare delle esperienze che risvegliano in noi un autentico, forte e profondo sentimento del “sacro” (8).
Ma al risveglio di tale sentimento fa di rado seguito la volontà d’intraprendere un cammino conoscitivo che consenta al conscio (al pensare) di portare alla luce il tesoro di saggezza custodito dalle “entità angeliche” nel subconscio (nel sentire).
Pensate, ad esempio, a Parsifal: quando viene introdotto nel luogo in cui si celebra il mistero del Graal, non comprende ciò che vede; ma è lo stesso Parsifal che, poco prima, al cospetto del cigno che ha ucciso, è scoppiato a piangere, proprio perché si è risvegliato in lui quel sentimento di compassione che lo porterà in seguito, in qualità appunto di ”Eroe pietoso”(Wagner), a compiere la sua missione redentrice.
Considerate che la compassione è un sentimento ben poco apprezzato dal mondo arimanico (“maschile” o “paterno”), e facilmente distorto, al pari di tutti gli altri sentimenti, dal mondo luciferico (“femminile” o “materno”).
Per questo, i Rosacroce affermano, come ho già ricordato: Cristus verus Lucifer. “Vero Lucifero” è dunque il Cristo, ma “vero Lucifero” è anche, in prima istanza, la Vergine, in quanto Mater (“gaudiosa”, “luminosa”, “dolorosa” e “gloriosa”).
C’è una poesia di Scaligero, a me molto cara, che s’intitola: Canto alla luce. Ve ne leggo alcuni versi: “Ed io non sono stanco di aspettare / e sembro quasi un misero demente / che lungi da ogni creatura / attende con lo spirito sospeso / una cosa che mai possa venire. / Credono dunque ch’io mi sia un folle, / ma io sorrido / perché il mio core gioisce / ch’io sia un misero folle / nell’immensità savia degli uomini / sperduto e solo” (9).
In questi versi, c’è tanto dolore, ma anche tanta luce: un dolore e una luce che tutti quelli che procedono seriamente sulla “via della conoscenza” sono chiamati, prima o poi, a sperimentare.
Il richiamo della saggezza viene dunque avvertito, inizialmente, nel sentimento, in quanto è a questo livello che le entità angeliche, tagliate fuori, come abbiamo detto e ripetuto, dal pensare (riflesso), possono operare.
Questa “capacità di sentimento”, dice Steiner, “nel giusto momento cosmico dovette essere data all’umanità a ciò preparata affinché, sotto il suo calore animico, l’anima cosciente potesse penetrare più tardi nei mondi dello spirito in modo nuovo. Esseri spirituali costruirono così il ponte tra l’antico contenuto del mondo e il nuovo”.
E’ il “calore animico” (il fervore) di questa “capacità di sentimento” a preparare dunque il passaggio dalla fase di sviluppo “scientifico-naturale” a quella “scientifico-spirituale” dell’anima cosciente.

Di questo segreto si hanno degli accenni nell’evoluzione umana. La sacra coppa di diaspro del Gral, di cui il Cristo si servì quando spezzò il pane, e nella quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue dalla ferita di Gesù, la coppa dunque che celava il segreto del Golgota fu presa in custodia dagli angeli – come narra la leggenda – fino al momento in cui essi poterono farla scendere fra gli uomini a ciò preparati, dopo che Titurel ebbe costruito il castello del Gral” (p. 184).

Verrebbe da dire: “Quanta storia nelle leggende, e quante leggende nella storia”. Ma andiamo avanti. La sacra coppa del Graal fu presa dunque “in custodia dagli angeli (…) fino al momento in cui essi poterono farla scendere fra gli uomini a ciò preparati”.
Ebbene, domandiamoci: qual è, dal punto di vista dello sviluppo animico-spirituale di ciascuno di noi, questo momento? E’ presto detto: quello in cui si passa, varcando la soglia, dalla coscienza immaginativa a quella ispirata, e quindi dal mondo (michaelita) della lotta, che eleva, al mondo (sofianico) della grazia, che discende.
E’ questo, ad esempio, il momento in cui Parsifal, dopo aver vinto Klingsor e riconquistato la sacra lancia, torna al castello del Graal e, deposti lo scudo, la spada e l’elmo, s’inginocchia in preghiera; oppure quello in cui Galgano “rinfodera” nella roccia la spada (sfoderata a suo tempo da Artù), trasformandola così in una croce.

Entità spirituali custodirono le immagini universali in cui vivevano i segreti del Golgota. E quando il tempo fu venuto, essi immersero negli animi umani non già il contenuto di immagini, perché ciò non era possibile, ma la capacità di sentimento.
Solo uno stimolo, ma uno stimolo energico, può essere questa infusione del contenuto di sentimento dell’antica conoscenza, affinché nell’epoca nostra, alla luce dell’attività di Michele, si sviluppi dall’anima cosciente una comprensione nuova e completa del mistero del Golgota
” (pp. 184-185).

L’abbiamo detto: alcune profonde esperienze del sentire (di fronte, ad esempio, al male o alla morte) costituiscono uno “stimolo energico” o una “chiamata”.
Quanto mai chiara si fa, a questo punto, la missione di Michele.
Infatti, la “capacità di sentimento” o l’”infusione del contenuto di sentimento dell’antica conoscenza” costituisce, sì, uno “stimolo energico”, ma uno stimolo che agisce su un’anima cosciente che, attardandosi (colpevolmente) nella sua fase di sviluppo scientifico-naturale, non può comprenderlo né tantomeno assecondarlo.
E’ solo con l’aiuto di Michele che l’anima cosciente può dunque svilupparsi nella direzione scientifico-spirituale, dando così modo al sentimento di armonizzarsi col pensiero, e al pensiero di armonizzarsi col sentimento.

L’antroposofia tende a questa nuova comprensione. Dall’esposizione che precede risulta che l’antroposofia non può essere un rinnovamento della gnosi, che ebbe per contenuto il modo di conoscenza dell’anima senziente; deve invece trarre dall’anima cosciente un contenuto ugualmente ricco in modo del tutto nuovo”.

Per “trarre dall’anima cosciente un contenuto ugualmente ricco in modo del tutto nuovo”, bisogna cominciare a studiare, non, lo abbiamo detto, in modo scolastico o passivo, al solo scopo di sapere e memorizzare, bensì in modo attivo, a mo’ di ricerca.
(“Vi è un intendimento che si basa sopra un sentimento di verità e un’intelligenza chiara, sana e universalmente critica; esso permette di penetrare in questi insegnamenti [in quelli della scienza dello spirito] anche quando ancora non si vedono le cose spirituali” [10]; “Per conoscere è necessario un lavoro, un atteggiamento animico interiormente attivo, un andare di ispirazione in ispirazione, di immaginazione in immaginazione, di intuizione in intuizione” [11].)
Quali sono, infatti, i “sette gradini” della iniziazione rosicruciana? “1) lo studio; 2) la conoscenza immaginativa; 3) la conoscenza ispirata o lettura della scrittura occulta; 4) la preparazione della pietra filosofale; 5) la corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo; 6) la vita entro il macrocosmo; 7) la beatitudine divina” (12).
“Lo studio quale primo gradino dell’iniziazione – nota giustamente Prokofieff – è qualcosa di completamente nuovo nello sviluppo dell’occultismo” (13); è “completamente nuovo” perché nessun processo d’iniziazione ha mai dovuto prendere le mosse, come oggi (ossia nell’epoca dell’anima cosciente), dalla coscienza intellettuale o rappresentativa.
Ascoltate quanto dice Giovanni Colazza: “Nella zona centrale della testa vi è un punto specialissimo [il cakra o “fiore di loto” a due petali] in cui il corpo eterico e il corpo fisico sono uniti (…) Per preparare l’irradiare di correnti dal fiore di loto a dodici petali [quello del cuore] verso gli altri cakra, occorre prima predisporre un centro provvisorio nella testa, e questo perché lo stato attuale dell’evoluzione – contrariamente a quanto avveniva in antico, allorché era possibile muovere anche da altri centri – richiede al discepolo uno sviluppo interiore condotto in piena coscienza di veglia. La testa oggi rappresenta la parte del corpo dove più la coscienza esplica la sua condizione di veglia, onde la necessità di predisporre qui un centro provvisorio che, successivamente, potrà essere trasferito nella sua vera sede presso il cuore. Dal centro della testa dunque, per mezzo degli esercizi di concentrazione e meditazione, progressivamente si discenderà al centro della laringe [al cakra a sedici petali] e poi a quello del cuore” (14).
“Per mezzo degli esercizi di concentrazione e meditazione” si scende dunque dal centro della testa al centro della laringe (al centro del sentire, della coscienza ispirata e della “illuminazione”) e poi a quello del cuore (al centro del volere, della coscienza intuitiva e della “iniziazione”), mentre per mezzo dello studio (attivo), quale parte integrante della “preparazione”, si sale, nel centro stesso della testa (del pensare), dal corpo fisico, dal “pensare passivo” e dalla coscienza rappresentativa, al corpo eterico, al “pensare attivo” e alla coscienza immaginativa (“Il pensare può liberarsi già mediante un semplice appello interiore – senza ricorrere ad alcuna meditazione -, acquistando coscienza della propria vera essenza e volendosi liberare dalla dipendenza dal cervello; in questo caso si tratta piuttosto di un pensare attivo”) (15).
Leggiamo adesso le massime.

159) “La gnosi si sviluppa nella sua forma vera e propria nell’epoca dell’anima senziente (dal quarto al primo millennio prima del verificarsi del mistero del Golgota). In tale epoca il divino si manifesta all’uomo nell’interiorità come contenuto spirituale, mentre nella precedente epoca del corpo senziente si era manifestato nelle impressioni sensorie del mondo esterno”.

160) “Nell’epoca dell’anima razionale o affettiva il contenuto spirituale del “divino” può venir sperimentato solo in modo sbiadito. La gnosi è rigorosamente custodita nei misteri, e quando gli uomini non possono più custodirla perché non sono più in grado di vivificare l’anima senziente, entità spirituali trasportano nel medioevo non già il contenuto di conoscenza, ma la capacità di sentimento (la leggenda del Gral ne serba traccia). Nel tempo stesso viene estirpata la gnosi exoterica che penetra nell’anima razionale o affettiva”.

161) “L’antroposofia non può essere un rinnovamento della gnosi, perché questa era legata allo sviluppo dell’anima senziente. L’antroposofia deve svolgere dall’anima cosciente, alla luce dell’attività di Michele, una nuova comprensione dell’universo e del Cristo. La gnosi era il modo di conoscenza, conservato da tempi antichi, il quale meglio poteva far comprendere all’uomo il mistero del Golgota al suo verificarsi”.

Note:

1) K.Rahner-H.Vorgrimler: Dizionario di teologia – TEA, Milano 1994;
2) R.Steiner: Impulsi evolutivi interiori dell’umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo – Antroposofica, Milano 1976, pp. 182-183;
3) ibid., pp. 325-326;
4) cfr. J.Daniélou: Origene. Il genio del Cristianesimo – Arkeios, Roma 1991, pp. 9, 189 e 229;
5) P.Odifreddi: Pitagora, Euclide e la nascita del pensiero scientifico – La Biblioteca Di Repubblica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma 2012, p. 95;
6) P.Rookes-J.Willson: La percezione – il Mulino, Bologna 2002, p. 7;
7) R.Steiner: L’impulso-Cristo e la coscienza dell’Io – Tilopa, Roma 1994, p. 8;
8) cfr. Intelletto d’amore, 20 giugno 2004;
9) M.Scaligero: La pietra e la folgore – Tilopa, Teramo-Roma 1985, p. 28;
10) R.Steiner: L’iniziazione – Antroposofica, Milano 1971, p. 127;
11) R.Steiner: Vita da morte a nuova nascita – Psiche, Torino 1997, p. 17;
12) R.Steiner: La saggezza dei Rosacroce – Antroposofica, Milano 1959, pp. 157-158;
13) S.O.Prokofieff: L’essere Antroposofia – Arcobaleno, Oriago di Mira (Venezia) 1996, p. 9;
14) G.Colazza: Dell’iniziazione – Tilopa, Roma 1992, pp. 91-92;
15) R.Steiner: Verso il Mistero del Golgota – Antroposofica, Milano 2012, p. 51.

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Di Lucio Russo
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