Massime antroposofiche
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M

Stasera affronteremo una nuova lettera, intitolata: “L’uomo nella sua entità macrocosmica” (8 marzo 1925).
Cominciamo subito a leggere.

Il cosmo si manifesta all’uomo dal lato della terra e dal lato del mondo extraterrestre, stellare.
L’uomo si sente affine con la terra e con le sue forze. La vita lo istruisce con grande evidenza su tale sua affinità.
Non così, nell’èra presente, egli si sente affine al mondo delle stelle che lo circonda. Ma ciò dura solo fino a tanto che l’uomo non è cosciente del suo corpo eterico. Afferrare il corpo eterico in immaginazioni significa sviluppare un sentimento di appartenenza col mondo stellare, come lo si ha con la terra per mezzo della coscienza del corpo fisico
” (p. 196).

Per quale ragione ci sentiamo affini alla Terra e non al mondo delle stelle? Per la semplice ragione che la nostra coscienza rappresentativa poggia sul corpo fisico, e non sul corpo eterico (come quella immaginativa).
“Solo ora comprendo – dice Faust – la parola del saggio: “Il mondo degli spiriti non ci è chiuso: chiusi sono i tuoi sensi, morto il tuo cuore””, e lo “Spirito della Terra” lo ammonisce: “Tu somigli allo spirito che comprendi, non a me!” (1).
Sentendoci affini alla Terra fisica, ma non a quella eterica, astrale e spirituale, ci sentiamo affini soltanto al suo cadavere.
Sapete invece che cosa mi disse un giorno Marcello Carosi? Mi disse che i fiori sono dei nasi che odorano il mondo extraterrestre restituendocene i profumi e le qualità, e che il profumo della lavanda è il profumo del Sole.
Dice Steiner: “Afferrare il corpo eterico in immaginazioni significa sviluppare un sentimento di appartenenza col mondo stellare”.
E’infatti il corpo eterico a veicolare (dinamicamente) le qualità del corpo astrale.

Le forze che inseriscono nel mondo il corpo eterico provengono dalla periferia dell’universo, come le forze del corpo fisico irraggiano dal centro della terra.
Ma con le forze eteriche affluenti sulla terra dalla periferia del cosmo affluiscono anche quegli impulsi cosmici che operano nel corpo astrale dell’uomo.
L’etere è simile ad un mare nel quale le forze astrali, nuotando da ogni lato dagli spazi cosmici, si avvicinano alla terra
” (p. 196).

Lo abbiamo appena detto: il corpo eterico fa da trait d’union tra le forze terrestri (che “irraggiano dal centro della terra”) e le qualità o gli “impulsi cosmici che operano nel corpo astrale dell’uomo”.

Nell’attuale epoca cosmica soltanto il regno minerale e quello vegetale possono entrare in un rapporto immediato con l’astrale che affluisce verso la terra sulle onde dell’etere. Non lo possono né il regno animale, né il regno umano” (p. 196).

Perché “soltanto il regno minerale e quello vegetale possono entrare in un rapporto immediato con l’astrale che affluisce verso la terra sulle onde dell’etere”? Perché tanto l’uno che l’altro non hanno, sulla Terra, un corpo astrale.
Sappiamo, infatti, che i minerali hanno il corpo fisico sulla Terra, e il corpo eterico, il corpo astrale e l’Io nel mondo spirituale, e che i vegetali hanno il corpo fisico e il corpo eterico sulla Terra, e il corpo astrale e l’Io nel mondo spirituale.
Gli animali e gli uomini sono diversi, giacché, sulla Terra, i primi hanno anche il corpo astrale, e i secondi, oltre al corpo astrale, l’Io.

La veggenza spirituale mostra che nel regno animale, durante il periodo embrionale, non vive l’astrale che fluisce presentemente sulla terra, ma quello che vi fluì nell’antica epoca lunare.
Nel regno vegetale si vede come vengano plasmate le molteplici mirabili forme, mentre l’astrale si stacca dall’etere ed allarga la sua azione su tutto il mondo delle piante
” (pp. 196-197).

Non basta sapere che gli animali, sulla Terra, hanno un corpo astrale, ma occorre pure sapere che l’astralità di cui sono portatori è quella dell’antica Luna.
Ricordate ? “Regno animale: cause soprafisiche passate determinano effetti attuali” (massima 43).
Questo spiega la stabilità o l’invarianza del comportamento animale: una stabilità e un’invarianza “tragiche”, poiché comportano l’assoluta impossibilità di emanciparsi dalla legge della specie.
Ascoltate quanto dice qui Steiner: “L’animale non percepisce il dolore e la sofferenza come l’uomo. L’animale a sangue caldo, per esempio, soffre con maggiore intensità, poiché non ha il sapere, pensare e volere dell’uomo, che rappresentano un forte antidoto per mantenere i dolori in un equilibrio sopportabile. Perciò le sue sofferenze sono molto maggiori; inoltre il dolore è da lui percepito non solo nel punto dove gli viene procurato, ma in tutto il corpo. L’incomprensione per questi dolori e le loro cause gli procurano poi una grande paura, che rende ancora più insopportabili tutte le percezioni (…) Deve essere sopportata la tragicità connessa col pensiero che il regno animale deve condividere le sofferenze di questa Terra con gli uomini senza aver peccato, senza essersi macchiato di alcuna colpa e senza poter diventare colpevole!” (2).
L’abbiamo detto: la specie è necessità, una necessità che ha origini molto lontane nel tempo.
Il problema non è però cronologico, ma qualitativo. Lo spirito, infatti, operava sulla Luna mediante il corpo astrale, mentre sulla Terra opera mediante l’Io.

Nel regno animale si vede come dallo spirituale sia stato conservato l’astrale che fu attivo anticamente – durante l’evoluzione lunare – e come, conservatosi tale, esso agisca rimanendo attualmente nel mondo dello spirito e non manifestandosi nel mondo eterico.
L’attività di questo elemento astrale viene trasmessa anche attraverso le forze lunari che permangono esse pure dallo stadio precedente della terra.
Nel regno animale abbiamo dunque il risultato di impulsi che nello stadio precedente della terra si manifestavano esteriormente come natura, mentre nell’epoca cosmica attuale si sono ritirati nel mondo dello spirito che compenetra attivamente la terra.
Ora, alla veggenza spirituale si palesa il fatto che nel mondo animale, per il permearsi del corpo fisico e di quello eterico con il corpo astrale, importano soltanto le forze astrali conservatesi da epoche anteriori nell’elemento terrestre presente
” (p. 197).

L’antica Luna, permeando di astralità il corpo fisico e il corpo eterico degli animali, è ancora attiva sulla Terra.
Pensate agli etologi. In tanto possono studiare il comportamento animale in quanto questo è appunto stabile e regolare. I cani o i gatti, ad esempio, non migreranno mai come le rondini o i salmoni, i ragni non costruiranno mai degli alveari come le api, e le api non costruiranno mai delle tele come i ragni.
Tali comportamenti manifestano saggezza (“Dimmi: perché giacendo / A bell’agio, ozioso, / S’appaga ogni animale; / Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?”) (3), ma una saggezza che appartiene alla specie, e non ai suoi singoli esemplari, e ch’è retaggio di una fase evolutiva in cui lo spirito si manifestava, come sull’antica-Luna, quale astralità.
Il comportamento animale è dunque segno di saggezza, ma anche segno di necessità, e non di libertà.

Ma una volta che l’animale possiede il suo corpo astrale, in quest’ultimo divengono attivi gli impulsi solari. Le forze solari non possono dare all’animale nulla di astrale; dopo che l’astrale è però entrato nell’animale, devono provvedere alla crescita, alla nutrizione, e così via” (p. 197).

Proprio perché “le forze solari non possono dare all’animale nulla di astrale”, ho definito poco fa “tragiche” la stabilità e l’invarianza del suo comportamento.
Anche noi, però, ove vivessimo soltanto sotto l’influenza di quello che gli astrologi chiamano il “tema natale”, saremmo come gli animali: con l’unica differenza che quella che, per loro, è la necessità della specie sarebbe, per noi, la necessità del karma.
(Ricordiamo che il karma sta al corpo astrale, come la memoria sta al corpo eterico e la coscienza ordinaria al corpo fisico.)
Per quale ragione possiamo invece andare al di là di questa necessità e sviluppare nuove qualità? Per quale ragione ci è ossia possibile, come ama dire James Hillman, “fare anima”? E’ presto detto: perché gli “impulsi solari” (dell’Io inabitato dal Logos) ci permettono di “creare”, al di là di quella conferitaci dal karma, altra e nuova astralità (altra e nuova anima che può mutare il nostro destino. Scrive Charles Dickens: “Le vie dell’uomo portano in sé la loro meta. Ma se l’uomo intraprende una strada diversa, anche la meta può mutare”).
Ascoltate, secondo Steiner, quel che può dirsi un uomo che abbia profondamente accolto in sé il Cristo: “Ciò che gli dei mi hanno destinato fin da prima della tentazione luciferica, ma che dovette rimanere indietro nel tutto cosmico, penetra nell’anima col Cristo. L’anima ridiventa completa soltanto accogliendo in sé il Cristo. Soltanto ora io sono completamente anima” (4).
E ascoltate ciò che dice Unger: “Così come esiste una diretta luce cosmica dei corpi celesti splendenti per se stessi, per esempio quella proveniente dal sole e dalle stelle fisse, e come esiste anche una luce cosmica riflessa, che parte dalla luna e dai pianeti, altrettanto esiste un astrale operante in modo diretto e presente e un astrale riflesso nel tempo che appare come proiettato dal passato nel presente (…) L’animale viene raggiunto dall’astrale dell’antica Luna, perché vi è legato mediante il passato del suo corpo astrale. Questa è la regione di Jahve alla quale appartiene anche l’uomo col suo corpo astrale, in quanto quest’ultimo non è trasformato dall’io che vi si aggiunge. A questa parte del corpo astrale umano si aggiunge poi, per il tramite della terra spirituale, l’attuale attività solare astrale. Questa è la regione degli altri Elohim, legati fin dal passato all’io, ed è la regione del Cristo, in quanto Egli si è unito con la terra spirituale” (5).

La cosa è diversa per il regno umano. Anche questo, a tutta prima, riceve il suo astrale dalle forze lunari conservate. Ma le forze solari contengono impulsi astrali che restano inattivi per il regno animale, e che tuttavia nell’astrale umano operano come avevano agito le forze lunari nel loro primo permeare l’uomo di astralità” (p. 197).

Le “forze lunari conservate” sono quelle, per dirla con Boncinelli, dello “psicozoo” ch’è in ciascuno di noi.
Le forze solari, invece, “contengono impulsi astrali” che sono attivi negli uomini, ma non negli animali.
Tali forze operano nell’astrale umano “come avevano agito le forze lunari nel loro primo permeare l’uomo di astralità”, giacché oggi, sulla Terra, agiscono creativamente le forze solari (dell’Io), così come ieri, sulla Luna, avevano agito creativamente le forze lunari (del corpo astrale).
Ascoltate: “La vita animica umana si divide in due parti da tenere del tutto separate: in una sperimenta nell’anima come è per l’animale. Vive quel che ha ricevuto come appartenente alla specie uomo, quale essenza del passato che va incontro alla morte quando lo spirito si ritrae dagli organi, quando gli organi iniziano a lignificarsi, a disseccarsi. Quel che invece è confronto personale con lo spirito non appartiene agli organi, è qualcosa che accoglie nel suo corpo eterico indipendentemente dagli organi, è dunque qualcosa che non si riferisce al passato ereditato, ma che è un diretto seme per la vita successiva” (6).

Nel corpo astrale dell’animale si vede il mondo lunare; in quello umano l’accordo armonico del mondo solare e del mondo lunare.
Su questo elemento solare nel corpo astrale umano poggia la possibilità che l’uomo accolga, per la graduale formazione della sua autocoscienza, la spiritualità che si irradia nella sfera terrestre. L’astrale fluisce dalla periferia dell’universo. Esso opera sia come astralità presente, sia come astralità che è fluita in epoche primordiali e che fu conservata. Ma tutto ciò che riguarda la formazione dell’io, quale portatore di autocoscienza, deve irraggiare da un centro stellare. L’elemento astrale agisce dalla periferia; ciò che è dell’io agisce da un centro. La terra, come stella, dà impulsi dal suo centro all’io umano. Ogni stella irradia dal proprio centro forze dalle quali viene conformato l’io di ogni entità.
Così si presenta la polarità fra centro stellare e periferia cosmica
” (pp. 197-198).

Magari vedessimo nel corpo astrale umano “l’accordo armonico del mondo solare e del mondo lunare”: ossia l’accordo armonico della libertà e della necessità.
Potremo vederlo solo quando ci decideremo, facendo appello all’Io, dapprima a contenere e in seguito a modificare l’ordinario strapotere del corpo lunare o delle brame.
Dice Steiner: “L’astrale fluisce dalla periferia dell’universo. Esso opera sia come astralità presente, sia come astralità che è fluita in epoche primordiali e che fu conservata”.
Pensiamo al “cerchio zodiacale”. Come si sa, è composto da dodici costellazioni, e quindi (insieme ai pianeti) da qualità (essenze o entità).
Il centro del cerchio rappresenta invece l’Io. Dal momento che il centro è l’essenza della circonferenza e la circonferenza è l’esistenza del centro, un Io che fosse davvero un Io (non un ego) potrebbe usufruire, disponendo di tutte le costellazioni, di tutte le qualità.
L’ego, invece, dispone solo di quella parte di costellazioni, e quindi di qualità, che gli ha assegnato il karma (il che lo rende appunto simile agli animali. “Le diverse specie animali – dice Steiner – hanno diverse capacità che possiamo considerare come dovute a una eterogeneità del corpo astrale”) (7).
Come vedete, la libertà dell’Io consiste nella possibilità di muoversi liberamente tra le diverse costellazioni, mentre la necessità dell’ego consiste nella limitazione di questo movimento.
L’Io dice infatti: “Io sono”, mentre l’ego dice, che so: “Io sono un Sagittario”, “un Gemelli”, “un Capricorno”, e così via. Il primo si dis-identifica dunque dal corpo astrale, mentre il secondo si identifica con una delle sue parti.
Mi sembra di aver detto, una sera, che Arimane ha inventato questo proverbio: “Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quello che lascia ma non sa quello che trova”. Ma ne ha inventato anche un altro, non meno sinistro: “Chi nasce tondo non muore quadro; chi nasce quadro non muore tondo”.
Ciò vale per l’animale, ma non per l’uomo. Chi nasce gatto non può infatti morire cane, mentre chi nasce Saulo può morire, come ben sappiamo, Paolo.
La “polarità fra centro stellare e periferia cosmica” è dunque la polarità fra l’Io e il mondo astrale.
Come non ricordare, allora (massima 28), l’invito rivoltoci da Steiner a capire “che un cerchio è un punto, che un punto è un cerchio”, immedesimandoci “alla sera nella coscienza: In me è Dio”, e “illuminando poi al mattino la giornata intera con la coscienza: Io sono in Dio”?
Anche in questo caso, notiamolo, non solo è vero (come sa l’intelletto) che un cerchio è un cerchio e che un punto è un punto, ma è anche vero (come sa l’immaginazione) che l’uno si trasforma nell’altro, e viceversa.

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Di Lucio Russo
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